martedì 4 gennaio 2022
Godzilla Punto di Singolarità - Recensione
Ecco, su Netflix, questa nuova serie sul lucertolone nipponico, nato dalla mente
di Honda, nel '54, quando era ancora viva, nei giapponesi, la paura della bomba
atomica. Godzilla Punto di Singolarità è stato creato dagli studi di animazione
Bones e Orange su licenza Netflix e con regia di Atsushi Takahashi. La serie è
uscita a fine marzo su Netflix Japan e da aprile a fine giugno negli altri
paesi.
L'animazione torna allo stile tradizionale e ricorda quella "anime" degli anni
Novanta. E' lontana dalla bellissima computer grafica di Godzilla Planet Of
Monsters, di Ultraman o di altri prodotti simili, ma non per questo meno bella.
Ho trovato una bella novità la riscoperta dei tratti "imperfetti" dei contorni
dei personaggi e oggetti presenti sulla scena. Rimarchevole l'aver ripescato il
robot Jet Jaguar (che personalmente non ho mai visto prima, ma che so sia stato
lanciato in uno dei film sul lucertolone e creato a seguito di un contest negli
anni Settanta). Godzilla, poi, quando si vede, è bellissimo da far paura o
meglio, d'una bellezza spaventosa. In un certo senso, mi ricorda il primo
Godzilla, del film di Honda della Toho. Lo trovavo oscuro e distruttivo, con
quel suo raggio atomico che veniva sparato dalla bocca come una linea laser di
infinita potenza. Il lucertolone di Netflix fa la stessa cosa, caricandosi di
potenza atomica con le scaglie, aprendo la bocca e cominciando a produrre cerchi
di luce che poi si concentrano in quel raggio sottilissimo, ma devastante.
Perché, però, Godzilla Punto di Singolarità è un prodotto mediocre? Per colpa di
tutto il resto. I personaggi potrebbero anche salvarsi, se non continuassero a
blaterare incessantemente di nozioni matematiche e chimiche inventate,
incomprensibili, noiose e futili. Tutta la storia si basa su di esse e sulle
scoperte dei due protagonisti, Yun Arikawa e Mei Kamino (dal design preso dalla
Arale di Akira Toriyama). Ore e ore di cosiddetto "technobabble" assolutamente
inutile, che non ha neanche la pretesa di coinvolgere lo spettatore, perché lo
perde subito, dopo le prime frasi.
Concetti come gli archetipi e il viaggio nel tempo delle loro particelle, sono
buttati lì e mischiati a formule incomprensibili. Dai disegni (che sembrano solo
scarabocchi) del professore (scomparso) che stava studiando il fenomeno della
"Catastrofe" che poi, credo, sarebbe l'arrivo di Godzilla, Mei Kamino tira fuori
delle formule matematiche per avanzare di un passo nel risolvere la situazione.
Davvero, fidatevi: tutto quel parlare è fastidioso, a un certo punto, anche
perché i protagonisti non smettono mai e poi mai. Continuano a tirare fuori
formule e teorie per tutte le puntate di tutta la serie, inframmezzate, ogni
tanto, dall'apparizione di un mostro o del robot Jet Jaguar.
Peccato, anche perché, in questo anime, si vede la riapparizione di Anguirus, un
mostro presente nel secondo romanzo di Godzilla, che possiedo, assieme al primo,
in un'edizione in lingua inglese. Per chi volesse leggere il romanzo, si chiama
Monster Godzilla di Shigeru Kayama ed è stato pubblicato, per la prima volta, da
Iwatami Bookstore, nel 1954. Ho adorato Anguirus, nel romanzo, e mi è piaciuto
anche rivederlo qui, nella serie, alle prese con Jet Jaguar. Peccato, davvero.
Se non fosse che abbiamo bisogno dei personaggi umani per dare una dimensione
più appetibile allo spettatore e in cui lo spettatore si riconosca, questa serie
avrebbe anche potuto funzionare solo con Godzilla che distrugge Tokyo o che
incenerisce "i" Rodan (che qui sono più d'uno e assomigliano a piccoli
pterosauri). A far risorgere Godzilla, in anime, ci avevano già provato la Toho
Animation e la Polygon Pictures, assieme a Netflix, con quel prodotto
visivamente splendido, ma dalla storia ingarbugliata e assurdamente complessa di
Godzilla Planet Of Monsters, nel 2017, e ora ci hanno riprovato Bones e Orange
studios.
Per me è bocciato.
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Ogni tanto ricompari, eh? 😉
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