Le Vele, Scampia,
Napoli.
Carmine immerse il braccio nel catino d’acqua.
Gliel’aveva preparato zia Maria, la maga. La zia lo guardava dietro gli
occhiali scuri; aveva una coda di cavallo nera come il buio e un crocifisso
d’oro al collo.
L’acqua era torbida. Carmine non sapeva cosa ci avesse
messo la zia. Non lo doveva sapere o c’era il rischio che la magia non
funzionasse.
Maria gli mise una mano sulla fronte e ce la tenne. La mano
era ruvida, piena di calli.
Dal ballatoio si srotolarono le spire d’una canzone
neomelodica.
Ci fu una raffica di fucile automatico.
«I uaglioni
giocano!» commentò Maria. Aveva una voce profonda come il suono del vento.
Carmine scosse la testa. I uaglioni giocano,
pensò. Come facevo io.
Era stato quanto tempo fa? Il giorno appresso.
Sembra una vita,
pensò.