sabato 21 dicembre 2013

Il Natale nelle Lande di Ghiaccio

Gorbash e l'so amis tazzano direttamente dalle botti...


Questo post non ha valore letterario (ma perché, gli altri sì?) ma viene dritto dai miei ricordi.

Quando ero bimbo, di solito passavamo il Natale e il Capodanno nel paesino di Barzio, in Valsassina. Lì mio zio affittava tutti gli anni una casa in una piccola palazzina che io ricordo a ridosso della montagna (non chiedetemi quale montagna sia, però, che io di montagna e cose da montagna non ci capisco un emerito cazzo).

Ricordo che questo appartamento aveva un balcone molto grande che addirittura correva su due lati del palazzo. Ed era tutto nostro.
Di solito mio zio ci metteva su le lucine, poi faceva l'albero e addobbava tutta la casa. Lui è sempre stato uno meticoloso per questi dettagli.
Il risultato era un Natale a misura di bambino, preciso e senza errore. Una festa!

Spesso venivano i nonni (i genitori di mio padre e mio zio) da Palermo e s'andava a mangiare tutti al ristorante Esposito lì di Barzio.

l'Esposito! A mia nonna piacevano tanto quei fiori lì!
Poi s'andava sulla neve con lo slittino. Tra parentesi, mio zio continua a ripetermi che una volta con lo slittino ho falciato un prete dell'oratorio del paesino.

lunedì 9 dicembre 2013

U.S. Marshal - un altro tipo di fantasy - 4 - epilogo



Tre scheletri vestiti da frati.
Gli si avvicinarono, protendendo gli artigli. Poi, Burt scorse i loro denti: gocciolavano di veleno nero. Huecuva!, pensò.
Sparò al primo col fucile. La pallottola si conficcò ai piedi dello scheletro e gli innalzò attorno una gabbia di pietra. Il secondo huecuva colpì il Remington con l’artiglio, graffiò l’acciaio brunito della canna.
Il fucile era scarico e per mettere dentro altre due pallottole, ci sarebbe voluto del tempo, tempo che Burt non aveva. Così, fece scivolare il Remington nella tasca e afferrò la croce.
Un huecuva allungò gli artigli. Burt sentì una vibrazione al braccio sinistro. Urlò e fece un passo indietro. Istintivamente, sparò con la Colt. La pallottola, d’acciaio, rimbalzò innocua contro il cranio dello scheletrico frate.
Per quelli ci voleva argento puro.
Burt guardò il braccio, aspettando di vederselo già nero. L’artiglio aveva stracciato il cappotto, ma non aveva toccato la pelle.
Gli huecuva erano fra i pochi morti a essere originari della Terra e non del Mondo Fantastico. Risalivano ai tempi dei conquistador, perciò conoscevano la Croce e il suo potere. La vista del simbolo, costrinse il frate a proteggersi gli occhi morti e a indietreggiare. Il veleno nero gocciolò dalle zanne sul mento d’osso.
Burt vide uno dei sicari di Conroy alzare il fucile e si gettò a terra. La scarica a mitraglia spappolò il cranio dell’huecuva, lasciandolo una figura grottesca, senza testa. Un attimo dopo, la negromanzia che teneva assieme quello scheletro venne meno e lo huecuva finì a terra, in frantumi.
Così, gli uomini di Conroy avevano anche pallottole d’argento. Comprensibile: forse lo sciamano della CIA non si fidava appieno di quelli del Sinodo e, conoscendone il potere di rianimare i morti, s’era premunito.
E gli aveva fatto un favore.
Burt scaricò la Colt sull’uomo col fucile. Il primo colpo gli aprì un fiore di sangue sulla spalla. L’uomo finì a terra urlando.
A Conroy rimaneva un solo sicario. Otho, invece era ancora invisibile e aveva quattro negromanti. Più un huecuva… e un drago d’ossa.
Proprio il drago scattò. Le fauci si avvicinarono a Burt con la velocità di un treno.
E dalla Crown Victoria distrutta, scaturì un fulmine ramificato.
«Ted!» urlò Burt. Allora non era morto… non definitivamente almeno.
Il fulmine distrusse il muso del drago lasciandolo come un’orrida gallina senza becco.
Poi, lo huecuva fece scattare le zanne. D’istinto, Burt gli cacciò in bocca la pistola e ritirò la mano. Poi gli mise la croce sulla fronte. L’argento sfrigolò contro le ossa maledette e dalla bocca del morto uscì un urlo stridulo, mentre esso si contorceva e agitava le braccia.
Burt ritirò la croce e mise la mano in tasca. Le dita si chiusero attorno al bastone magico. Mentre Ted lanciava un altro fulmine, Burt corse verso il cadavere del mago del Sinodo e gli puntò il bastone addosso. Proprio mentre stava per rilasciare la magia, sentì uno strappo e finì a terra. Dalla pancia gli sporgeva l’estremità di una punta di ghiaccio. Qualcuno gli aveva scagliato contro un proiettile incantato!
Burt guardò…

venerdì 6 dicembre 2013

U.S. Marshal - un altro tipo di fantasy - 3



«Ossa uguale morti, caro Ted!»
La Crown Victoria filava a ottanta miglia orarie, sollevando una scia di polvere. I morti si potevano allontanare o anche distruggere: bastavano i lampeggianti modificati sul tettuccio. Il problema era la quantità. Se Capo Destino aveva ospitato un campo di battaglia… beh… i negromanti del Sinodo sarebbero riusciti forse a evocare un bel po’ di scheletri. Ma Burt non avrebbe mollato comunque, non ora che Conroy e Otho stavano lì, a portata di mano.
Eccoli! S’erano accorti di lui. I cinque di Otho indietreggiarono, allontanandosi dall’aereo. Conroy impugnò la pistola.
Ted scelse, dall’arsenale sul cruscotto, una Desert Eagle calibro .44 Magnum le cui pallottole arrivavano a due miglia di gittata.
Ted aveva imparato a sparare da vivo, dopo il Merging. Da morto, il suo cervello ricordava ancora quei movimenti come un buon programma di computer.
Erano a più di metà strada quando dalla terra cominciarono a sorgere i morti. Scheletri antichi, vestiti da frati.
Poi, Burt vide enormi ossa simili a travi, due ali di pipistrello, un enorme collo serpentino.
«Hanno un drago…»
Il marshal alzò la leva dei lampeggianti e una fortissima luce sacra si irradiò dal tettuccio della macchina. I primi scheletri vennero annichiliti. Le ossa si sbriciolarono.
Un fulmine globulare annerì il cofano della Crown Victoria, prima che Burt riuscisse a far partire lo scudo frontale anti-magia. La forza del fulmine si scaricò al suolo.
Ted si sporse e la Desert Eagle tuonò. Un elementale dell’aria spinse la pallottola fuori dalla canna e dentro l’occhio di un mago del Sinodo.
Lo scudo di Burt tremolò all’impatto con una palla di fuoco. La macchina sbandò a sinistra. Burt lottò per mantenere il controllo; mosse lo sterzo a destra, lasciò l’acceleratore. Ted sparò due colpi. Uno fu deflesso dallo scudo di un mago. L’altro uccise un uomo di Conroy.
I fucili mitragliatori spararono, incontrando la resistenza di uno scudo creato da Ted. Uno scheletro fu indebolito a tal punto dalle luci sacre, da esser distrutto dal paraurti dell’auto; un altro si attaccò allo sportello di Burt e appoggiò una mano al finestrino. Burt si girò e aprì la bocca per gridare.
Poi, lo scheletro fece esplodere il vetro con una palla di fuoco. Burt ebbe salva la vita grazie alla prontezza di Ted. L’elfo morto, con la sinistra, aveva creato uno scudo fra lo sportello e il marshal.
Burt era vivo, ma aveva perso il controllo della macchina. La Crown Victoria sbandò e si ribaltò. Il mondo fuori dall’abitacolo fece un mezzo giro a destra.
Poi ci fu lo schianto.

giovedì 5 dicembre 2013

U.S. Marshal - un altro tipo di fantasy - 2



I navajo chiamavano quel posto “capo destino” nella loro lingua. Dicevano che, anticamente, lì c’era un grande mare e che questo mare era stato prosciugato da un potente sciamano.
«Probabilmente Otho l’ha scelto apposta.» mormorò.
L’ottica della Longbow gli mostrò tre uomini di Conroy armati di fucili mitragliatori. Scaricavano borse di tela nere ai piedi dei maghi del Sinodo. Conroy aveva le mani contro i fianchi e sorrideva. Gli occhi erano coperti da un paio di lenti a specchio. Alla cintura aveva una pistola… e un lungo pugnale dalla lama ricurva e dal manico in osso.
Poi, d’un tratto, capì che qualcosa non quadrava.
C’entrano le ombre…, pensò.
Gli uomini del Sinodo erano cinque, ossia, cinque ombre. Gli uomini di Conroy erano tre, più l’agente della CIA, quattro. Quattro ombre.
«Ce ne sono dieci!» mormorò. Davanti a quella di Conroy ce n’era una che agitava le braccia.
Quel bastardo è invisibile!, pensò. Otho c’era, eccome! Solo che s’era reso invisibile con un incantesimo. Conroy sembrava vederlo benissimo. Forse quegli occhiali…
Dovevano avere una magia rivela-invisibile o qualcosa del genere.
Se fosse riuscito a beccarli entrambi… Burt tirò su col naso, poi fece scivolare la Longbow nella tasca.
Strisciò, arretrando, i sassi d’origine vulcanica che gli scricchiolavano sotto le punte degli stivali. Ted, come sempre, lo seguì.
Scese giù dal canyon, saltando di roccia in roccia. La Crown Victoria era lì: un grosso insetto nero, corazzato, sporco di terra.

Quanti scroll di mouse leggi su internet? - artichelo


Questo è un artiCHElo. Oggi ho voglia di chiamarlo così.
Articolo è 'na parola vecchia, anzi, ve''hia, come direbbero aPPisa.

Quella che vedete sopra è una pergamena, in inglese, scroll. C'è un'altra parola inglese che la definisce, ed è parchment, ma il parchment - che da noi si traduce comunque con "pergamena" - in inglese indica solo il materiale di cui è fatta la scroll.

Preciso. Scroll si traduce con "arrotolare" e indica, più che la pergamena fisica, il rotolo. Questo rotolo può essere di pergamena, di papiro, diquelcavolocheè (un materiale della Madonna).
Fra gli antichi romani era conosciuto come volumen. Tutti i libri erano scroll di pergamena o papiro: erano volumii (due i?)

Poi, il bisogno di diffusione religiosa che aveva in seno la Chiesa Cristiana (dapprima quella Cattolica e poi le altre) ha spinto per la creazione di un metodo di consultazione delle parchment più rapido, più facile, ergonomico, immediato.
Da qui, la creazione del codex, ossia il libro come lo conosciamo oggi.

Sto divaganji.

Perché?

mercoledì 4 dicembre 2013

U.S. Marshal - un altro tipo di fantasy - 1




L’aereo scodinzolò sulla pista, a cinque miglia dal binocolo militare di Burt Grayson.
«Eccolo!»
Burt era sulla sommità di un canyon. La terra rossa gli sporcava il cappotto. L’uomo aveva tolto la stella di latta degli U.S. Marshal e se l’era messa in tasca. La sua auto, una grossa Crown Victoria modificata, aspettava sul fondo del canyon.
Accanto a lui, Ted l’elfo osservava, silenzioso, il volo di un falco. Burt ne studiò il profilo dal naso e dal mento che quasi si toccavano, come una mezzaluna. Le orecchie avevano i padiglioni appuntiti e gli occhi un taglio obliquo. Ted puzzava di morto perché era morto. Burt aveva dovuto ucciderlo.
Era una vecchia storia.
Il marshal abbassò il binocolo e prese il bastone che aveva posato a terra. Era quello a tenere in vita Ted e a resuscitarlo ogniqualvolta veniva ucciso.
Burt si passò il dorso della mano sulla barba ispida, poi cacciò due dita nella tasca del cappotto. Adagio, fece uscire la carabina T-76 Longbow da cecchino. La teneva in una vera e propria tasca dimensionale, cucita sul cappotto. Quando riponeva lì la Longbow, questa semplicemente scivolava in un’altra dimensione ancorata alla tasca. Dentro, vi teneva i caricatori di scorta per la pistola, una croce d’argento e un coltello Bowie dalla lama affilata.

martedì 3 dicembre 2013

Figlioli! Ma il blog di Daniele Imperi lo leggete o no? - recensione sul racconto Cacciatori di Nuvole



bellissima ed evocativa immagine del russo Sergey Tyukanov :)


L’ultimo racconto di Daniele Imperi me lo rileggerei con Limahl come colonna sonora… il Limahl de La Storia Infinita. E, direte voi, quante altre canzoni ha fatto, scusa?
Ah boh!
Perché, leggendo i Cacciatori di Nuvole, mi sento trasportato indietro nel tempo, quando tutto era più facile, quando eravamo più felici, nei bellissimi anni ’80 di Flash Gordon, Bastian e Guerre Stellari.
Dimenticavo E.T.
Ma perché?
Perché Imperi comincia con un uomo che parla a un bambino. Anzi, con un bambino che parla a un uomo. Il bambino rappresenta quella connessione con la fantasia che ognuno di noi – e non lo dico per fare una frase fatta – non deve assolutamente perdere. Vogliamo forse diventare parte di questi impiegati grigi e tutti uguali, questi pendolari che non s’arrabbiano neanche più quando il treno ha cinquanta minuti di ritardo? Vogliamo forse piangere o essere felici se Tohir fa vincere l’Inter o meno?
O vogliamo emozionarci con i fortunadraghi e con le vicende del piccolo robot chiamato D.A.R.Y.L.?
Voi fate vobis, io scelgo la seconda.
Basta leggere bollette e estratti conto: vado e mi leggo un racconto di Daniele Imperi.