Questo è solo parzialmente un articolo di recensione di un libro.
Leggere un blogger che si lamenta spesso di una cosa non piace a nessuno, perciò non mi metterò a piagnucolare su quanto odi la Brianza e il suo capoluogo di provincia; se mi seguite, lo saprete bene anche voi, perché ne ho parlato qui, qui e qui.
Ci sono cresciuto, ci ho vissuto per trentadue anni prima di riuscire ad andarmene e solo dopo ho capito che la ragione unica del mio sconforto, e dei miei ca**i in generale era lei, MB. Se continui a viverci, difficilmente lo capirai; devi andartene e guardarla da fuori.
Da un paio di mesi mi sono messo a rivedere le nostre prime opere pubblicate - correzioni, restyling, cose così - e proprio a cavallo di queste due settimane, mi sono messo a rileggere Brianza Night Blues di Omar Gatti.
L'abbiamo pubblicato nel 2012 e credo sia il nostro terzo lavoro in ordine cronologico.
A essere onesti, non me lo ricordavo: non ricordavo la trama, né i personaggi... nulla, insomma. Beh, Brianza Night Blues è un compendio di racconti ambientati ciascuno in un paese diverso della Brianza.
Devo dire che io, che pensavo che tutti i monzesi e/o brianzoli fossero ciechi ammiratori del posto in cui vivono, sono rimasto piacevolmente stupito nel vedere che Gatti racconta la Brianza per quello che è. La descrive buia, umida, fredda, inospitale, oscura, teatro di scene da mafiosetti, di ricatti, di cose non dette, di ripicche, di coltelli nel buio, di cemento, di abbandono, di mancanza di futuro.
Ripeto, io ci ho vissuto poco più di trent'anni, lì, e ho visto solo questo. Non so che altro dire. Mi piace così poco quel posto che faccio fatica a digerire che la nostra CE abbia sede legale proprio in uno dei comuni della provincia MB, ossia Nova Milanese, perché nelle fiere e negli eventi, immancabilmente, danno dei brianzoli anche a me - io sono siciliano - e al mio socio Stefano, che è bresciano.
In Brianza Night Blues si vede una Brianza a forte impatto meridionale - come davvero è - dove i meridionali fanno finta d'essere settentrionali o dove ci sono quelli che io chiamo i "mezzosangue" ossia figli di meridionale e settentrionale, magari di seconda generazione; una Brianza a forte impatto veneto, anche, come nella storia che dà il titolo alla raccolta e che smorza parecchio - e bene - i toni cupi e senza speranza che caratterizzano il resto dell'opera.
Davvero, se riuscite a reperirlo, leggetelo perché, a mio parere, ne vale la pena.
Saludos!
Nessun commento:
Posta un commento