Prendiamo un maschio
adulto di montagna: esso sarà lungo dai sei agli otto metri e arriverà alle due
tonnellate. Un drago del genere avrà il dorso di un colore uniforme e
possibilmente scuro, questo perché non ha più bisogno di “far paura” agli
eventuali predatori, come da cucciolo.
Se n’è parlato un sacco,
dei draghi. L’evoluzione li ha fatti adattare ai cambiamenti del nostro mondo e
oggi, etologicamente, possiamo chiamare i draghi “terrestri”, proprio come l’uomo
o come un coniglio, un cane, un gatto. Terrestre non è un sinonimo applicabile
esclusivamente a noi, ma ha uno spettro più ampio. E dunque include il drago.
S’è già detto della
particolare vescica dei draghi. La natura li ha dotati di quest’organo che
serve ad accumulare gas (idrogeno e metano) liberato dai batteri dello stomaco,
batteri speciali, presenti solo nel corpo del drago. Tali batteri sono capaci
di trasformare in gas il cibo e la roccia ingeriti dall’animale. È proprio
questa vescica, piena d’idrogeno, ad aiutare il drago nel volo, perché in
effetti esso non rispetta in alcun modo le proporzioni ala-corpo stabilite
dalla natura per volare. Le ali del drago, cioè, sono troppo piccole per il suo
corpo e la sua massa. Se non fosse per la vescica riempita d’idrogeno, il drago
non volerebbe. D’altronde, esso non
sa di non poter volare, un po’ come il bombo.
Sappiamo anche che, grazie
alle quantità di platino che l’animale ingerisce per istinto assieme alla
roccia (per questo lo si chiama “drago di montagna” e per questo esso tende a
preferire le regioni montuose del mondo) esso può sputare fuoco. Semplicemente,
l’idrogeno e il metano si combinano con l’ossigeno nel platino che fa da
accelerante, permettendo all’animale di soffiare fiamme. Sappiamo anche che l’interno
della bocca del drago ha una specie di corazza naturale e che possiede un falso
palato (simile a quello che permette al coccodrillo di aprire la bocca in acqua
senza morire soffocato) che si chiude per impedire il ritorno di fiamma.
L’aumento della
popolazione in Nord America ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e il
loro. I draghi di montagna (che, attualmente, sono l’unica specie di drago
vivente) trovano nelle fattorie per l’allevamento intensivo la primaria fonte
di cibo. La Smithfield Food, il più grande produttore di carne suina degli
Stati Uniti (ha un fatturato annuo di tredici miliardi di dollari) ha avuto
perdite così pesanti da obbligare i suoi proprietari, gli azionisti del gruppo
cinese Shineway, a due ricapitalizzazioni e drastiche manovre.
Su internet spopolano i
video di draghi che calano su queste fattorie (simili a navi spaziali, più che
alla fattoria del Mulino Bianco) e fanno incetta di suini malaticci e pieni
d’antibiotici. Buon per loro, i draghi sembrano aver sviluppato degli anticorpi
in grado di fronteggiare le malattie derivate dal consumo di questi suini.
Oggi, il drago potrebbe
venir considerato come il migliore amico dell’ambiente. Se pensiamo che,
secondo l’economista Rajenda Pachauri, produrre un chilo di carne ha lo stesso
impatto ambientale di un’auto che percorra 250 chilometri, predando dalle
fattorie ed eliminando gli animali, il drago evita che nell’aria vengano
dispersi fosfati, anidride carbonica e anidride solforosa in quantità (è il
caso di dirlo) industriali.
La massiccia (e in
crescita) presenza dei draghi ha inoltre modificato l’orografia mondiale.
Essendo il drago un naturale cercatore di platino, alcuni lo propongono come
metodo alternativo alla moderna ricerca ed estrazione, sempre che l’animale sia
d’accordo.
Il drago ci ha fatto scoprire
nuove regioni per l’estrazione del platino. Ai siti tradizionali in Nord
America, in Russia e in Africa, se ne sono affiancati numerosi in Europa.
Modena e la zona del
Resegone sono due esempi in Italia. Draghi di montagna hanno trovato giacimenti
di platino presso l’Etna, in Sicilia.
Le mire delle compagnie
internazionali sui siti di platino di “proprietà” dei draghi sono al centro
della lotta dei movimenti animalisti.
Il VHEMT, il Movimento per
l’Estinzione Umana Volontaria, va oltre: alcuni membri, di tanto in tanto, si
spingono nelle tane dei draghi per farsi divorare.
Ma cos’è esattamente il
VHEMT?
Ecco un estratto dal loro
sito internet: vhemt.org
“Il VHEMT (che si
pronuncia vehement, parola inglese che significa veemente) è un
movimento, non un’organizzazione. È un movimento portato avanti da gente che ha
a cuore la vita sul pianeta Terra. Non siamo un gruppo di disadattati
maltusiani misantropi e asociali che provano un piacere morboso ogni volta che
qualche disastro colpisce gli umani. Non potrebbe esserci nulla di più distante
dalla realtà. L’estinzione umana volontaria è piuttosto l’alternativa
umanitaria ai disastri che colpiscono la gente.
Non insistiamo sul modo in
cui la specie umana si è dimostrata un parassita avido ed amorale su un pianeta
che era in buona salute. Una negatività di quel genere non offre soluzioni per
gli orrori inesorabili che l’attività umana sta provocando.
Piuttosto, il Movimento
propone un’alternativa incoraggiante alla distruzione impietosa e completa
dell’ecologia della Terra.
Come sanno bene i
Volontari del VHEMT, la speranza che si presenta come alternativa
all’estinzione di milioni di specie vegetali ed animali è l’estinzione
volontaria di una sola specie: l’Homo sapiens, …la nostra
estinzione.
Ogni volta che qualcuno
decide di non generare altri umani da aggiungere ai miliardi brulicanti che già
si accalcano su questo pianeta devastato, un nuovo raggio di speranza attenua
le tenebre.
Quando ogni essere umano
deciderà di non riprodursi, la biosfera della Terra potrà tornare alla sua
gloria di un tempo, e ognuna delle creature che rimarranno potrà essere libera
di vivere, morire, evolversi e forse scomparire, come nel corso dei millenni
hanno già fatto così tanti “esperimenti” di Madre Natura. L’ecologia della
Terra tornerà in buona salute… tornerà in buona salute quella “forma di vita”
nota a molti col nome di Gaia.
Perché ciò possa accadere
è necessaria la nostra scomparsa.”
Alcune associazioni
mediche per la lotta contro i tumori si sono lamentate dell’ormai cronica
difficoltà all’accesso ai siti contenenti platino grezzo (causa draghi) e al
vertiginoso innalzamento dei prezzi di tale metallo, diminuita l’offerta.
Come sappiamo, il platino,
oltre all’uso nelle marmitte catalitiche delle automobili, negli elettrodi e
nel campo dell’analisi termo-gravimetrica, mostra una buona attività
anti-tumorale per mezzo degli agenti antineoplastici a base, appunto, di
platino.
Data l’ormai considerevole
quantità di draghi (a causa dell’abbondanza di cibo e della facilità di
procurarselo) e data una lacunosa legislazione in materia di diritti del drago,
molti laboratori si procurano esemplari vivi o morti per effettuare studi
scientifici.
In Italia, i movimenti
animalisti, che cercano da anni di includere il drago nell’articolo 13, si
scontrano con le “esigenze” delle grandi compagnie farmaceutiche.
In Spagna, data
l’abbondanza di draghi nella regione dei Pirenei e data la legislazione
pro-drago totalmente assente, si assiste a un bizzarro revanscismo della pressoché
defunta classe nobiliare iberica sulla borghesia nell’organizzazione di corride
con questi animali al posto del toro.
Il drago interessa gli
ingegneri genetici per una straordinaria particolarità presente nel suo DNA. Esso,
infatti, è l’unico vertebrato ad avere sei arti. Oggi sappiamo che ciò è dovuto
all’evoluzione del gene responsabile della creazione degli arti.
In
definitiva, il drago è diventato da creatura mitologica un fenomeno sociale.
Eh eh, carino questo pezzo! ;-)
RispondiEliminaIl Moro
Danke Moro!
EliminaSaludos!