martedì 11 febbraio 2014

Cavour - un racconto breve sul risorgimento

"ma quante ne so!"

Torino, 11 febbraio 1859.
Camillo Benso, conte di Cavour, sedeva nel suo gabinetto, meditando ad alta voce sui libri contabili del Regno.
«Servono soldi! Con la guerra abbiamo accumulato un debito di un miliardo di lire, e gran parte di questo denaro bisognerà restituirlo alla Gran Bretagna.»
Quando bussarono alla porta, il Conte disse: «Entrate.» si tolse gli occhiali a pince-nez e passò due dita sulle palpebre stanche.
«Conte, buonasera.» non aveva bisogno d’essere annunciato l’uomo che entrò nel gabinetto di Cavour. Aveva un paio di baffi lunghi e all’insù, un viso largo, dai tratti nanoidi e due occhi piccoli, da faina. Il volto era incorniciato da una raggera di capelli ondulati, tenuti assieme in una pettinatura rigida da chissà quale pomata.
«Vostra Maestà, buonasera a voi.»
«Facevate i conti?» domandò il re di Sardegna, Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia.

giovedì 6 febbraio 2014

A bootleg liquor-powered android - Tante storie di fantascienza




Guidava da quattro ore bevendo caffè, quando vide il ranch nel deserto. L’ultima invenzione era produrre il whisky in Messico e scaricarlo lì. C’erano tre furgoni e dei cavalli. Non che Ames fosse uno sbirro o baciasse il culo alle “sorelle della temperanza”. Stava seguendo una traccia e sperava che fosse la volta buona.
Guidò la macchina fra i cespugli e giù per una duna, a ridosso di un canyon. Afferrò il mitra e risalì la scarpata. Se sbirri e federali l’avessero beccato con quel ferro in pugno… beh, c’era la gattabuia a Florence. Doveva andarci coi piedi di piombo ed eliminare ogni traccia.
Si avvicinò al ranch da nord. Le ombre erano lunghe.
Poco più in là, dei tizi fumavano e scaricavano casse in uno dei furgoni. Forse avrebbero riempito solo quello, usando gli altri come specchietto per le allodole.
I veicoli erano tutti uguali. Sulla fiancata c’era scritto “servizio postale degli Stati Uniti”. Non sapeva come avrebbero fatto ad abbattere i costi di trasporto. Il liquore, sicuro, era distillato da robaccia messicana e venduto oltreconfine per pochi centesimi o addirittura, per niente. Magari c’era un accordo con gli sbirri di frontiera e questi chiudevano un occhio sul viavai da Nogales.
Si avvicinò. Oltrepassò i recinti e si nascose dietro un abbeveratoio. Sopra di lui correvano i fili del telegrafo e i pali della luce elettrica.

martedì 4 febbraio 2014

Deadwood, 1885 - racconto western

un bel disegno di TheGeef che rappresenta Al Swearengen, interpretato dall'attore Ian McShane nella fiction "Deadwood". Trovate l'originale qui.



«Gesù Cristo, Percy! C’è un uomo qui!» le urla di Caradog Pritcher svegliarono il vicesceriffo Percy Withmore e gli fecero impugnare la pistola. Caradog era un duro minatore gallese: non avrebbe mai urlato senza motivo, non a quel modo.
Percy scrutò la cella alla luce della sua lampada ad olio. «Signor Pritcher?» chiamò, alzandosi.
Sentì qualcuno che mugugnava qualcosa e si allarmò. «Signor Pritcher!» ripeté.
«Percy, brutto idiota! Sbrigati e apri la cella.»
Il sospetto si fece strada nel cervello del vice, mentre la lampada sgranocchiava le ombre.
«Signor Pritcher, non mi prenda in giro.» azzardò Percy. «C’è un uomo, ti dico!» sbraitò l’altro. «Qui, legato e imbavagliato, davanti a me.» aggiunse.
«E prima non c’era?» domandò il vice. «Cristo Santo, Percy Withmore! Fammi uscire.» disse il gallese.
Ora, il vicesceriffo si trovava davanti alla cella. La luce si posò sopra un uomo seduto su una sedia, legato mani e piedi e imbavagliato. Un uomo vestito in maniera strana, con una specie di tuta da minatore completamente arancione.
«Un negro.» disse Percy, guardando il cranio lucido e scuro. L’uomo aveva gli occhi stretti per via della luce e mugugnava qualcosa.
«Mi credi adesso?» domandò Caradog. Percy deglutì e una goccia di sudore gli scivolò fra i peli della barba. «Sarà meglio chiamare lo sceriffo.» disse.
«Ehi, bastardo! Non mi lasciare con questo tizio! È apparso dal nulla, ti dico.» sbraitò il gallese.
Ma Percy Withmore si precipitò fuori, con una mano sul cappello e la lampada in pugno gridando: «Sceriffo!»