mercoledì 5 giugno 2013

Essere o non essere - racconto della serie "Asgard - dall'altra parte del portale"




Karl Maria Wiligut accese una sigaretta e guardò il calendario. Ventuno giugno, anno 1942. Il solstizio d’estate.
Sentì, o credette, le forze magiche, che permeavano la terra, salire dentro le mura del castello e fargli vibrare le punte dei piedi.
Prese il bastone di quercia, intagliato con simboli runici, e aprì la finestra, per respirare il gelo d’estate.
Vide il Picco Inaccessibile discendere scabroso e infilarsi nella bruma mattutina, attraverso cui sorgevano, come isole, le cime degli alberi.
L’aria era elettrica.
Wiligut appoggiò il bastone al davanzale e cercò una sigaretta.
Poi bussarono alla porta.
Il Mago si accigliò e si girò: «Avanti!»
Non gli piacevano le intrusioni nel suo ufficio. Quella stanza gli era stata assegnata da “Heini” Himmler e Wiligut l’aveva fatta diventare il suo regno. Aveva scolpito idoli pagani, aveva raccolto reliquie dei nibelunghi e una testa di ustmerc.
Essa campeggiava sul suo tavolo da lavoro, fra pile di libri esoterici e documenti segreti. Era un cranio prognato dalla nuca lunga e profonda. Le orbite vuote erano grandi ciascuna come il pugno di Wiligut e poggiavano sul cranio frontalmente. La mandibola finiva in una specie di becco tronco, dove avrebbe dovuto esserci l’Unico Dente. Non era chiaro come usassero quell’appendice gli ustmerc. Il medico personale del Fuhrer, in visita per studio ad Asgard, aveva detto che “quei sottosviluppati usano il dente per nulla di buono”.
Wiligut, invece, preferiva pensare al mostruoso cranio come un portamatite. Teneva le sue accuratamente temperate dentro le orbite; le prendeva e le usava per tracciare esili rune sui fogli d’appunti.
Sentì il cigolio dei cardini – avevano costruito l’Artiglio da nemmeno due anni e già le porte facevano quel rumore – e vide la figura alta e bionda di Reinhard Heydrich, il capo dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich.

Reinhard Heydrich
Heydrich entrò con passo elastico, fumando una sigaretta. Il suo viso sparì in una nube, per un attimo, e riapparve, serio. Gli occhi di Heydrich erano puntati sul cranio poggiato sul tavolo.
«A cosa devo la visita, generale?» tagliò corto Wiligut, tastandosi per cercare le sigarette.
Heydrich distolse lo sguardo dal cranio, deglutì e disse:
«Il Fuhrer farà ritorno oggi in Germania e voglio assicurarmi che la Porta regga.»
«Oggi?» il Mago sembrò sconcertato; sgranò gli occhi ed ebbe un sussulto, «Ma … è il ventun giugno, generale! Celebrerò il solstizio d’estate alla presenza delle SS e dei nibelunghi convertiti a Krist … non è possibile … »
Heydrich alzò un sopracciglio:
«Lei sta dicendo che il Fuhrer deve chiederle il permesso, herr Mago?»
Wiligut arrossì, chiuse la bocca e la riaprì, annaspando:
«Nient’affatto, solo che … per una questione diplomatica, i nani potrebbero risentirsi se il Fuhrer … »
«Voglio essere chiaro con lei,» lo interruppe Heydrich, «Hitler è stanco di giocare ai cavalieri medievali. Vuole cifre, numeri, herr Mago! Ho incaricato Eichmann e Kaltenbrunner di accelerare la stima dei metalli estratti fin’ora. Ci servono: petrolio, ferro, tungsteno, manganese. Ci serve oro, e argento!
“Il Fuhrer ci ha dato un obiettivo di dieci milioni di Reichsmark per quest’anno, herr Wiligut, e non c’è posto per le sue baggianate religiose, ci siamo capiti?
«Herr Heydrich!» il Mago gonfiò il petto e ghermì il suo bastone, per trovar conforto nella superficie scavata di segni antichi, «Per merito mio esiste la Porta! Per merito mio e di quelle che lei chiama “baggianate”!»
«Se non lo sa,» replicò Heydrich, puntando la sigaretta verso Wiligut, «è in corso l’invasione dell’Unione Sovietica, che ci costa uomini e mezzi come nient’altro! quei maledetti nani scavano lentamente e la Porta tremola, impedendoci di fare arrivare pompe, trivelle e maledetti picconi!
“Dunque,» improvvisamente, il generale cambiò tono, mischiando un basso sussurro a un’aria melliflua, «ripari quella specie di pozza verde.»
«Lei non ha potere su di me, herr generale.» disse Wiligut.
Heydrich alzò un sopracciglio e fece una risata: «Dice?»
Il Mago deglutì, perché sapeva riconoscere un uomo pericoloso.
Tentò un ultimo assalto:
«Asgard è il lebensraum della razza germanica.»
Che Heydrich rintuzzò con un sorriso:
«Asgard è un suo capriccio, herr Wiligut ed è un posto che rende poco. Il lebensraum germanico è l’Europa, dove il Fuhrer si recherà fra qualche ora e dove le divisioni corazzate della Wermacht avanzano tra le steppe.
“E adesso, studi i suoi testi magici per calmare le acque di quella fottuta piscina e speri che non ci voglia l’anello che s’è fatto rubare da Hess!
Heydrich spense la sigaretta sul teschio e sorrise, poi si girò e afferrò la maniglia della porta, si fermò e disse:
«Questo posto è buono solo per metterci gli ebrei.»
Heydrich uscì, regalando a Karl Maria Wiligut una bella dose di acidità di stomaco.

testa di simil-ustmerc: non ne avete una anche voi a casa?
Rimasto solo, prese il teschio di ustmerc e lo ripulì dalla cenere; soffiò sul lucido, bianco, osso e ripose il cimelio, sistemando accuratamente le matite.
Poi andò all’altra finestra. Dava sul cortile interno; Wiligut l’aprì e guardò giù.
Il campo ferveva d’attività militare: reparti d’artiglieria spostavano cannoni e mortai, caricandoli sui muli. I mitraglieri si esercitavano con le armi.
Al centro, in canottiera e bretelle nonostante il freddo, il capo delle SS “Heini” Himmler sparava con la sua Luger a quattro haftlinge ebrei, mezzi congelati.
Wiligut cambiò ancora finestra e rivolse il suo sguardo più a Nord, dove c’era la pista d’atterraggio.
Ora che il Messerschmitt di Hess aveva tolto le tende, la pista veniva trasformata nel primo lager di Asgard.
Il Fuhrer ci avrebbe messo gli ebrei, i criminali, gli handicappati e tutti gli elementi indesiderabili. L’avrebbe riempito di untermensch, insomma.
Wiligut non poteva permetterlo. Abbracciò con lo sguardo ancora una volta la sua Asgard e tornò al tavolo.
Poi prese il teschio e lo fissò a lungo, nelle orbite vuote.
«Essere o non essere.» borbottò.

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