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Era lungo appena un metro e il coccodrillo se lo girò
nell’acqua facilmente e gli strappò la testa. Lo squalo decapitato cercò di
fuggire e il coccodrillo se lo ingoiò intero. Distrusse così un bestione pigro
di due metri e un altro squalo nutrice di appena novanta centimetri. Poi si
lasciò scivolare in acque più alte. Navigò assieme ai pesci pappagallo e ai
pesci pilota. Spostò uno sparuto branco di squali pinna nera e si spinse nel
territorio dei rissosissimi grigi. Il coccodrillo si lasciò dietro parecchi
chili di merda accumulati negli intestini. Nuotò leggero, orinando nell’acqua e
spingendosi sull’orlo della barriera. Gli squali grigi cominciarono la loro
danza aggressiva. Le pinne pettorali del più grosso erano completamente
all’ingiù e la gobba da gatto era pronunciatissima. Destra, sinistra, sinistra,
destra… il coccodrillo li lasciò fare. Nuotava semisommerso, con la bocca
aperta e la speciale valvola chiusa a impedire che gli entrasse acqua in gola.
Il grigio attaccò nello stesso momento in cui il coccodrillo si ficcava sotto. Il
muso dello squalo stridette sui fianchi scagliosi del bestione. Il coccodrillo
si girò e staccò mezzo fianco al grigio.
Una nube di sangue si sfilacciò
nell’acqua. Il coccodrillo spezzò lo squalo in due. La coda fu addentata dai
compagni grigi. La testa finì dritta dentro il coccodrillo. Il sangue attirò
parecchi squali, compreso il pinna nera col suo pesce pilota. La grande
lucertola li lasciò fare e passò oltre.
L’olfatto finissimo e trent’anni di conoscenza di quelle
acque lo condussero al territorio di caccia di certi pesci.
Placida e inesorabile, la lucertola passò di fianco alla
nuova tana della femmina di squalo toro. Essa uscì per attaccarlo. Bastò un
movimento del bestione per ricacciarla indietro.
Più in là, lontano dalla barriera, coi suoi dodici metri e
la sua livrea punteggiata di stelle sul dorso, uno squalo balena aspirava
vortici d’acqua. Ne aveva risucchiato un milione di litri quel giorno, spingendosi
con la testa in superficie e muovendola a destra e a sinistra, convogliando
l’acqua verso le branchie e singhiozzando per spingerla nei filtri e
nell’esofago. S’era mangiato milioni di diatomee, di protozoi, di alghe
unicellulari, di micro-gamberetti, di larve. E ora si faceva cullare dagli
ultimi raggi del tramonto, pronto a lasciarsi preda delle correnti che venivano
dall’altipiano sottomarino.
Un paio di bestioni di due metri dal dorso brunastro, con
numerose macchie e strie trasversali, incrociavano dalle parti del coccodrillo.
Erano giovani squali tigre ed erano a caccia. Avevano ingoiato e maciullato
parecchi pesci, ma erano lungi dal sentirsi sazi. Le strie sul loro corpo erano
meno visibili nella femmina di cinque metri che li seguiva dappresso. Gli
squali s’inabissarono, per lasciarle campo libero. La femmina s’infilò in un
branco di pesci, disperdendoli e attaccandone qualcuno. Le sue ampolle
captarono qualcosa. Doveva essere grande e avanzava fluida nello spettro
d’acqua alla sua sinistra. La femmina si girò e cominciò una manovra
d’avvicinamento. S’inabissò e puntò da sotto, distinguendo, contro i raggi
dell’ultimo sole, una vasta sagoma nera. Gli squali tigre non erano originari
di quelle acque, perciò né i giovani, né lei conoscevano il coccodrillo. Erano
arrivati da poco e cercavano di inserirsi in quella catena di caccia e beccata
dell’ecosistema dell’altipiano. Si avventuravano, ogni tanto, nel territorio
dei grigi e avevano spopolato quasi completamente il proprio.
Questo portò la femmina al coccodrillo. Era una
bestione di cinquecento chili e filava via come un siluro. Affrontò
un’incredibile ascensione per arrivare sotto il coccodrillo. Il rettile se
n’era accorto e l’aspettava. Si era tenuto apposta in una zona d’acqua mista,
per evitare che gli squali usassero il combattimento a tre dimensioni che li
rendeva superiori in profondità. Facendosi scivolare su un fianco, il
coccodrillo aprì e chiuse le mandibole.continua...
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