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3. Ciudad Saguaro.
Seth mise l’ultima
pallottola e chiuse il tamburo della pistola. Era una Colt Navy col calcio
pieno di tacche. Il gringo ne contò nove per l’esattezza. Forse erano i peon
che quel bastardo di Esteban aveva ammazzato.
All’alba lasciarono i
cadaveri agli avvoltoi e presero due cavalli.
«Sapete usare il fucile?»
domandò Seth a Esmeralda. Ella annuì. Seth le passò un fucile; tenne per sé la
doppietta (ormai scarica) e un altro fucile. In tutto avevano sedici colpi.
E due coltelli.
«Ciudad Saguaro è laggiù,»
disse Esmeralda a Seth, indicandogli il sole.
Ne avevano parlato:
Esmeralda insisteva per andare in città e appellarsi allo sceriffo Ramirez. Lo
sapeva un onest’uomo, uno dei pochi non sul libro paga di Manuel.
Seth aveva cercato,
invano, di farle cambiare idea.
Ciudad Saguaro si trovava
per metà sul territorio degli Stati Uniti e per metà in Messico. Fino a ché
rimaneva negli Stati, Seth aveva sul collo un bel cappio.
Alla fine lo disse a
Esmeralda, ingarbugliandosi.
«Vedete, señorita … se
questo Ramirez ha un mio ritratto o una foto, c’è la possibilità che … insomma
… » bofonchiò.
«Pero que vos dice?»
domandò lei.
Seth si toccò il cappello
e fece una smorfia:
«Sulla mia testa pende una
spada di … » come si chiamava quel maledetto filosofo?
«De Damocles?» gli venne
in aiuto Esmeralda. Il viso di lui si rasserenò.
«Sì.» disse.
«Entonces non vi chiedo di
scortarmi laggiù, ma io ci devo andare por mi padre y por la gente que Don
Manuel ha matado!» gli occhi di Esmeralda si riempirono di fuoco mentre
parlava.
Seth li fissò a lungo e,
stregato da quel fascino, annuì.
Non aveva fatto niente di
buono in vita sua ed era stato in un sacco di posti. Seth Corbin l’allevatore, Seth
Corbin il derubato, il ladro di cavalli, il ricercato … il rapinatore di
banche.
Adesso stava per cacciarsi
in un altro guaio. E ne aveva una voglia matta, perdio!
Così disse: «Vi
accompagnerò a Ciudad Saguaro, ne andasse della mia vita!»
E morì e resuscitò ancora una volta guardandola negli
occhi.
Ciudad Saguaro stava come
un porco nel brago. Aveva un’aria sbilenca come se rifuggisse il sole a picco e
pendesse verso il tramonto.
Ci arrivarono da ovest,
superando un cimitero di croci di legno.
Il vecchio bordello dal
nome francese – in cui nessuno parlava francese – li guardò dalle finestre
rotte con le sottane delle prostitute stese ad asciugare.
L’ufficio dello sceriffo
si trovava subito dopo la stalla pubblica e lo sceriffo era sulla porta con una
doppietta in mano.
«Brutto segno.» mormorò Seth.
Lo sceriffo aveva capelli
bianchi come tela di ragno e una faccia ragnata di grinze. Aveva la pelle color
cuoio e un cipiglio acquoso.
I cavalieri si fermarono
davanti a lui. Non appena il vecchio riconobbe Esmeralda, i suoi occhi si
sgranarono.
«Hija!» disse.
«Juan … » iniziò
Esmeralda, smontando da cavallo e abbracciandolo, «Don Manuel matò a mi padre y
a todos!» disse.
«Que no lloren, hija, que
no.» lo sceriffo ricambiò l’abbraccio e batté la vecchia mano sulle spalle di
lei. Gli occhi si fermarono su Seth, studiandone la faccia.
Asciugandosi le lacrime,
Esmeralda si staccò dall’abbraccio e indicò Seth.
«Este hombre me ayudò
mucho. Es por el que estoy aqui, ahora, tio Juan.» disse Esmeralda.
Seth salutò toccandosi il
cappello e smontò da cavallo.
«Gracias, señor!» disse lo
sceriffo, stringendogli la mano, «Gracias!»
Ramirez li fece entrare
nell’ufficio, dopo aver guardato a destra e a sinistra. Poi si fece raccontare
tutto.
Alla fine, le lacrime gli
sdrucciolavano sulle rughe, lungo le guance smunte.
«Questa è una città
maledetta.» disse, guardando Seth, come se cercasse comprensione.
«Ma io sono solo,
Esmeralda … e vecchio.» aggiunse.
Seth si appoggiò alla
parete e guardò dalla finestra.
Non c’era un’anima viva in
giro.
«Cosa propone di fare?»
domandò al vecchio.
Ramirez si stropicciò le
palpebre. Con un sospiro disse:
«La conosco da quand’era
bambina, señor … per lei è meglio stare qui: la chiuderò in una delle celle,
mentre voi, señor, andrete alla posada, laggiù, a chiamare i rurales.»
Se c’erano i rurales – i
ranger messicani – allora quella zona non era sotto la giurisdizione degli
Stati Uniti. Seth si rilassò un poco e guardò Esmeralda.
Che annuì.
«Okay allora … » gli occhi
castani di Seth si perdettero in quelli verdi di Esmeralda.
«Vai.» disse ella.
Seth si toccò lo stetson e
uscì.
Per arrivare alla posada
era sufficiente attraversare Main Street. Seth diede un’occhiata in giro. Vide
un abbeveratoio davanti alla posada e, più avanti, un paio di botti.
Non c’erano cavalli, né
carri. Il drugstore era chiuso.
Sfilò il Winchester dalla
sella e mosse la leva. Quando la rialzò, cercò di fare meno rumore possibile.
Attraversò la strada.
Sentì il suolo rovente sotto gli stivali. Annaspò verso l’ombra del portico
della posada.
Spinse le porte con la
canna del fucile.
Lo accolse un odore di
tequila e uova fritte. Fagioli, pancetta. Da quant’è che non mangiava?
Dannazione!
Il buio non sputò neanche
mezzo rural.
Non ebbe bisogno di
sentire le urla di Esmeralda, né il nitrito dei cavalli lanciati al galoppo, per
capire. Capire d’essere stato fregato.
La posada lo risputò fuori
col fucile in pugno. Una pallottola si conficcò nel muro a un palmo dalla sua
testa.
Erano quattro.
Avevano tenuto nascosti i
cavalli sul retro dell’ufficio di Ramirez per tutto il tempo e né Seth, né
Esmeralda s’erano accorti di nulla!
Vide la donna stretta
sulla sella di un pezzato. Il suo rapitore era un ceffo con la divisa da rural
gallonata e una lunga sciabola al fianco.
Dietro di lui, un
bandolero dal poncho variopinto gli sparò, cavalcando.
Seth si gettò in avanti e
rotolò su se stesso. Strinse i denti per il dolore alla gamba. Esmeralda
gliel’aveva fasciata con un lembo della sua gonna.
Il gringo si rialzò e
sparò un colpo. Lo sbuffo di fumo galleggiò per un momento nell’aria. La terra
davanti ai piedi di Seth schizzò via spostata da una pallottola. Il gringo si
ributtò all’interno della posada.
Uscì dopo due rapidi
respiri.
E vide i caballeros già
lontani.
Con Esmeralda.
Come i vermi dopo la
pioggia, gli abitanti di Ciudad Saguaro apparvero dalle loro tombe di legno.
«Señor!» esclamò Ramirez,
accorrendo in lacrime.
Si inginocchiò di fianco
al gringo.
«L’hai consegnata a
Manuel, bastardo!» gli ringhiò Seth.
«Io … »Ramirez farfugliò,
prima di sfiorarsi il viso con le mani. «Io … » disse.
I suoi occhi brillarono e
la sua mano si strinse attorno al braccio di Seth:
«Ascolta, gringo, Manuel è
un malo hombre! Ha in pugno la città e i rurales. Pedro Galindez, quello con la
sciabola, è il suo luogotenente. È un capitan dei rurales, gringo, comprende?»
Seth lo guardò e disse:
«Toglimi quella palla dalla gamba e portami il cavallo
… »... continua
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