"La Calma" di Harper Jaten. Originale reperibile qui |
1. La señorita in pericolo
Abilene era lontana
quattrocento miglia e due cavalli. Seth Corbin aveva sparato all’ultimo dalle
parti di Odessa. Quello sui cui era in sella aveva bisogno d’acqua e riposo.
Il sole affondò nel cielo
lasciando come un incendio laggiù, verso la California. Seth guardò le ombre
dei saguaro sdrucciolare diventando lunghe come uomini e sentì l’odore della
terra e delle corone di carrizo.
Aveva bisogno d’un piatto
di fagioli e due labbra rosse. Anche una pistola gli avrebbe fatto comodo. Alla
cintura aveva un coltello da scotennatore.
Il cavallo stronfiò e
nitrì, fiutando l’aria. Subito dopo, Seth sentì un urlo breve, rabbioso,
femminile.
Spronò la bestia e fece
per impugnare la pistola: la mano scivolò innocua sul cinturone.
Sul fondo di una caldera
c’era un albero vecchio e contorto alla cui base un branco di coyote si
rifaceva le unghie. Sopra l’albero, Seth vide spuntare una gonnella.
Cominciò a scendere
calpestando i cerchi di carrizo, poi diede di sprone al cavallo e si tolse il
cappello. Con quello in mano, si mise a urlare.
Gli zoccoli del cavallo
produssero il suono di un temporale. un coyote si girò verso Seth e lo fissò
con quei suoi occhi affamati.
Seth urlò più forte.
«Aaah!»
Il coyote uggiolò e se la
diede a gambe. Un altro lo seguì, mentre un terzo e un quarto rimasero,
incerti, a girare attorno all’albero.
Il cavallo roteò gli occhi
e nitrì. Uno dei coyote, sulla sinistra, abbassò la testa e scoprì le zanne. L’altro,
ancora incerto, si tenne alla larga.
Questo bastò a Seth per
avvicinarsi all’albero.
L’uomo si mise il cappello
e alzò lo sguardo verso la donna intrappolata. Quella lassù era la più bella
donna che avesse mai visto: puro sangue messicano, capelli neri come le ali di
un corvo e occhi verdi da ucciderti con uno sguardo.
Seth morì e risorse almeno
due volte prima di trovare la parola e dirle:
«Señora, venga giù!»
La donna aveva sì la
gonna, ma anche un coltello lungo un piede.
Seth sbirciò mentre quella
si girava e posava il suo grazioso piedino nudo su uno dei rami più bassi.
Il cavallo nitrì e fece
per impennarsi. Uno dei coyote s’era avvicinato troppo. Dovevano essere
affamati, quei bastardi, per farsi sotto così.
Il coyote rinculò e,
uggiolando, fuggì via, lasciando alla donna il tempo di scivolare fra le
braccia del cowboy.
Seth sorrise e la strinse.
La donna sapeva di rose e sudore: sì, aveva un qualcosa di selvaggio che eccitò
Seth.
Lei lo guardò corrugando
la fronte e disse:
«Gracias.»
Lui sorrise e spronò il
cavallo. Uscirono dalla caldera a presentazioni fatte: Seth Corbin, Esmeralda
Luna.
I coyote di prima non
dovevano essere lontani: un lungo ululato echeggiò nel deserto.
«Dove stavate andando?»
domandò Seth a Esmeralda.
Lei aprì la bocca per
rispondere, ma si fermò e si girò.
«Ho sentito … » disse Seth,
«cavalli!»
Erano in due e venivano
dal tramonto. Uno aveva un antico poncho bianco e i baffi che gli sfioravano il
mento. L’altro era magro, scuro, e aveva il manico d’osso di un coltello bene
in vista.
«gente de Don Manuel!»
mormorò Esmeralda a denti stretti, «quiere casarse con migo con la fuerza!»
aggiunse.
Seth capiva un po’ di
spagnolo e annuì; mise deliberatamente la mano sull’impugnatura del coltello.
Avrebbe voluto un
dannatissimo fucile.
Quello magro parlò per
primo.
«Gringo, la ragazza è
nostra.»
Seth sorrise: «E chi lo
dice?» replicò.
Il peon col coltello si
mosse nervosamente sulla groppa e guardò il collega.
«Es la mujer de Don Manuel.»
disse, con una tremenda calma, l’uomo col poncho.
«No soy de nadie!» ringhiò
Esmeralda.
«Non hacer l’idiota,
gringo,» il tizio magro non badò alle parole di Esmeralda e replicò, diretto, a
Seth, «tu e il tuo cavallo sembrate stanchi e affamati e noi siamo in due.»
«In due senza pistole.»
disse Seth.
«Neanche tu ne hai.» fece
il peon magro.
Seth sguainò il coltello:
«Mi basta questo.» disse.
Il magro guardò Seth negli
occhi per un lungo istante. Quando distolse lo sguardo, sputò ai piedi del
cavallo. Poi disse:
«Vamos!»
E girò il cavallo. L’altro
fece un sorriso a Esmeralda, girò il cavallo e seguì il compare.
Seth e Esmeralda erano
soli.
«Señor, grazie per avermi
salvata,» disse lei, «ma temo che quei cabrones se la prendano con la mia
famiglia, giù alla hacienda.» aggiunse.
«La hacienda?» domandò il
cowboy.
«Sì, è verso ovest.» disse
Esmeralda.
«Vale,» replicò lui,
«andremo a vedere.»
Spronò il cavallo attraverso i saguaro ammantati per
la notte. Nel cielo brillava un milione di stelle.... continua
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