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epilogo. La resa dei conti
C’era una scala a sud e,
più in là, un carro di fieno. Seth avrebbe potuto usare una o l’altro per
scendere, ma si sarebbe trovato allo stesso livello dei rurales e con una gamba
malandata, in più.
L’ideale era calarsi sul
tetto di una delle baracche di legno e da lì sfoltire i ranghi nemici.
Da fuori, sentì arrivare
dei cavalli al galoppo. La maggior parte degli uomini si spostò verso
l’ingresso per andare a vedere.
Solo i due sulla scala
stringevano le pistole, cercandolo con lo sguardo.
Seth ne uccise uno sparandogli col fucile. Lo hombre cadde all’indietro, colpì e sbilanciò l’altro che sparò a vuoto. Il gringo lo freddò con una pallottola.
Seth ne uccise uno sparandogli col fucile. Lo hombre cadde all’indietro, colpì e sbilanciò l’altro che sparò a vuoto. Il gringo lo freddò con una pallottola.
Si alzò e barcollò piegato
in avanti verso l’orlo dell’assito. Sentì uno sparo e una fitta alla mano
destra. La pallottola l’aveva colpito al calcio del fucile, spezzandolo e le
schegge s’erano conficcate in profondità nella mano. Seth fece appena in tempo
a vedere qualcuno acquattarsi sul tetto della baracca (dove voleva atterrare
lui), che una seconda pallottola gli sfiorò la testa.
Juan Ramirez rincorse la
morte. Passò dal portone principale sparando con la doppietta. Fece esplodere
il petto di un rural, gettò la doppietta e corse verso nord, impugnando il
fucile a leva.
La morte rallentò,
facendosi raggiungere. Una pallottola gli portò via il cappello e un’altra
s’inchiodò nel muro a un pelo dal suo naso.
Juan continuò a correre.
Forse, assieme alla mietitrice, rincorreva la propria dignità.
Seth aveva due pallottole
nella Colt.
Fece appello alla gamba
malandata e si rimise in piedi. Impugnò la pistola con la sinistra e fece
fuoco. Mancò il bersaglio, ma il rural fu costretto ad abbassare la testa.
Poi Seth si gettò sul
carro di fieno.
Con la pistola stretta in
pugno.
Quando il rural uscì dal
nascondiglio – vedendolo cadere – Seth fece fuoco. Con la destra lo avrebbe
ucciso; con la sinistra lo beccò alla spalla.
Il carro era inclinato e
si rovesciò del tutto. Seth si ritrovò a terra, malfermo sulle gambe. Il rural
si teneva la spalla con la mano sinistra. Seth notò che l’uomo aveva una
sciabola da cavalleria al fianco.
Era quel tale: Galindez.
E Seth non aveva più
pallottole.
Impugnò il coltello e gli
si gettò addosso. Galindez fece per sparare, ma l’impeto di Seth lo colse all’improvviso,
mandando la pallottola fuori bersaglio.
I due finirono a terra,
Seth sopra il rural. Galindez sentì la pistola scappargli via di mano e affondò
le nocche nel fianco del gringo. Seth gemette. Con la sinistra alzò il
coltello. Ma il rural fu più veloce e gli sferrò un sinistro alla mascella. Seth
vide il mondo ribaltarsi e finì disteso sulla schiena.
Poi Galindez si alzò e
sguainò la spada.
* * *
Lo sceriffo federale
Aurelius Baxter raggiunse Ciudad Saguaro con i suoi uomini. Aveva un mandato
del giudice e l’aiuto dei ranger del Texas. Con lui c’era gente del calibro di
Dallas Falby e Cheyenne Rousen, duri uomini della legge.
Cheyenne, in particolare,
aveva servito come suonatore di “bugle” nella cavalleria degli Stati Uniti, con
precisione nel Settimo Reggimento di cui era stato generale George Armstrong
Custer.
Baxter non aveva fretta e
lo stomaco gli brontolava. Si fermò alla posada, legò il cavallo ed entrò,
facendo tintinnare gli speroni.
Due dei suoi rimasero
fuori, con i fucili; gli altri entrarono.
La posada era piena di
peones e americani chini a parlottare sui tavoli. La poca luce che filtrava
dalle imposte era color bile.
Baxter fiutò la puzza
della paura.
Andò al bancone, dove un
messicano baffuto non lo perdeva di vista un attimo.
«Fate panini imbottiti?»
domandò Baxter.
«Sì señor!» rispose l’uomo.
«E una birra.» disse lo
sceriffo.
«Sì señor.»
«Sapete dire qualcos’altro?»
«Come, señor?»
«Ah, lasciate perdere! Dov’è
lo sceriffo di questa città?» chiese Baxter.
L’uomo non rispose.
Aurelius Baxter cominciava
a spazientirsi. Aprì la giacca e prese dalla tasca interna un foglio piegato in
quattro parti, lo distese sul bancone. C’era disegnata la faccia di un uomo sui
trent’anni.
«Seth Corbin: ladro di
cavalli, assassino, rapinatore di banche.» spiegò Baxter.
L’uomo non rispose.
Lo sceriffo posò un gomito
sul bancone e si sporse, dicendo:
«Sono un agente federale e
ho un mandato di cattura per quest’uomo. dove diavolo è lo sceriffo di qui?»
Nessuno fece un fiato.
Baxter si calmò un poco
quando vide la birra: ne bevve un lungo sorso e fece: «Aaaah!» poi staccò mezzo
panino imbottito con un morso.
Frattanto guardava quella
gente: americani e mangiafagioli, tutti con l’aria intimorita. Che diavolo!
«Ascoltate! Il confine è a
un tiro di fucile, ma qui siamo ancora negli Stati Uniti e io, adesso, sono la
massima autorità in città, perciò dovete dirmi dov’è Seth Corbin! Sono sicuro
che sia passato da qui nella sua fuga verso il Messico. Allora, nessuno sa
niente?» sbottò Baxter.
Poi un uomo, un irlandese
dalla barba lunga, vestito di nero, si girò e disse:
«Io … io ho visto Seth
Corbin.»
«Ah! Bene! Signor … ?»
«Shaugnessy. Ben Shaugnessy.»
«Tu guarda l’ironia della
sorte!» esclamò lo sceriffo.
«Ascoltate, il nostro
problema non è Corbin, ma Don Manuel Hernandez y Azevedo, un ranchero che vive
a cinque miglia da qui, proprio al confine col Messico.» Shaugnessy sedeva al
tavolo della posada, davanti allo sceriffo. Attorno a lui, due Texas ranger dall’aria
cupa lo guardavano in silenzio.
«Io non so niente di
questo Manuel, Shaugnessy. A me interessa Corbin.» replicò Baxter, adagiandosi
contro lo schienale.
«Il punto è,» riprese il
barbiere, «che Corbin si trova là, nella casa di Don Manuel.»
«Tecnicamente,» s’intromise
l’avvocato Fruel, dello studio Fruel & Hendricsson – che si trovava sopra
il Grand Central Hotel, oltre la posada – «lei avrebbe ancora giurisdizione lì,
perché vede …
* * *
Manuel Hernandez y Azevedo
orinò nel pitale reggendosi il membro con la destra; con la sinistra impugnava
il suo LeMat revolver, regalo d’un vecchio confederato.
Don Manuel aveva una
personalità triste e complessa. In quel momento, mentre orinava, i suoi occhi
erano puntati sui giocattoli di Esteban, il gigante. Quei soldatini glieli
aveva regalati lui, Don Manuel. C’era il general de Santa Ana e il gringo
colonnello Travis. C’erano caballeros e miliziani per ricreare la battaglia del
forte Alamo.
Esteban ci giocava all’imbrunire.
Li faceva disporre in formazione da parata e chiamava “el tio” Manuel per
fargli vedere quanto fosse bravo.
E adesso era morto, per
mano di quella puttana!
La sentì mugolare, nell’altra
stanza. L’aveva legata e imbavagliata. Le aveva tolto il coltello: il graffio
che Esmeralda gli aveva fatto sulla guancia sanguinava ancora.
Represse una lacrima,
rimise il pene nei calzoni arabescati, poi uscì dalla stanza.
Uno dei suoi mercenari era
alla finestra, dietro un fucile Henry.
Manuel gli si affiancò e
si sporse. L’altro lo guardò, sorpreso.
«Hay peligro, Don Manuel!»
gli disse.
«Vaja!» il ranchero lo
spinse via brutalmente e guardò dalla finestra.
Laggiù c’era quello smidollato
di Ramirez con un fucile in pugno. Don Manuel ringhiò, alzò la pistola, puntò.
E sparò.
Juan Ramirez sentì il
terreno alzarsi e colpirlo come una clava. Aprì la bocca per respirare. A un
tratto aveva un disperato bisogno d’aria. Sentiva un calore crescergli dentro
il petto e invadergli i polmoni.
Vide i contorni del campo
visivo stringersi, stringersi.
E pensò: sto morendo.
Poi sentì le trombe degli
angeli.
Suonavano una carica di
cavalleria.
Il taglio forte della
sciabola intaccò il pianale del carro, risuonando come un vecchio diapason a un
capello dalla testa di Seth Corbin.
Il gringo fu investito
dalla puzza d’aglio dell’alito di Galindez. Sferrò un sinistro al fianco
scoperto del rural, poi gli diede una ginocchiata allo stomaco.
Galindez fu strappato dall’impugnatura
della spada e caracollò all’indietro.
Seth lo mandò a terra con
un gancio.
Poi svelse la spada dal
carro, e ne appoggiò la punta al petto del rural. La bella divisa gallonata era
ridotta a un cencio adesso.
Galindez guardò Seth e
pensò che, dopotutto, non voleva morire.
«Piedad!» disse.
Ma Seth Corbin lo uccise …
nell’onore. Alzò la sciabola e ne abbatté la lama di piatto sul mozzo di ferro
della ruota. La lama si ruppe.
Seth gettò il troncone di
spada accanto al rural, poi ne prese la pistola da terra.
Qualche attimo dopo,
Galindez si alzò; guardando l’ampia schiena del gringo, strinse i denti e
chiuse le dita della mano sinistra a pugno.
I rurales erano come
impazziti. Don Manuel li guardò sparpagliarsi al suono della carica che
giungeva da fuori.
Poi i battenti del portone
furono spalancati verso l’esterno da una forza tremenda e saltarono dai
cardini.
All’interno del corral si
riversò una torma di cavalieri.
Avevano un trombettiere
con una bombetta nera, che suonava quella dannata carica!
Che ci facevano i gringo
allì? Il suo rancho era in Messico … beh, non tutto, ma nessuno aveva mai osato
…
Strinse gli occhi e fece
una smorfia, quando vide chi altri componeva la posse.
C’era quel Shaugnessy, il
barbiere; c’erano quei legulei, Fruel e Hendricsson; il fabbro, Alvarez; il
padrone del Gran Central, Barret.
Ogni bastardo di Ciudad
Saguaro faceva cacare il proprio cavallo lì, nel suo corral!
Seth si girò e vide il
portale del rancho sparire, divelto. Poi la posse di cavalieri si rovesciò nel cortile,
calpestando e sparando.
Il gringo si affrettò
verso la casa. Entrò.
Quel piano era deserto. Seth
oltrepassò una vasta sala da pranzo, una cucina. C’erano due rampe di scale per
il piano superiore.
Si trascinò fino in cima.
Dal corridoio del piano
superiore apparve un uomo con la divisa grigia; impugnava un fucile. Seth lo
freddò con due colpi e si appiattì al muro.
Girò l’angolo.
Davanti a lui c’erano gli
occhi verdi di Esmeralda. Era legata e imbavagliata. Un hombre dai capelli
bianchi e i baffi neri le puntava una rivoltella alla testa.
Lo hombre aveva un gilet
nero ricamato in oro, una fusciacca rossa e eleganti pantaloni scuri con
arabeschi sui fianchi.
«Quien eres tu?» domandò,
alzando un sopracciglio.
«Mi chiamo Seth Corbin.»
disse, in un ringhio, il cowboy.
«Butta la pistola, Seth
Corbin!» fece Don Manuel.
Il cowboy, tremante di
rabbia, fece per obbedire, ma Esmeralda scosse la testa, con vigore. Seth si
bloccò. Don Manuel ghermì la ragazza per la spalla e la fece ondeggiare
violentemente.
«Butta la pistola he
dicho!» urlò a Seth.
Il cowboy annuì e si
chinò, abbassando l’arma.
In quell’attimo, da basso
si udì il rumore degli stivali di molti uomini.
Poi una voce tuonò: «Seth
Corbin!»
Don Manuel alzò un
sopracciglio: «Quien coño es?» urlò.
Esmeralda gli diede un
calcio con tutta la forza di cui era capace. La rotula di Manuel cedette e il
vecchio ranchero barcollò, afferrandosi a Esmeralda per non cadere.
Tirandola a sé.
E sparando.
Il colpo mancò Seth di un
palmo.
E Seth sparò, a sua volta.
«Esmeralda … »
La donna aveva un fiore di
sangue appena sotto il seno. La camicetta era sporca di rosso rubino.
Seth le aveva tolto il
bavaglio e l’aveva slegata.
Lei lo guardò a lungo, con
quei suoi occhi che sembravano un mare calmo.
Disse il suo nome.
* * *
Lo sceriffo Baxter non
trovò Seth Corbin, ma un vecchio messicano vestito con quegli abiti che i mangiafagioli
consideravano “eleganti” e, poco elegantemente, morto.
Assieme a lui c’era il
cadavere di una donna, forse la figlia. Una bella ragazza sui vent’anni. Le avevano
sparato al petto.
Un colpo di .45.
Cheyenne Rousen portò alla
bocca il bugle da cavalleria e suonò, adagio, il silenzio.
L’aveva trovato fuori dal
portone, mentre gli uomini legavano le corde ai battenti e ai corni da sella.
Quando, dopo aver divelto
i battenti, la posse era entrata nel corral, Cheyenne aveva suonato la carica
con quel vecchio bugle, in memoria dei tempi da soldato.
Ora, dopo l’ultima nota
del silenzio, il ranger s’avvicinò alla finestra e gettò via la tromba. Guardò la
luna scintillare sulla superficie d’ottone.
Baxter ricacciò in Messico
il reparto di rural sbandati, poi partecipò – come rappresentante del governo
federale – alla sepoltura dello sceriffo Ramirez e a quella di Esmeralda Luna.
Don Manuel Hernandez y
Azevedo fu sepolto e dimenticato da tutti.
Tranne da Fruel e
Hendricsson.
I due avvocati riuscirono,
tramite cavilli legali, a spartirsi il rancho. Non solo, misero le mani sulla
hacienda del padre di Esmeralda, che contava buoni acri di terra.
Baxter se ne andò, pieno
di rabbia.
Di Seth Corbin nessuna
traccia.
Fu parecchi mesi dopo che
sulla tomba di Esmeralda Luna venne a pregare un uomo.
Era sui trent’anni. Aveva
cicatrici alla guancia e alla mano destra e indossava una giacca gallonata da rural.
Dal cinturone pendevano un
coltello e un vecchio bugle d’ottone.
Depose un fiore sulla
tomba.
Quando si allontanò, zoppicava dalla gamba sinistra. fine
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