giovedì 6 novembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 5






Era lungo appena un metro e il coccodrillo se lo girò nell’acqua facilmente e gli strappò la testa. Lo squalo decapitato cercò di fuggire e il coccodrillo se lo ingoiò intero. Distrusse così un bestione pigro di due metri e un altro squalo nutrice di appena novanta centimetri. Poi si lasciò scivolare in acque più alte. Navigò assieme ai pesci pappagallo e ai pesci pilota. Spostò uno sparuto branco di squali pinna nera e si spinse nel territorio dei rissosissimi grigi. Il coccodrillo si lasciò dietro parecchi chili di merda accumulati negli intestini. Nuotò leggero, orinando nell’acqua e spingendosi sull’orlo della barriera. Gli squali grigi cominciarono la loro danza aggressiva. Le pinne pettorali del più grosso erano completamente all’ingiù e la gobba da gatto era pronunciatissima. Destra, sinistra, sinistra, destra… il coccodrillo li lasciò fare. Nuotava semisommerso, con la bocca aperta e la speciale valvola chiusa a impedire che gli entrasse acqua in gola. Il grigio attaccò nello stesso momento in cui il coccodrillo si ficcava sotto. Il muso dello squalo stridette sui fianchi scagliosi del bestione. Il coccodrillo si girò e staccò mezzo fianco al grigio.
Una nube di sangue si sfilacciò nell’acqua. Il coccodrillo spezzò lo squalo in due. La coda fu addentata dai compagni grigi. La testa finì dritta dentro il coccodrillo. Il sangue attirò parecchi squali, compreso il pinna nera col suo pesce pilota. La grande lucertola li lasciò fare e passò oltre.
L’olfatto finissimo e trent’anni di conoscenza di quelle acque lo condussero al territorio di caccia di certi pesci.
Placida e inesorabile, la lucertola passò di fianco alla nuova tana della femmina di squalo toro. Essa uscì per attaccarlo. Bastò un movimento del bestione per ricacciarla indietro.
Più in là, lontano dalla barriera, coi suoi dodici metri e la sua livrea punteggiata di stelle sul dorso, uno squalo balena aspirava vortici d’acqua. Ne aveva risucchiato un milione di litri quel giorno, spingendosi con la testa in superficie e muovendola a destra e a sinistra, convogliando l’acqua verso le branchie e singhiozzando per spingerla nei filtri e nell’esofago. S’era mangiato milioni di diatomee, di protozoi, di alghe unicellulari, di micro-gamberetti, di larve. E ora si faceva cullare dagli ultimi raggi del tramonto, pronto a lasciarsi preda delle correnti che venivano dall’altipiano sottomarino.
Un paio di bestioni di due metri dal dorso brunastro, con numerose macchie e strie trasversali, incrociavano dalle parti del coccodrillo. Erano giovani squali tigre ed erano a caccia. Avevano ingoiato e maciullato parecchi pesci, ma erano lungi dal sentirsi sazi. Le strie sul loro corpo erano meno visibili nella femmina di cinque metri che li seguiva dappresso. Gli squali s’inabissarono, per lasciarle campo libero. La femmina s’infilò in un branco di pesci, disperdendoli e attaccandone qualcuno. Le sue ampolle captarono qualcosa. Doveva essere grande e avanzava fluida nello spettro d’acqua alla sua sinistra. La femmina si girò e cominciò una manovra d’avvicinamento. S’inabissò e puntò da sotto, distinguendo, contro i raggi dell’ultimo sole, una vasta sagoma nera. Gli squali tigre non erano originari di quelle acque, perciò né i giovani, né lei conoscevano il coccodrillo. Erano arrivati da poco e cercavano di inserirsi in quella catena di caccia e beccata dell’ecosistema dell’altipiano. Si avventuravano, ogni tanto, nel territorio dei grigi e avevano spopolato quasi completamente il proprio.
Questo portò la femmina al coccodrillo. Era una bestione di cinquecento chili e filava via come un siluro. Affrontò un’incredibile ascensione per arrivare sotto il coccodrillo. Il rettile se n’era accorto e l’aspettava. Si era tenuto apposta in una zona d’acqua mista, per evitare che gli squali usassero il combattimento a tre dimensioni che li rendeva superiori in profondità. Facendosi scivolare su un fianco, il coccodrillo aprì e chiuse le mandibole.

continua...

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