lunedì 30 settembre 2013

20 euro al giorno - Tante storie di fantascienza



(cominciato a scrivere per il concorso di Alex Girola "distopie impure" e poi trasformato in semplice esercizio di scrittura)

Svegliarsi attaccati al soffitto. Essere in ritardo per il lavoro.
Accadeva di nuovo perché…
«…perché una stronza s’è dimenticata di pagare!» urlò Salvatore.
A sinistra, la lampada, il comodino e il portatile galleggiavano poco più in alto del letto e delle coperte.
Più in là c’era la porta che dava sul corridoio. All’architrave era attaccata una mano.
«Florinda! Minchia!» urlò Salvatore.
Le nocche della mano di Florinda puntavano verso terra, le unghie verso il soffitto. Poi apparve la testa: un ovale coperto da una massa di capelli dorati fluttuanti, come alghe, verso l’alto.
«Scusa Salvo! Che ti devo dire?» la voce rotta dalla frustrazione, Florinda oltrepassò l’architrave ed entrò in camera da letto.
«E che mi devi dire! Venti euro ce li hai?»
«Ma se ci ho fatto la spesa!» protestò la donna.
«Senti qua! E dobbiamo andare a prelevare?» fece Salvatore.
«Eh!» disse Florinda.
«Puttana di Eva!» Salvatore grugnì e camminò sul soffitto, scavalcò l’architrave senza neanche degnare la moglie di uno sguardo.
«E dove vai?»
«E dove vado! A cercare le chiavi della macchina!»
«Ma che cerchi? Il “cazzillo” è collegato pure su quella, Salvo! Se hanno staccato la gravità in casa, pure la macchina è senza!»
«Minchia!» urlò Salvatore, «Minchia!» ripeté.
Gattonò sino alla finestra e guardò fuori.

mercoledì 18 settembre 2013

Alla fine Marin muore... ma no dai!



Raga ma ve lo ricordate il mio articolo sulla fanfiction?
Eccolo!

Ragazzi c'è anche il podcast con la puntata sulla fanfiction  - ospite Queenseptienna ovvero Daniela Barisone.
Il podcast è qui!

Va beh, ma cosa vi volevo dire?

sabato 14 settembre 2013

Una grossa pepita d'oro - Tante storie di fantascienza


«Si dice che il vecchio Francis lassù abbia trovato qualcosa.» tutti pensarono all’oro e Greedy Mule s’affrettò a rispondere:
«Nah… lui cerca il filone principale, quel pazzo, ma non è di quello che parla la gente.»
«E di cosa?» Talverston schiacciò una pulce che aveva preso dalla barba.
«Sia dannato se lo so.» Greedy batté il bicchiere vuoto sul tavolo e alzò due dita, senza nemmeno guardare il barista.
«Non posso più farti credito Johnson.» disse il barista, versandogli però un bicchierino.
«Tutte le volte la stessa storia!»
«Però ci guadagni sempre un bicchiere, Tector!» ridacchiò Talverston.
Tector Johnson, alias Greedy Mule, alzò il “calice”: «Alla salute!» disse.
E guardò ciascuno dei presenti con un’occhiata carica di male.

giovedì 12 settembre 2013

La tomba fra i monti Himeliani - un racconto su Conan il Cimmero



«Prendetelo!»
Yezda indicò Conan e lasciò che i suoi guerrieri si gettassero nella tomba. Il cimmero aveva solo un pugnale, e l’agilità e i muscoli di un leone. Scagliò l’arma contro il primo, facendogli scoppiare la carotide quindi balzò sul sarcofago che stava al centro della sala.
Un dardo gli strisciò il fianco e una katana gli mancò d’un soffio il piede. Conan sferrò un calcio allo sgherro di Yezda e gli si gettò addosso con tutto il suo peso. La schiena dell’uomo s’inarcò e gli occhi si rovesciarono mentre il cimmero lo atterrava. Usò quell’uomo per parare un colpo di katana, quindi gli prese la katana.
«Su! bastardi!» disse, digrignando i denti. Uno di quelli accolse l’invito e lo caricò con la katana.

domenica 8 settembre 2013

Joan vuole vedere il mare - esercizio di scrittura



«Oh, Simon, l’altra sera non t’ho visto!»
«Beh, non posso sempre essere dove vuoi e poi cosa direbbe la gente?»
Joan scrollò la testa e si strinse le mani in grembo: perché Simon le parlava così? Non l’aveva capito dunque che l’amava? Perché era così insensibile?
«Ti aspettano per colazione, Joan.» disse Simon, afferrando l’ombrello.
«Per favore… non fare così! Non capisci che ti amo?» sbottò Joan.
«Stai scherzando? Come riesci a parlarmi? Da quando ci vediamo? Sono due mesi, no? Vivere nella stessa pensione non ti da il diritto di parlarmi in questo modo.» disse Simon.
«Io… va bene, debbo prepararmi alla colazione.» mormorò Joan, afflitta. Guardò Simon aprire la porta e infilarsi il cappello. Poi l’uomo uscì sotto la pioggia.

giovedì 5 settembre 2013

Ahzidal - un racconto su Skyrim

... precedente: Ysgramor



«Ciò che Vyrl chiama “magia” è un banale movimento di molecole! Ora guarda, uomo!» l’alto Cuolec svoltò l’angolo e alzò il braccio.
Il ragazzo gli arrivava giusto agli occhi, neri e intensi, ma aveva una struttura fisica più forte e più larga e capelli d’una sfumatura ottone, lunghi e mossi come alghe sott’acqua.
Sia lui che Vyrl scrutarono la palla metallica che sorgeva al centro dell’aedromo.
«Non avevo mai visto nulla di simile!» mormorò Vyrl, grattandosi la tempia, «Potrebbe contenere la casa del Principe delle Nevi!»
«Lasciando ancora spazio vuoto.» aggiunse il biondo.
Cuolec chiuse gli occhi a fessura e si lasciò andare a una risatina. Come i mer, aveva orecchie appuntite, ma più lunghe e sporgenti e il suo viso era ornato da una lunga barba d’un nero bluastro piena di ricci.
«In verità anche questo oculario non rappresenta che la minima parte della nostra scienza.» dichiarò, abbassando il braccio.
«Ma a cosa serve?» chiese il ragazzo.
«Temo ora che il dwemer si lanci in una spiegazione incomprensibile, serpentello.» s’intromise Vyrl.
«No, nessuna spiegazione incomprensibile… per gente civilizzata… ma, perché quel nome?» domandò, curioso, il dwemer.
Vyrl sorrise, mentre il ragazzo divenne rosso.
«Oh, la sua gente adora i draghi… e lui pure.» disse il mer delle nevi.
«Mai sentito di nessuno tanto stupido da adorare quelle bestiacce,» fece Cuolec, sfiorandosi la barba, «però sono potenti e furbe, questo sì! Tra me e una di loro ci sarebbe sempre competizione, mai un rapporto di sudditanza… di sicuro!»
«Fra te e una di quelle bestie ci saresti tu bruciato vivo.» intervenne Vyrl.
Il dwemer, punto sull’orgoglio, si girò a guardarlo: aveva da tempo in serbo una domanda e decise che sì, era venuto il momento di usarla contro la stupidità di Vyrl.
Disse: «Come ha preso il ragazzo la storia di Saarthal?»
Il mer chiuse la bocca e spostò lo sguardo sul suo giovane umano.

domenica 1 settembre 2013

Ysgramor - un racconto su Skyrim



Ysgramor incrociò le braccia e alzò la testa.
C’era qualcosa di magnifico nella sfera. La sua perfezione, prima di tutto: mai nessun artigiano sarebbe riuscito a riprodurla.
Era un globo, una specie di occhio gigantesco sospeso in aria e pulsante di luce.
Lo sguardo dell’uomo si posò sulla superficie liscia, color del mare, dove apparivano e svanivano disegni di suoni, “segni”, come erano conosciuti fra i mer.
Pure l’oggetto aveva dei rinforzi scuri, simili a strisce di metallo, che seguivano percorsi regolari e bizzarri al tempo stesso.
«Un uomo ci potrebbe entrare benissimo.» commentò Ylgar.
«Guarda quei segni!» fece Yngol.
«Questo è un grande potere…» disse il loro padre, stringendo gli occhi, «un potere che non comprendiamo.»
«Dici che è sventura?» domandò Yngol, girandosi verso Ysgramor.
«È al di là della sventura, figlio.»
«Io non smetterei di costruire la città solo per questa sfera azzurrognola.» commentò Ylgar.
«Non si potrebbe nemmeno a volerlo.» fece Ysgramor, «la nostra gente ha smontato le navi per costruire case: da qui a Capo Hsaarik è tutto portare legna, martellare, erigere muri. No! Si rivolterebbero se gli dicessimo di lasciare Saarthal.»
«Rivoltarsi contro di noi? E da quando siamo i loro capi?» domandò Ylgar.
«Non lo siamo, nessuno l’ha detto, eppure si fidano e rispettano ogni nostra parola, ogni nostro giudizio.»
«Credo tu abbia ragione, padre.» disse Yngol.
«Certo che ho ragione! Ma tuo fratello qui, non lo ammetterà mai.» Ysgramor scoppiò a ridere, fissando il minore dei suoi figli, Ylgar, in tralice.
Poi riprese:
«Questa sfera mi ha dato un’idea.»