(cominciato a scrivere per il concorso di Alex Girola "distopie impure" e poi trasformato in semplice esercizio di scrittura)
Svegliarsi attaccati al soffitto. Essere in ritardo per il lavoro.
Svegliarsi attaccati al soffitto. Essere in ritardo per il lavoro.
Accadeva di nuovo perché…
«…perché una stronza s’è dimenticata di pagare!» urlò
Salvatore.
A sinistra, la lampada, il
comodino e il portatile galleggiavano poco più in alto del letto e delle
coperte.
Più in là c’era la porta
che dava sul corridoio. All’architrave era attaccata una mano.
«Florinda! Minchia!» urlò Salvatore.
Le nocche della mano di
Florinda puntavano verso terra, le unghie verso il soffitto. Poi apparve la
testa: un ovale coperto da una massa di capelli dorati fluttuanti, come alghe,
verso l’alto.
«Scusa Salvo! Che ti devo
dire?» la voce rotta dalla frustrazione, Florinda oltrepassò l’architrave ed
entrò in camera da letto.
«E che mi devi dire! Venti
euro ce li hai?»
«Ma se ci ho fatto la
spesa!» protestò la donna.
«Senti qua! E dobbiamo
andare a prelevare?» fece Salvatore.
«Eh!» disse Florinda.
«Puttana di Eva!»
Salvatore grugnì e camminò sul soffitto, scavalcò l’architrave senza neanche
degnare la moglie di uno sguardo.
«E dove vai?»
«E dove vado! A cercare le
chiavi della macchina!»
«Ma che cerchi? Il “cazzillo”
è collegato pure su quella, Salvo! Se hanno staccato la gravità in casa, pure
la macchina è senza!»
«Minchia!» urlò Salvatore,
«Minchia!» ripeté.
Gattonò sino alla finestra
e guardò fuori.
Tre automobili fluttuavano
in aria come palloncini gonfiati all’elio. Una era la Punto ELX rossa di
Salvatore.
Proprio in quel momento,
la vettura si girò adagio e continuò a salire.
Sul lunotto, a mo’ di
avvertimento, il primo proprietario (la macchina era usata) aveva attaccato un
grosso adesivo.
“La forza che ti serve è
appena lo 0,3% di quella di gravità. 20 euro al dì e stai coi piedi per terra!”
C’era anche uno “smile”
alla fine.
Salvatore scosse la testa
e chiuse gli occhi. La sommità del capo sfregò contro lo stucco del soffitto.
«Minchia non ce la faccio
più così!» urlò, divenendo rosso. Un pacchetto di fazzoletti sgusciò dalle tasche
del pigiama per fluttuargli davanti al naso.
«Ma che colpa ne ho io!»
disse Florinda.
«Porca puttana! E siamo
sempre risicati per pagare ’sta cazzo di gravità!»
«E guarda, ci vado io al
bancomat, vah…» sbottò la donna.
«Lascia stare!» la voce di
Salvatore si riempì d’amarezza, «Non è colpa tua… solo che… si può vivere così?
Ma che società di merda è?»
Florinda non disse niente.
«Ci fanno pure pagare la
gravità, ci fanno.» mormorò Salvatore.
«Senti, non andare fuori…»
«M’attacco a qualcosa,
Flori, che devo fare?»
«E se facciamo un
bonifico?»
«Meno di cento euro non
puoi e poi con che minchia pago, che non m’è arrivato ancora lo stipendio?»
«E con la carta di
credito?»
«Eh, ma lo sai l’indirizzo
del sito?»
«Qua ce l’ho! Su Safari…
c’è il collegamento e l’account.»
«Io non so come minchia
funzionano ’ste cose Flori.»
«E dammi il numero della
carta che faccio io vah.»
«Eh, a trovarla, la
carta!»
«Nel portafoglio?» azzardò
Florinda.
«Già, ma il portafoglio
dove minchia è?»
«Senti, telefono a mio
padre, vah.»
«No Flori! Già quello mi
considera un cretino!»
Florinda stava strisciando
sul soffitto per raggiungere il cordless (che navigava come il resto delle cose
nell’appartamento).
Salvatore si staccò dalla
finestra e cercò di raggiungerla.
Florinda afferrò il
cordless e compose il numero in memoria.
«No Flori!» urlò
Salvatore.
«Papi, ciao… sì, ciao…
seeenti… siamo rimasti senza gravità… eh come perché? Mi sono dimenticat… uhm
sì, uhm, no ma guarda che Salvo non ha… uhm… aspe’… me lo fai subito? Senti, mi
dispiace di darti incomodo… va bene, va bene. L’account gravità è, tutto
minuscolo, salvocomparato87 chiocciolina cittàpalermo4 punto it… sì, va bene…
grazie Papi, un bacio, saluta Mamma, okay? Okay…»
E mise giù.
Qualche minuto dopo, la
macchina di salvo fece un volo di dieci metri.
Non aveva voglia d’andare
al lavoro, perciò s’era dato malato e – dopo aver fatto portare la macchina
all’officina di Iachino – era andato a piedi sino al Nuovo Parco della
Favorita.
Come nel vecchio parco,
nella Città di Sopra, c’erano “buttane” e ragazzini “malacarne” che impennavano
con lo scooter. Solo che qui, nella Città Nuova, questi picciotti avevano
modificato i Garelli per sospendere la gravità a comando, tramite la pressione
di un tasto.
Facevano delle evoluzioni
mostruose.
Gli squillò il cellulare.
«Iachino…» mormorò
Salvatore, rispondendo.
«Ciao Iachino… eh… sì
certo… eh… sì… come? …eh, immaginavo… minchia! tremila? Ma manco li vale la
macchina tremila… uhm, va bene… e… che devi fare? Senti, ti do la risposta
stasera, va bene? Okay, ciao… ciao.»
Chiuse la telefonata e
sospirò.
«Mavafanculu!» disse al mondo.fine
Il mio socio Vale mi ha parlato del concorso creato da Alex Girola: distopie impure. Vale partecipa, così mi sono detto: lo copio e partecipo anch'io. Il problema è che non mi viene in mente nulla da scrivere (tanto la scadenza del concorso è a fine Gennaio). L'unica roba che mi era venuta in mente è questa cosa della gravità a pagamento, ma ne ho tirato fuori una storia che, dopo cinque minuti, mi ha annoiato. Allora ho fatto finire la storia al volo. La considero più un esercizio di scrittura che un racconto e non la manderò al concorso.
RispondiEliminaEcco perchè ve l'ho pubblicata qui.
Ecco anche il link per il concorso!
http://alessandrogirola.me/2013/09/09/distopie-impure-bando-del-concorso/
Saludos
Ma dai, è simpatica! Solo che non ha una vera trama, è solo ambientazione. Ma è divertente! :-)
RispondiEliminaIl Moro
No, esatto! non ha una vera trama :D
Eliminami era venuta in mente l'immagine di questi tamarri che impennano coi motorini e poi annullano la gravità con un tasto per fare evoluzioni paura et voilà ;)
Saludos!