La copertina del libro col disegno degli zodion fatto dall'autore |
In periodo di lockdown da covid-19 l'autore, Fabio Carta, mi ha gentilmente omaggiato di una copia, in formato elettronico, del primo romanzo della serie il Mastro di Forgia.
Sono ben 640 pagine (in formato pdf) che ho iniziato a leggere, se non sbaglio, a marzo e che ho finito nei giorni scorsi.
L'ho letto adagio e attentamente per fare una recensione più obiettiva possibile.
Allora, in un tempo imprecisato, gli umani hanno sviluppato una civiltà sul pianeta Muareb. Vivono nelle geodetiche, come la forma geometrica corrispondente suggerisce, dei coni rovesciati nella terra, al riparo dai fortissimi venti che spazzano la superficie.
La loro civiltà è frammentata in vari "regni" che occupano il sud, l'est e l'ovest del pianeta e tra cui il più potente è quello del popolo delle Falangi.
il nemico, invece, è Gordia, che si trova a nord.
Parto subito col dire che questo romanzo sembra un fantasy con ambientazione futuristica. Ricorda un po' uno dei vecchi "sword & planet" alla Burroughs, come ambientazione, ma ha è impostato in maniera diversa e i paragoni finiscono qui.
Arma Infero inizia con un lungo, troppo per me, prologo scritto in corsivo, in cui l'anziano Karan, chiuso nella sua tuta ambientale, su un Muareb dove l'aria è ormai tossica, racconta di quando conobbe Lakon, che si rivelerà il personaggio cardine della storia.
Prima ho citato Gordia e le Falangi, ma ci sarebbero da aggiungere altri luoghi alla narrazione. Credo che ci sarebbe stata benissimo una mappa, all'inizio del libro, per meglio visualizzare i posti descritti da Fabio.
Tornando al prologo, l'uso del corsivo in maniera estesa non lo sopporto, ma è una cosa mia. Faccio tanta fatica a leggerlo e a seguire il discorso e molto spesso, l'autore rischia di perdermi lì e di farmi chiudere il libro.
Invece ho continuato a leggere, passando al lungo flashback, di Karan da giovane, che costituisce tutto il resto del libro.
Karan è quello che oggi chiameremmo un "immigrato" che sognava, da piccolo, di diventare un cavaliere di zodion e che, invece, è diventato un "tecnico", un forgiatore.
Provo a spiegare meglio l'ambientazione: gli eserciti combattono con unità delle cavalieri, che sono degli umani in tuta ambientale corazzata montati a cavallo di questi zodion. Gli zodion esistono sia inversione da carico che in versione da guerra, i primi più piccoli dei secondi. Gli zodion li possiamo vedere nella copertina del libro, in un disegno dell'autore. Sembrano delle grosse motociclette monoruota con un telaio che ricorda un uomo o una bestia accovacciati. L'autore li descrive benissimo, devo dire.
Spendo solo qualche parola sulla trama, poiché è abbastanza lineare, come impostazione.
Karan assiste al ritrovamento e all'ascesa sociale e politica di un povero straniero fatto prigioniero dei cavalieri della Falange, povero straniero che diventa suo amico e che comincia, poi, una specie di arrampicata sociale in seno al popolo della Falange. Questo personaggio è Lakon.
Dunque l'ambientazione mi è piaciuta e mi ricorda, per certi versi, quella di Mondo 9 di Tonani. Pianeta ostile, deserti, umanità progredita tecnologicamente ma regredita in una società autarchica, eccetera.
La società del pianeta Muareb è più organizzata di quella del mondo di Tonani, con i suddetti regni, cavalieri, eccetera.
La narrazione è in prima persona, ma soffre (a parer mio) di un eccessiva pomposità del linguaggio, giustificato dal fatto che Karan (il narratore) parla come è abituato a fare, ossia con arzigogoli complicati e assurdi, che rendono però il discorso difficile da seguire.
A mio parere questo romanzo soffre proprio di ciò, linguaggio lento e strapieno di aggettivi e scene quasi statiche.
L'ultimo problema è afferente al fatto che Arma Infero sia il primo volume di una serie: l'autore ci deve introdurre al mondo da lui creato, per cui se ne vanno via pagine, pagine e pagine in descrizioni che, ovviamente, rallentano di molto la narrazione.
Credo poi che il libro abbia bisogno di un ulteriore editing, poiché ho trovato ancora qualche piccolo errore e un po' di pesantezza generale nella costruzione dei periodi, ma comunque, è un libro con un grande potenziale, soprattutto per l'interno mondo che Fabio si è inventato di sana pianta, cercando di farlo più verosimile e funzionale possibile.
Io l'avrei snellito (avrei tolto almeno la metà delle pagine) e avrei fatto un bell'editing massiccio, per renderlo più scorrevole e fruibile.
ringrazio ancor Fabio per avermi regalato il libro.
Questo è quel che penso
Saludos!
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