martedì 1 luglio 2014

La solita storia - articolo


"Ma quante ne so!"

Tutte le storie mi sembrano uguali. Sono tutte derivative e per una ci sono migliaia di storie sosia. L’eroe, il guerriero, l’eroina. Il cowboy, l’investigatore, il personaggio storico, l’archeologo, l’avventuriero. L’uomo innamorato della donna. Il killer. È sempre tutta la solita stessa storia ed è difficilissimo, se non impossibile, uscire dallo schema. Certo, per esempio, London ha scritto di Zanna Bianca, quindi ha dato la parte del protagonista a un cane, ma nel cane noi possiamo benissimo identificarci e dunque che cos’è Zanna Bianca se non un uomo travestito? Dunque come possiamo far sì che una storia non sia la storia che tutti gli scrittori del mondo scrivono?

Non ne ho idea. Agire sui meccanismi della trama mi sembra riduttivo, perché alla fine, si creerebbe sempre la solita storia. Si scrive quasi sempre dalla prospettiva di un maschio, bianco, mediamente giovane. Lui è il protagonista, in lui il lettore si identifica subito, ma la storia è sempre la stessa. Ammetto che, essendo bravi e originali, si può rendere questo stereotipato protagonista maschio bianco mediamente giovane appetibile per il lettore, ma la storia rimarrà sempre la stessa. Le cose cambiano di poco usando una donna. Anche lì tutte le variabili possibili sono state esplorate, credo. Forse si potrebbe usare un maschio, mediamente giovane, ma nero… però anche lì, la solita vecchia storia.

Bohannon spacca!
In Z la formica abbiamo avuto un cambio di specie, dunque il protagonista è una formica. Ma anche lì, la formica Z, pur facente parte di una complessa collettività, non è il solito travestimento del maschio, bianco, mediamente giovane? Mi chiedo se non lo sia pure il maschio, nero, mediamente giovane, a questo punto.
Dunque, questa è una cosa, un dilemma, che mi sta spingendo a non scrivere più. Spero di trovare la soluzione, perché io adoro scrivere. Mi sono ripromesso di scrivere solo storie reali, cioè cose successe a me – e dunque il protagonista sarei io, come punto d’osservazione – ma mi scopro un po’ riluttante a raccontare pezzi della mia vita a un blog o a darli a una raccolta di racconti. Eppure ne ho: ho bei ricordi, brutti ricordi. Sarebbero racconti, ma mai nessuno si srotolerebbe in un romanzo.
Tornando alla fiction, come facciamo a togliere il maschio bianco o nero di mezzo? Capite, qui si va al di là della compagnia di eroi che è la solita compagnia di eroi… qui si va al fulcro delle storie, di tutte le storie della specie umana, perché fin da quando l’uomo ha cominciato a scrivere e disegnare, ci ha messo se stesso come protagonista… ne sono un esempio i bellissimi disegni delle grotte di Lescaux. L’uomo si è sempre messo al centro della sua arte narrativa, perché l’arte narrativa è sua e se ci mettesse un’altra cosa, non varrebbe la pena di creare quel tipo di arte, no? Ma se uno volesse farlo lo stesso?

il plancton... spacca!

Potrei scrivere una storia sul plancton del mare? Su una cosa talmente lontana dall’uomo da non potercisi identificare. Ma… servirebbe? A chi o a che servirebbe? Però, d’altro canto, se scrivo la storia del ragazzino, del cowboy, del soldato, dell’avvocato, del giornalista, del lavoratore, dell’investigatore, sarà sempre la storia del solito ragazzino, del solito cowboy, del solito… no?
Che cacchio fa il plancton in mare? Quanto sarebbe lunga una storia così? Che cosa prova il plancton?

Saludos!

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