mercoledì 25 gennaio 2012

In cammino - 3

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« Ora il problema si pone. Guerra o pace? Resa a discrezione o resistenza a oltranza?...Dichiaro nettamente che l'Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all'Italia. L'Inghilterra vuole un secolo innanzi a sè, per assicurarsi i suoi cinque pasti. Vuole occupare l'Italia, tenerla occupata. E poi noi siamo legati ai patti. Pacta sunt servanda. »
(Mussolini al termine del discorso introduttivo nella seduta del Gran Consiglio)


« Pacta sunt servanda? Si, certamente: però, quando vi sia un minimo di lealtà anche dall'altra parte. Ed invece, noi italiani abbiam sempre osservato i patti, i tedeschi mai. Insomma, la nostra lealtà non fu mai contraccambiata. Noi non saremmo, in ogni caso, dei traditori ma dei traditi. »
(Galeazzo Ciano)

« Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza »
(Pietro Badoglio)

Fausto girava per la stazione centrale di Milano: aveva un cappotto, l’aria da sbandato, i capelli a zero. Non sapeva dove andare, era senza soldi. La divisa l’aveva lasciata in Francia, dopo esser scappato dal campo di prigionia; la pistola, la sua bella Beretta M34, con l’anno di fabbricazione in numeri romani sulla canna, che oliava e puliva con amore, gliel’avevano portata via le guardie tedesche.
Dopo l’armistizio di Cassibile, la IV Armata si era sfasciata come un arco privo della chiave di volta. E Fausto era stato preso nel fiume in piena di militari che gettavano le armi e le divise e scappavano dai rastrellamenti tedeschi.
Era fuggito con Iaco, Mimmo, Salvo e gli altri della prima squadra. Avevano portato qualcuno dell’entourage del tenente, come il goniometrista e il segnalatore. Del tenente non ne avevano saputo più nulla, perché i tedeschi mettevano gli ufficiali in sezioni separate del campo.
«Rischiate la fucilazione!» gli avevano detto i compagni del 78° Reggimento.
Che siamo, disertori? Banditi? Manco lo so più, pensava Fausto.
Avevano camminato tanto, in Francia, avevano aggirato le colonne tedesche. Avevano visto cittadine intere prese d’assalto dalle camionette e dai soldati urlanti. Avevano dormito all’addiaccio, nei boschi francesi, accolti dal mormorio di un ruscello, e mangiato gallette dure.
Una notte, Fausto non riusciva a prendere sonno e si era messo di sentinella all’entrata della grotta dove lui e gli altri avevano trovato rifugio. Accanto, sedeva il goniometrista. Con lui si poteva parlare italiano.
«E tu, sergente? Che facevi prima?» domandò l’uomo a Fausto.
«E che facevo?» il sergente si strinse nelle spalle e assunse un’aria desolata. «Niente, studiavo. Sono geometra.» disse.
«E sei di Palermo?» domandò il goniometrista.
«Sì, di Palermo.»
«Sembri diverso dal resto della truppa.» disse il goniometrista, indicando Iaco, Salvo e Mimmo che dormivano al sicuro nella grotta.
«Come “diverso”?» domandò Fausto, sorridendo e sentendosi, nel contempo, a disagio.
«Eh, “diverso”.» fece l’altro. «Sembri di buona famiglia… che sei, ricco?»
Fausto pensò a suo padre, l’ingegner Salvatore, che aveva inventato e brevettato un rivoluzionario materiale edile e che era morto giovane, lasciando la moglie e i quattro figli; pensò a sua madre, la Marchesa Iole dei Vella di Sala Salazar Pepoli, che sposando un borghese aveva perduto ogni titolo; pensò che, quand’era vivo suo padre, a Palermo lui e la famiglia erano gli unici a girare con un’enorme FIAT Balilla con tanto di chaffeur.
Ricco? Si sentiva “ricco”, lui?
«No,» disse, «non sono ricco.»

continua

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