lunedì 27 agosto 2012

5 - Dov'è Joker? - epilogo

 

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5
Poi li riaprì.
Schiff si stringeva alla balaustra ed era disarmato. Il fucile a canne mozze giaceva sotto, vicino agli scaffali metallici.
Il vecchio, sporgendosi per sparare, era inciampato inavvertitamente su Alfred e aveva sbagliato mira. Poi s’era preso un pugno dal maggiordomo. Adesso stava aggrappato al corrimano cercando di respirare.
Batman trattenne il fiato. Vide Paul con la pistola prendere la mira su di lui.
L’uomo sparò.

Ma il Giustiziere aveva già sfiorato l’interruttore della cintura e s’era coperto col mantello.
Il movimento era stato rapido e il proiettile in corsa non incontrò un vero e proprio muro, ma piuttosto fu rispedito indietro come una pallina dalla racchetta da tennis.
E raggiunse Moses Schiff dritto in mezzo agli occhi. Le lenti bifocali si ruppero, poi parvero rimanere sospese in aria per un attimo eterno e infine caddero giù, nella pozza d’acido.
«No!» l’urlo di Paul fece entrare in funzione gli attenuatori di volume nella maschera di Batman. L’Uomo Pipistrello avvertì solo una specie di lontanissimo grido come di una banshee.
Il fumetto sfrigolava d’acido. Ma forse le formule potevano ancora essere salvate.
Paul si gettò su Alfred, lo stordì con un destro, poi lo fece alzare. Gli mise la pistola alla tempia.
Batman alzò una mano.
«Fermo!» disse.
«Dammi il fumetto o gli faccio saltare le cervella!» ruggì Paul.
Adagio, Batman si alzò. Stava valutando la situazione quando il suo dispositivo audio colse, flebile, il rumore delle sirene.
La polizia.
A giudicare dall’intensità del suono doveva essere ancora lontana. Kevin non si fece illusioni: gli sbirri venivano per lui.
E per Alfred.
Lo vide così magro e impotente fra le mani di Schiff e provò pietà. Se qualcuno doveva ammazzare l’inglese, quello sarebbe stato lui e solo lui. Alfred era troppo stupido per morire ucciso da un Paul Schiff qualunque.
«Non preoccuparti!» disse l’inglese, «Andrò da Dio con la coscienza pulita. Paga tu le mie multe!» aggiunse, con un sorriso. Ma si vedeva che aveva paura. Perché tutti ne hanno … di morire.
«Lascialo!» urlò Batman.
«Sennò? Usi i tuoi superpoteri? Ah, già, dimenticavo che non ne hai. Dimenticavo che sei solo un imitatore, uno stupido vigilante mascherato strapieno di debiti. E sei anche un assassino. Un assassino due volte. Hai spinto tu tuo padre giù dalla passerella.» disse Paul, sputacchiando odio.
«Ora dammi il fumetto!» aggiunse.
Batman guardò Alfred, poi prese una decisione. Le sirene della polizia erano sempre più vicine.
Camminò sull’acido e sentì le suole corazzate sfrigolare.
I lembi del mantello si bruciarono.
Il Giustiziere arrivò al fumetto e lo raccolse. L’acido se n’era mangiato metà. Lo mostrò a Paul.
«Lo vuoi?» gli chiese.
«Sì, pagliaccio.» rispose l’avvocato.
«Ora dirà “vieni a prenderlo”.» intervenne Alfred, con un filo di voce.
Invece Batman non disse niente: lanciò il fumetto verso la passerella, ma un po’ a destra, in modo che Paul dovesse allontanarsi da Alfred e sporgersi per afferrarlo.
L’avvocato si mosse.
E Batman gli sparò una dose di pallettoni.
Il boato fu assordante.
Paul urlò, perse l’equilibrio e cadde oltre la balaustra. Rovinò sui contenitori azzurri, centrati dal margine esterno della rosa di Batman.
Il fumetto descrisse un arco per aria e finì a terra, dritto nella pozza d’acido. Venne consumato in sedici secondi.
Sedici secondi.
Quanto ci volle a Batman per tirare fuori uno spara arpioni dalla cintura, puntarlo sulla passerella e fare fuoco. L’arpione s’incastrò fra le sbarre tubolari di metallo.
Batman premette di nuovo il grilletto e il robusto cavo d’acciaio si riavvolse, trascinando con sé il peso dell’Uomo Pipistrello.
Con un volteggio, Batman fu accanto al maggiordomo.
Sotto di loro, Paul Schiffer urlava dal dolore e bruciava adagio.
I fumi dell’acido sapevano di roba dolciastra.
Batman tirò fuori dalla cintura un piccolo respiratore e se lo mise sulla bocca e sul naso. Poi afferrò il suo maggiordomo e lo spinse verso la porta tagliafuoco.
Di sotto, Paul urlava.
All’ultimo momento, prima di uscire dalla sala delle vasche, Kevin Kane si girò a guardare. E vide due occhi pieni d’odio che lo fissavano da un viso con un ghigno che non aveva nulla più d’umano.

Poi uscì e fu nell’atrio.
Spinse Alfred all’aria aperta. Vide i primi lampeggianti della polizia apparire lungo Saticoy: globi di luce bianchi e rossi sospesi nel buio.
Sparò l’arpione verso il tetto e lasciò che s’incastrasse, poi saggiò il cavo d’acciaio tirandolo. Solo allora passò la mano attorno alla vita di Alfred e premette il grilletto.
Il potente meccanismo entrò in funzione riavvolgendo il cavo.
Quando Batman e Alfred furono sul tetto, guardarono la situazione.
C’erano quattro robuste Crown Victoria della polizia metropolitana di sotto. E altre ne sarebbero arrivate di sicuro.
Alfred stringeva i denti per il dolore.

Gli sbirri uscirono dalle macchine impugnando pistole e fucili a pompa.
«Lassù!» urlò uno. Da lontano si sentiva il rumore di un elicottero.
Quel bastardo ha chiamato proprio tutti!, pensò Batman.
Coprì Alfred col mantello, poi sfilò una granata flash-bang dalla cintura e la scagliò giù. Ci fu un lampo accecante. I poliziotti urlarono.

Quando riaprirono gli occhi, Batman e il maggiordomo erano spariti.
Gli agenti cercarono ovunque, misero l’edificio sottosopra. Ma non trovarono nulla.
Alfred Owen Ifans – il maggiordomo – fu considerato complice dell’Uomo Pipistrello e ricercato dalla polizia della California.
La Pacer fu sequestrata ed esaminata minuziosamente dalla scientifica.
Giace ancora adesso in un deposito della polizia metropolitana, accanto alla Batmobile.
Moses Schiff, gravemente ferito, ma vivo, fu portato al North Hollywood Medical Center con ustioni da acido e una ferita da arma da fuoco all’altezza del torace.
Di suo figlio, l’avvocato Paul Schiff, non si ebbe più alcuna traccia.

Kevin Aaron Kahn conosceva bene l’ex Pacific Chemicals. Dopotutto era di suo padre, per metà. Sapeva della sala delle vasche, dello studio, dell’atrio … dei condotti di ventilazione dell’aria.
Si nascose lì, dove i poliziotti non avrebbero cercato. Sopra lo studio di Moses Schiff. E, con Alfred, aspettò.
Diede le prime cure mediche al maggiordomo nel condotto. Gli fece iniezioni di morfina perché non si lamentasse e tradisse la loro posizione.
«Accidenti … » balbettò Alfred, «in quella cintura hai un sanguinario mucchio di roba … »
Batman sorrise.

Stettero lì ventiquattrore.
Poi di notte, gli agenti che piantonavano l’edificio sentirono dei rumori. Quando entrarono per investigare, videro una grata dell’aria pendere dal soffitto dello studio di Moses. La finestra che dava sul cortile interno era aperta.


Per lungo tempo non si seppe più nulla dell’Uomo Pipistrello e del suo maggiordomo. Alcuni dissero che avevano sconfinato in Messico.
Dissero che dai tetti di Tijuana, nelle notti più buie, si può vedere una sagoma ammantata studiare il confine.


FINE

2 commenti:

  1. Appena finito di leggere tutto :) MI è piaciuto tanto! Ho trovato molti momenti divertenti offerti dal duo Batman Alfred, davvero perfetti xD Interessante poi la psicologia del protagonista, abbattuto dal fatto che nonostante abbia speso una fortuna non abbia il suo Joker (anche se poi, nel finale, un certo rimando a ''The killing joke'' m'è partito nel cervello) :). Scritto bene, veloce, scorrevole e diretto, non per questo privo di descrizioni efficaci.

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  2. Hey! Bene grazie! Commenti come questi mi aiutano sempre! Commenti tecnici, intendo. Ora mi informerò su cos'è The Killing Joke! Hai destato la mia curiosità!!!

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