Scritto il
13-Giugno-2011
Di M. Nicolini
Basato sulle memorie di F. Nicolini
1.
La guerra per Fausto era arrivata con un aereo francese e le sue bombe. Un caccia si era alzato a intercettarlo, dal porto di Genova, e i due piloti avevano ingaggiato un violentissimo combattimento fatto di evoluzioni e scariche di mitraglia a cui facevano da contrappunto le batterie del porto.
Fausto si vide passare sopra la testa uno dei due aerei. Sotto le ali c’era il tricolore francese. La batteria costiera sparò una salva, che esplose nel cielo.
«Tale’ sergente! (guarda sergente)» urlò Iaco, il conduttore di muli, indicando la battaglia. «Ora ’u pigghia! Ora ’u pigghia!» aggiunse, eccitato, mentre la contraerea faceva esplodere un’altra salva.
Fausto seguì con gli occhi le evoluzioni del francese: lo vide fare un giro della morte, evitando una salva, per mettersi in coda all’apparecchio italiano.
Sulla riviera, alcuni liguri applaudirono e Iaco agitò un pugno, gridando: «Scimuniti!»
L’italiano virò a coltello, cercando di disimpegnarsi, mentre il francese evitava di nuovo la batteria costiera.
Nuvolette di fumo sospese nel cielo e odore di mare.
Finalmente l’italiano riuscì a mettersi in coda al nemico. «’U pigghia!» disse Iaco, saltellando sui piedi scalzi. «’U pigghia!»
L’italiano era in posizione e il francese, spacciato. Poi la batteria costiera sparò.
«Minchia!» disse Fausto.
«Minchia santissima!» urlò Iaco. Nell’eccitazione si era dimenticato i gradi e aveva stretto forte, forte il braccio del sergente.
Il caccia italiano stava precipitando, abbattuto dalla contraerea.
Questo fu il primo sapore di guerra per Fausto: era amaro e aveva il puzzo della carne bruciata. Si vedeva il pilota con le braccia abbandonate all’aria, sporgere dalla carlinga del velivolo che bruciava semidistrutto. Poi tutto finì in mare, dove affondò lentamente.