Karl Maria Wiligut accese
una sigaretta e guardò il calendario. Ventuno giugno, anno 1942. Il solstizio d’estate.
Sentì, o credette, le
forze magiche, che permeavano la terra, salire dentro le mura del castello e
fargli vibrare le punte dei piedi.
Prese il bastone di
quercia, intagliato con simboli runici, e aprì la finestra, per respirare il
gelo d’estate.
Vide il Picco
Inaccessibile discendere scabroso e infilarsi nella bruma mattutina, attraverso
cui sorgevano, come isole, le cime degli alberi.
L’aria era elettrica.
Wiligut appoggiò il
bastone al davanzale e cercò una sigaretta.
Poi bussarono alla porta.
Il Mago si accigliò e si
girò: «Avanti!»
Non gli piacevano le
intrusioni nel suo ufficio. Quella stanza gli era stata assegnata da “Heini”
Himmler e Wiligut l’aveva fatta diventare il suo regno. Aveva scolpito idoli
pagani, aveva raccolto reliquie dei nibelunghi e una testa di ustmerc.
Essa campeggiava sul suo
tavolo da lavoro, fra pile di libri esoterici e documenti segreti. Era un
cranio prognato dalla nuca lunga e profonda. Le orbite vuote erano grandi
ciascuna come il pugno di Wiligut e poggiavano sul cranio frontalmente. La mandibola
finiva in una specie di becco tronco, dove avrebbe dovuto esserci l’Unico
Dente. Non era chiaro come usassero quell’appendice gli ustmerc. Il medico personale del Fuhrer, in visita per studio ad Asgard, aveva detto che “quei
sottosviluppati usano il dente per nulla di buono”.
Wiligut, invece, preferiva
pensare al mostruoso cranio come un portamatite. Teneva le sue accuratamente
temperate dentro le orbite; le prendeva e le usava per tracciare esili rune sui
fogli d’appunti.
Sentì il cigolio dei
cardini – avevano costruito l’Artiglio da nemmeno due anni e già le porte
facevano quel rumore – e vide la figura alta e bionda di Reinhard Heydrich, il
capo dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich.
Reinhard Heydrich |
Heydrich entrò con passo
elastico, fumando una sigaretta. Il suo viso sparì in una nube, per un attimo,
e riapparve, serio. Gli occhi di Heydrich erano puntati sul cranio poggiato sul
tavolo.
«A cosa devo la visita,
generale?» tagliò corto Wiligut, tastandosi per cercare le sigarette.
Heydrich distolse lo
sguardo dal cranio, deglutì e disse:
«Il Fuhrer farà ritorno
oggi in Germania e voglio assicurarmi che la Porta regga.»
«Oggi?» il Mago sembrò
sconcertato; sgranò gli occhi ed ebbe un sussulto, «Ma … è il ventun giugno,
generale! Celebrerò il solstizio d’estate alla presenza delle SS e dei
nibelunghi convertiti a Krist … non è possibile … »
Heydrich alzò un
sopracciglio:
«Lei sta dicendo che il
Fuhrer deve chiederle il permesso, herr
Mago?»
Wiligut arrossì, chiuse la
bocca e la riaprì, annaspando:
«Nient’affatto, solo che …
per una questione diplomatica, i nani potrebbero risentirsi se il Fuhrer … »
«Voglio essere chiaro con
lei,» lo interruppe Heydrich, «Hitler è stanco di giocare ai cavalieri
medievali. Vuole cifre, numeri, herr
Mago! Ho incaricato Eichmann e Kaltenbrunner di accelerare la stima dei metalli
estratti fin’ora. Ci servono: petrolio, ferro, tungsteno, manganese. Ci serve
oro, e argento!
“Il Fuhrer ci ha dato un
obiettivo di dieci milioni di Reichsmark per quest’anno, herr Wiligut, e non c’è posto per le sue baggianate religiose, ci
siamo capiti?
«Herr Heydrich!» il Mago
gonfiò il petto e ghermì il suo bastone, per trovar conforto nella superficie
scavata di segni antichi, «Per merito mio esiste la Porta! Per merito mio e di
quelle che lei chiama “baggianate”!»
«Se non lo sa,» replicò
Heydrich, puntando la sigaretta verso Wiligut, «è in corso l’invasione dell’Unione
Sovietica, che ci costa uomini e mezzi come nient’altro! quei maledetti nani
scavano lentamente e la Porta tremola, impedendoci di fare arrivare pompe,
trivelle e maledetti picconi!
“Dunque,» improvvisamente,
il generale cambiò tono, mischiando un basso sussurro a un’aria melliflua,
«ripari quella specie di pozza verde.»
«Lei non ha potere su di
me, herr generale.» disse Wiligut.
Heydrich alzò un
sopracciglio e fece una risata: «Dice?»
Il Mago deglutì, perché
sapeva riconoscere un uomo pericoloso.
Tentò un ultimo assalto:
«Asgard è il lebensraum della razza germanica.»
Che Heydrich rintuzzò con
un sorriso:
«Asgard è un suo
capriccio, herr Wiligut ed è un posto
che rende poco. Il lebensraum
germanico è l’Europa, dove il Fuhrer si recherà fra qualche ora e dove le
divisioni corazzate della Wermacht avanzano tra le steppe.
“E adesso, studi i suoi testi
magici per calmare le acque di quella fottuta piscina e speri che non ci voglia
l’anello che s’è fatto rubare da Hess!
Heydrich spense la sigaretta
sul teschio e sorrise, poi si girò e afferrò la maniglia della porta, si fermò
e disse:
«Questo posto è buono solo
per metterci gli ebrei.»
Heydrich uscì, regalando a
Karl Maria Wiligut una bella dose di acidità di stomaco.
testa di simil-ustmerc: non ne avete una anche voi a casa? |
Rimasto solo, prese il
teschio di ustmerc e lo ripulì dalla cenere; soffiò sul lucido, bianco, osso e
ripose il cimelio, sistemando accuratamente le matite.
Poi andò all’altra
finestra. Dava sul cortile interno; Wiligut l’aprì e guardò giù.
Il campo ferveva d’attività
militare: reparti d’artiglieria spostavano cannoni e mortai, caricandoli sui
muli. I mitraglieri si esercitavano con le armi.
Al centro, in canottiera e
bretelle nonostante il freddo, il capo delle SS “Heini” Himmler sparava con la
sua Luger a quattro haftlinge ebrei, mezzi congelati.
Wiligut cambiò ancora
finestra e rivolse il suo sguardo più a Nord, dove c’era la pista d’atterraggio.
Ora che il Messerschmitt
di Hess aveva tolto le tende, la pista veniva trasformata nel primo lager di
Asgard.
Il Fuhrer ci avrebbe messo
gli ebrei, i criminali, gli handicappati e tutti gli elementi indesiderabili. L’avrebbe
riempito di untermensch, insomma.
Wiligut non poteva
permetterlo. Abbracciò con lo sguardo ancora una volta la sua Asgard e tornò al
tavolo.
Poi prese il teschio e lo
fissò a lungo, nelle orbite vuote.
«Essere o non essere.» borbottò.
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