mercoledì 29 febbraio 2012

In cammino - 8

precedente

Il gerarca era palermitano, aveva un’uniforme nera e degli alti stivali di cuoio. Era un uomo fiero, con la testa tonda, un paio di baffi e un pizzetto. Benché Fausto lo superasse in altezza, l’altro gli incuteva un sacro timore ogni volta che lo guardava, che si muoveva, che stava fermo. Gli dava l’idea di un uomo che avrebbe potuto risolvere ogni problema sulla faccia della terra, un ariete di un’epoca antica e più civile.

martedì 28 febbraio 2012

Avanti Vestone!


Il vento era l’unico a turbare la fine. Immobile, gelida, la terra aveva schiacciato quelle piccole irrequiete creature dai cappotti e le sciarpe di ghiaccio. Giù, diceva loro, è finita, state giù a dormire. Loro dormivano, non foss’altro perché camminare era dolore. Dormivano e poi arrivava il vento, il vento a turbare ogni cosa. Non vi lascio in pace, no, nemmeno davanti alla morte!
Piano, piano si alzavano, alcuni seguendo la colonna; certi, storditi dalla fame, dal bagliore freddo, mettevano un piede davanti l’altro, verso la fine.
Nera, sottile, a tratti ingrossata, ma sempre in movimento, la colonna. Bianco, vasto, gelido, l’inverno.

mercoledì 22 febbraio 2012

In cammino - 7

precedente

Passò l’inverno con i compagni su in montagna, nascondendosi nelle caverne e portando viveri agli americani che combattevano giù a valle.
Lui e i suoi non parteciparono ad alcuna azione contro i tedeschi: erano un’unità troppo piccola e male organizzata.
Poi, mentre guardava gli alberi risplendere d’argento per la galaverna, si ricordò di qualcosa.
A scuola, c’era un certo Gariffo Luigi, un bambino zoppo dalla nascita che si era trasferito, a quanto ne sapeva, in Bergamo ancora adolescente.
«Forse lui… » masticò quel pensiero a lungo, finché una mattina, con lo zaino in spalla e il cappotto rammendato, non salutò i compagni e discese i monti.


mercoledì 15 febbraio 2012

Daeerdraug e Meldin


Questo è il personaggio che aveva il mio amico Marco nel Gioco di Ruolo del Signore degli Anelli. A lui e al suo falco cacciatore ho dedicato nel 2007 un racconto: "Sangue d'orco".
Intanto guardatevi il disegno!

In cammino - 6

precedente

«Vorrei sapere notizie della mamma, di mia sorella Lalla, dei miei fratelli… » Fausto parlava, mangiando cucchiaiate di polenta, mentre lo zio Cesare, zoppicando casa-casa, già scuoteva la testa.
«Coi tedeschi in giro?» disse, alzando le braccia.
«Almeno per far sapere che sono vivo!» replicò Fausto.
«Tale’, meno persone sanno che sei vivo, meglio è.»
«Ma almeno devo fare qualcosa!» Fausto ingoiò un’altra cucchiaiata di polenta e fissò il piatto, poi lo zio, con gli occhi celesti.

Caduta libera - Nicolai Lilin - Recensione


Mi sembra di sentire l’odore di fango, di polvere e il sibilo continuo nelle orecchie di Nicolai Lilin dopo che ha sparato, si è fatto sparare, ha lanciato bombe e granate contro un nemico sporco, inafferrabile, fatto d’eroina e di crac, un nemico che combatte per inerzia in una guerra strana, una guerra nei canoni di tutte quelle del ventunesimo secolo, dove non si capisce che forma abbia l’avversario e perché si vada a combattere.

venerdì 10 febbraio 2012

In cammino - 5

precedente


Milano continuava ad essere bombardata e circolavano storie su “penne esplosive” lanciate dagli aerei americani per mutilare i bambini.
Fausto sentiva le notizie dai pochi abitanti di Lomazzo, mentre cercava la casa dello zio Cesare.
«Mai sentito.» gli rispose una donna con un vestito a fiori.
«Lei è probabilmente la centesima persona a cui domando.» disse Fausto.
«Ma scusi, è sicuro che sia proprio questo il paese dove abita suo zio?»
«Sì… o almeno credo… mi pare di ricordare fosse Lomazzo o qualcosa di simile.» rispose Fausto.
«Qualcosa di simile a Lomazzo, qui al Nord?» chiese la donna.
«Sì, in Lombardia.» rispose Fausto, annuendo.

Il paese giusto si chiamava Domaso. Era all’estremo Nord del lago di Como, sulla sponda opposta a Colico.
Fausto ci arrivò un po’ a piedi, un po’ salendo dietro carretti trainati da asini o muli. Alcuni gli ricordavano le bestie del plotone mortai e una volta, in un mulo rossiccio e grande, gli parve di riconoscere Mimmo.
E pensò: «Povirazzo! Che fine avrai fatto?»
Domaso gli si annunciò in un tripudio di odor di alloro e camelie, mentre i cipressi ne coronavano la forma arroccata sulle spiagge del lago. Era un villaggio dolce, di poche anime, dove l’acqua ospitava piccole barche e le strade, biciclette e asinelli.
Fausto ci arrivò con qualche grammo di speranza in corpo, visto che non aveva altro.
Non c’erano tedeschi a turbare la quiete del lago, ma solo il grigiore che prelude l’apparire del sole.
Un uomo lavorava sulla chiglia di una barca tirata in secca.
Lui e Fausto erano le uniche persone in movimento su uno scenario di casette grigie e di asini piccoli e silenziosi.
L’uomo aveva il naso grosso, le guance rubizze e la struttura enorme, ma era magro e gli occhi sembravano volersi nascondere dentro le orbite.
Guardò Fausto e gli disse qualcosa che lui non capì.
Che diavolo di lingua parlavano in quel posto?
«Senta, ci sono tedeschi in giro?» si decise a chiedere.
L’altro guardò a destra, a sinistra, poi posò gli occhi su Fausto e, serio, disse: «No.»
Il sergente parve rilassarsi un poco.
«Sto cercando un mio zio, abita qui, si chiama Cesare… » stava per dire il cognome, quando il pescatore indicò una delle case che s’affacciavano sulla spiaggia. Era stretta e a due piani, incassata fra altre costruzioni simili, dall’aria vetusta.
Fausto sorrise: «La ringrazio.» disse.
Quello annuì con un grugnito e si rimise al lavoro.
Fausto camminò sino alla porta di legno verde. Al piano superiore, le imposte erano aperte e una donna lo sbirciava. Alzò la mano, la chiuse a pugno… e bussò.
Rumore di passi strascicati, poi un: «Sì?» di voce arrochita dagli anni.
Il sergente si schiarì la gola.
«Uhm… zio Cesare… sono io, Fausto, tuo nipote da Palermo.»
Dall’altra parte, silenzio. Poi un mormorio indistinto e, infine: «Faustino?» nel nome riaffiorò un po’ di quell’accento siciliano addormentato dal lago.
La porta fu aperta e un uomo basso, dalla faccia rotonda e grinzosa, spalancò le braccia. «Faustino!»
«Zio Cesare!» per la prima volta dopo giorni, il sergente sorrise… e abbracciò il vecchio.
Il corpo di Fausto ritrovò la sensazione perduta di essere stretto da mani amiche.
Lo zio Cesare si girò verso la donna che, proprio allora, scendeva giù dalle scale.
«Zia! Tale’ ccu’ ccé! Preparaci qualcosa a Faustino!» disse.
Lei, una donnetta bassa con la cuffia bianca a fiorellini, guardò il nipote che non aveva mai visto. E gli sorrise.
«Polenta.» disse.
E Fausto ne mangiò tanta di polenta e poi si mise a dormire, mentre la zia gli rammendava i pantaloni e il cappotto presi in Francia.

continua

mercoledì 8 febbraio 2012

CINEMA E CARTA STAMPATA: NOTTURNO PARIGINO - OMAR GATTI

CINEMA E CARTA STAMPATA: NOTTURNO PARIGINO - OMAR GATTI: Bella prova del giovane scrittore Omar Gatti, pubblicato in ebook dalla casa editrice (esordiente anch’essa) La Ponga Edizioni. Questo...

martedì 7 febbraio 2012

NOTTURNO PARIGINO



NOTTURNO PARIGINO

Finalmente La Ponga Edizioni esce col suo primo racconto! "Notturno Parigino" di Omar Gatti!

mercoledì 1 febbraio 2012

In cammino - 4

precedente

Alla stazione centrale, Fausto cercò di nascondersi in mezzo alla folla fatta di cappotti, di sporte, di volti mal rasati e occhi stanchi. Fuori, le camionette dei tedeschi e i soldati di guardia con le pistole-mitragliatrici.
Qualcuno gli toccò il braccio. «Mi scusi.» disse, in italiano. Accento locale.