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Il
dottor Adrocchi accese la telecamera digitale e si mise davanti all’obiettivo.
Era un uomo di trent’anni, molto bello, con la barba di una settimana, i
capelli neri e indossava un camice bianco sopra i jeans e la t-shirt.
«Ho
costruito la macchina del tempo.» disse, con un sorriso. Ci pensò su e andò a
far ripartire la registrazione.
Si
rimise davanti alla telecamera.
«Sono
il dottor Paolo Adrocchi, ex-docente del CALTECH, ex-tecnico della NASA,
ex-tecnico del CERN ed ex-marito.» Rise e fece ripartire la registrazione.
«Sono
il dottor Paolo Adrocchi e questa, che vedete alle mie spalle, è la macchina
del tempo.» Indicò una specie di frigorifero smaltato di rosso, pieno di tubi,
cavi, ventole.
«Vi
darò una dimostrazione del suo funzionamento» disse, mentre digitava un comando
sulla tastiera di un computer. Il frigo si accese, con un forte ronzio, e le
luci della casa tremolarono. Lui digitò qualcos’altro e premette invio.
Dalle
finestre della villetta, si videro le luci della città spegnersi di colpo,
mentre il frigo aumentò il ronzio.
«Ha
bisogno di molta energia per funzionare» disse l’uomo. Aprì il frigo, che sputò
fuori una sorta di nebbia da cui si distinguevano delle luci.
«Andrò
un minuto nel passato e saluterò il me stesso che sta registrando questo video»
spiegò.
«La
macchina non si muove nello spazio, ma solo nel tempo» aggiunse.
Salutando
verso l’obiettivo, entrò nella “macchina” e si chiuse il portello dietro di sé.
All’interno,
c’erano una tastiera e un monitor, collegati da trilioni di cavetti. Le pareti
erano piene di macchinari, condensatori, ventole, tubi, luci.
Adrocchi
digitò un comando e il portello si bloccò da solo, poi guardò il proprio
orologio e impostò le coordinate temporali.
Si
fece il segno della croce e mise il dito sul tasto “enter”.
«O
la va o la spacca» disse.
Mentre
stava per premere, pensò che, se l’esperimento fosse già riuscito, lui avrebbe
dovuto vedere il sé stesso del futuro lì, nella stanza, a salutarlo…
il
dito andò giù e spinse il bottone.
Nel
filmato, il frigo sparì, con un lampo, portandosi dietro Adrocchi e lasciando
il vuoto. Le luci della città si riaccesero.
«Va
avanti così fino alla fine della memoria» disse l’ispettore Schwanz alla
dottoressa Gloria Morelli.
Gloria
sospirò, mentre Schwanz spegneva la telecamera.
La
scientifica stava finendo i rilevamenti e la casa era interdetta, coi nastri
della polizia.
«Abbiamo
trovato tracce di una forte bruciatura sul pavimento, come se l’avessero
colpito con un lanciafiamme e tracce di freon» disse l’ispettore, «le dicono
qualcosa?»
Gloria
scosse la testa e si alzò.
«No.
Non sapevo neanche a cosa stesse lavorando» disse, asciugandosi una lacrima.
«Analizzeremo
il video, per capire se si tratti di un montaggio» fece l’ispettore.
«Una…
macchina del tempo…» disse Gloria, corrugando la fronte.
Schwanz
sbuffò:
«Non
so cos’abbia fatto quest’uomo, ma di sicuro si è messo nei guai.» Fissò Gloria
e aggiunse:
«Si
tenga a disposizione per altre domande. Nel frattempo, può andare.»
La
donna annuì e uscì dalla casa.
Salì
in macchina e tornò alla propria abitazione.
Viveva
con due gatti e due cani, in una villa con piscina, in piena campagna svizzera.
Il suo stipendio di ricercatrice era molto alto e lei non era una spendacciona.
La bella casa le serviva per isolarsi dagli esseri umani. Era un prezzo che
aveva dovuto pagare per la privacy fisica e mentale. Starsene fuori da un
contesto le faceva venire voglia di viverlo, di tanto in tanto, ma solo come
osservatrice. Prendeva la sua macchina, faceva un giro in centro, faceva un po’
di spesa e poi se ne andava a mangiare un panino seduta, da qualche parte, su
in montagna.
Quella
sera, sfruttò l’enorme privacy per mettersi a bordo piscina e pensare a
Adrocchi. Non le era stata rilasciata copia del filmato, perciò dovette
affidarsi alla memoria.
Adrocchi
sosteneva di aver creato la macchina del tempo, ma come? Aprì il portatile e
cominciò a scartabellare fra i vecchi documenti di lavoro. Assieme, erano stati
nel progetto del bosone di Higgs, la particella di Dio. Avevano studiato i
laser e i quanti.
Digitò
così rapidamente che le sue dita parvero fare una specie di danza; spostò un
gatto dalla tastiera e bevve un sorso di thè.
La
serata era fresca e il cielo, pieno di stelle. Quando alzò gli occhi, per farli
riposare, ne vide una cadente.
«Ma
dove sei?» mormorò. Uno dei cani le leccò la mano e lei sorrise e gli grattò la
testa.
«Il
viaggio nel tempo è impossibile» disse, «perciò, cosa gli è successo?»
Ripensò
al filmato. Possibile che fosse solo un montaggio? Magari Adrocchi aveva inscenato
tutto per sparire.
Eppure,
il suo istinto le diceva di no.
Adrocchi
era uno scienziato, dedito alla ricerca e alla trasparenza. Era un insegnante,
aveva parecchi dottorarti e amava il proprio lavoro, non era certo un illusionista
o un truffatore.
Si
abbandonò sullo schienale e si stropicciò gli occhi.
Tornò
a guardare lo schermo.
«Forse
sbaglio approccio» disse. Doveva partire da un altro assunto, ossia che il
viaggio indietro nel tempo fosse possibile e che il suo collega l’avesse fatto.
«Allora,
cosa è andato storto?» si chiese, corrugando la fronte. Terminò di bere e andò
in cucina a sciacquare la tazza. L’ambiente era silenzioso e si sentivano
addirittura i movimenti delle lancette dell’orologio a parete. Lo guardò. Girava
in senso orario, come ogni suo simile. Buffo, pensò, che la Terra girasse in
senso contrario.
Corrugò
la fronte e buttò la tazza nell’acquaio. Tornò al computer di corsa e tolse i
due gatti dalla tastiera.
Rapida,
cominciò a creare un programma che simulava la rotazione del pianeta. Mentre digitava,
parlava tra sé e sé.
«La
macchina del tempo si muove nel tempo ma non nello spazio! Adrocchi è tornato
indietro di un minuto nello stesso posto da cui è partito, solo che…» digitò
una stringa di codice e diede invio. Sullo schermo apparve la Terra in
rotazione e rivoluzione, «… solo che il posto non era là… perché la Terra ruota
sul suo asse e anche attorno al sole. È tutto in movimento e lui non l’ha
calcolato.»
Si
morse un’unghia e si alzò.
«Perché
sperimentare la macchina su se stesso?»
Cominciò
a camminare a bordo piscina.
Pensò
al frigorifero, con dentro il collega, che, tornando indietro di un minuto, non
si era trovato sul pavimento di casa, ma in orbita, da qualche parte nello
spazio, perché la Terra si era spostata.
Era
ancora lassù o era già rientrato nell’atmosfera? Dove si trovava, adesso?
Guardò
il cielo e vide un’altra stella cadente.
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