The Blue Marlin Leaping To Eat - Terry Fox |
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Schizzò acqua e mancò il pesce. La grossa femmina s’inabissò
e fece un paio di giri. Il morso di prova era andato a vuoto e non le aveva
fatto capire che cavolo di bestia fosse quella. Lo squalo si sentiva nervoso e
i suoi canali di muco vibravano in continuazione sotto la pelle grigia. Con la
manovrabilità di un caccia, virò e tornò a puntare il muso in alto. L’acqua le
sdrucciolò lungo i fianchi mentre prendeva velocità. Gli occhi si chiusero
dietro una membrana protettiva, mentre la bocca si apriva per il morso. Poi,
essa sentì sui denti una pelle scagliosa, che cercò di sbriciolare, e un morso
tremendo le strappò le branchie. Si sentì disorientata e cercò di spostarsi.
Qualcosa la tratteneva. Il coccodrillo le strappò la pinna pettorale sinistra o
e la sventrò. Utero e intestini uscirono assieme a una nuvola di merda e
sangue. La lucertola si fece colare in bocca un grosso pezzo di squalo, poi
ficcò la testa per controllare la situazione. Vide il corpo inabissarsi,
lasciandosi dietro una scia rossa, come fosse un aereo colpito.
Poco sotto, gli
squali tigre più giovani si avventarono e finirono il pasto. Il coccodrillo li
lasciò fare. Aveva ancora appetito, sì, forse un poco.
Più al largo, un branco di pesci vela stava spingendo gli
sgombri in acque profonde. I pesci vela sembravano dei pastori col gregge. Bisognava
infilare gli sgombri in un canale di pesci vela e tenerli così, assottigliando
lo spazio e facendoli stancare. I pesci vela sembravano dei grossi marlin e
avevano musi terminanti in spade lunghe e potenti. I loro fianchi erano lucidi,
d’un grigio blu e la pinna dorsale era lunga e frastagliata come la vela di una
giunca cinese. Si trovavano molto più in là rispetto all’altopiano e lontani
dalla costa. Al largo, un branco di pesci volanti cominciò a saltare fuori
dall’acqua. Schizzavano con potenti colpi, sfiorando il deserto di liquido
argenteo per alcuni metri e ricadendo giù con piccoli spruzzi. Sapevano dei
pesci vela e se ne tenevano alla larga. Il branco dei pesci vela aveva
compattato quello degli sgombri: adesso le spade ossee stordivano gli sgombri e
le bocche triangolari, appuntite, li serravano in una presa da cui
difficilmente sarebbero riusciti a liberarsi. I pesci volanti continuavano a
saltare, con le pinne pettorali allargate, come le ali di una libellula, mentre
un branco di lampughe, che s’era spostato dalla barriera fino a lì, aspettava
al varco.
Con un corpo massiccio, fusiforme e una pinna caudale
ampia e falcata, un tonno di tre metri muoveva i suoi cinquecento chili verso i
pesci volanti. Le lampughe, pur con i loro due metri, si sarebbero fatte da parte.
Il tonno faceva parte di un piccolo gruppo di individui che vagabondava
attraverso l’oceano per scopi riproduttivi. Più al largo, aveva inghiottito
parecchie sardine e sorsate di plancton. Sapeva perfettamente dove si trovava:
la piccola quantità di magnetite nel suo cervello interagiva con le vibrazioni
dei poli terrestri, dandogli una mappa accurata di quella parte d’oceano. Durante
la notte, invece, riusciva a orientarsi con le stelle. Era un vero e proprio
bestione e seminava il panico tra le opportuniste lampughe. Coi suoi fianchi
grigio acciaio scivolò accanto ai pesci volanti. Uno lo prese all’atterraggio, un
altro, saltando fuori dall’acqua e beccandolo nella parabola discendente.fine
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