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venerdì 28 novembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 6 - epilogo


The Blue Marlin Leaping To Eat - Terry Fox


Schizzò acqua e mancò il pesce. La grossa femmina s’inabissò e fece un paio di giri. Il morso di prova era andato a vuoto e non le aveva fatto capire che cavolo di bestia fosse quella. Lo squalo si sentiva nervoso e i suoi canali di muco vibravano in continuazione sotto la pelle grigia. Con la manovrabilità di un caccia, virò e tornò a puntare il muso in alto. L’acqua le sdrucciolò lungo i fianchi mentre prendeva velocità. Gli occhi si chiusero dietro una membrana protettiva, mentre la bocca si apriva per il morso. Poi, essa sentì sui denti una pelle scagliosa, che cercò di sbriciolare, e un morso tremendo le strappò le branchie. Si sentì disorientata e cercò di spostarsi. Qualcosa la tratteneva. Il coccodrillo le strappò la pinna pettorale sinistra o e la sventrò. Utero e intestini uscirono assieme a una nuvola di merda e sangue. La lucertola si fece colare in bocca un grosso pezzo di squalo, poi ficcò la testa per controllare la situazione. Vide il corpo inabissarsi, lasciandosi dietro una scia rossa, come fosse un aereo colpito.

giovedì 6 novembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 5






Era lungo appena un metro e il coccodrillo se lo girò nell’acqua facilmente e gli strappò la testa. Lo squalo decapitato cercò di fuggire e il coccodrillo se lo ingoiò intero. Distrusse così un bestione pigro di due metri e un altro squalo nutrice di appena novanta centimetri. Poi si lasciò scivolare in acque più alte. Navigò assieme ai pesci pappagallo e ai pesci pilota. Spostò uno sparuto branco di squali pinna nera e si spinse nel territorio dei rissosissimi grigi. Il coccodrillo si lasciò dietro parecchi chili di merda accumulati negli intestini. Nuotò leggero, orinando nell’acqua e spingendosi sull’orlo della barriera. Gli squali grigi cominciarono la loro danza aggressiva. Le pinne pettorali del più grosso erano completamente all’ingiù e la gobba da gatto era pronunciatissima. Destra, sinistra, sinistra, destra… il coccodrillo li lasciò fare. Nuotava semisommerso, con la bocca aperta e la speciale valvola chiusa a impedire che gli entrasse acqua in gola. Il grigio attaccò nello stesso momento in cui il coccodrillo si ficcava sotto. Il muso dello squalo stridette sui fianchi scagliosi del bestione. Il coccodrillo si girò e staccò mezzo fianco al grigio.

lunedì 27 ottobre 2014

Plancton - racconto a puntate - 4





Pochi centimetri d’acqua brillavano al primo sole sui dorsi degli squali nutrice. Queste piccole bestie se ne stavano le une attaccate alle altre, immerse nei canali vicinissimi alla costa e sulle spiagge, fra labirinti di mangrovie e piante acquatiche.
Verso l’abisso, sull’orlo della barriera, un gruppo di squali grigi piuttosto piccoli aveva fatto fuori una lampuga di due metri e se ne stava spartendo la carne bianca, sfilacciosa. Tre di questi squali calarono in picchiata lungo la parete, fino a raggiungere una bio-costruzione multicolore di piccole canne pietrificate e ombrelli di funghi sottomarini. Mentre gli squali se ne stavano lì a ciondolare, le loro ampolle di Lorenzini captarono qualcosa. L’enorme femmina di squalo toro era uscita dalla tana, disturbata dagli intrusi. Gli squali grigi non riuscivano a distinguerne la forma, coi loro piccoli occhi dalla fessura verticale, ma sapevano che era lì e esattamente a che distanza. Erano profondamente seccati. Il più grosso – superava di poco il metro e mezzo – cominciò la danza d’allarme. Buttò le pinne pettorali in basso, assunse una posa ingobbita e cominciò a nuotare esageratamente da destra a sinistra e viceversa. Lo squalo toro prese a nuotare in un modo più fluido, tenendo d’occhio il grigio. Scivolò via, lasciando il campo ai tre grigi. Era una femmina grossa, certo, ma gli squali grigi, col loro carattere particolarmente aggressivo, riuscivano spesso a intimidire bestie ben più grandi.

giovedì 25 settembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 3




 
Il polpo si era lasciato cadere mollemente sui tentacoli, sdrucciolando lungo la parete. Aveva evitato la tana della polpessa e puntava per il fondale sabbioso, appena illuminato dagli ultimi raggi del sole. Era un tipo cauto e non faceva che cambiare colore. Si adattava ai toni dei coralli rapidamente, stava fermo per un po’, per assicurarsi che nessuno facesse caso a lui, e riprendeva a scendere. Sapeva dell’aragosta dalla grande corazza, ma non la giudicava un obiettivo fattibile, non per il momento. E poi quella viveva sulle rocce, fra i coralli, nella sua tana piccola piccola.
In quattro anni, il polpo più volte aveva osservato un fenomeno interessante. Sul fondo, in mezzo a una distesa deserta di sabbia, c’erano due enormi rocce. Erano cadute lì da chissà quanto – per il polpo c’erano sempre state – e avevano la superficie coperta da piccoli buchi senza uscita. Le aragoste più piccole le usavano come tana. C’erano famiglie intere di crostacei che vivevano lì. Il polpo si lasciò cadere e scese al livello del fondale. Esplorò per un po’ i dintorni e poi si nascose fra le due rocce. In mezzo, c’era una vasta distesa di sabbia. Il polpo aspettò fino e ben oltre il limite del suo orario di caccia. Rimase lì e vide, da sotto la sabbia, i raggi del sole che adagio adagio svanivano, per relegare gli abissi nel buio profondo.

martedì 23 settembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 2




Lo squalo avvertì un tremito involontario dal suo piccolo pilota all’avvicinarsi di una lampuga. Questa era un pesce predatore, simile a una specie di piccolo tonno e molto vorace. Quell’esemplare era lungo due metri e, come lo squalo, era femmina. Il corpo era lungo, compresso ai fianchi, con la parte frontale sporgente e simile a una mano chiusa a pugno. Ce n’erano molte come essa e nuotavano in branco sull’orlo della barriera. Erano arrivate da qualche giorno e avevano messo in allerta i pesci pilota. Lo squalo scivolò di fianco a un pesce pappagallo talmente addormentato e ben nascosto, da essere ricoperto da una pellicola di muco, risalì l’orlo della barriera e planò di pancia in uno dei numerosi, piccoli canali. Proseguì lasciandosi sfiorare dai coralli e salendo di poco. Ora la pinna spuntava dall’acqua, mentre la pancia sdrucciolava sul fondo sabbioso. Doveva sicuramente esserci qualcosa lì nascosta: tanti squali giovani incrociavano in quelle acque giorno e notte, preferendo trenta centimetri di spazio alla profondità dell’orlo della barriera.

martedì 2 settembre 2014

Plancton - racconto a puntate - 1




Il plancton galleggiava nell’acqua, trasportato dal movimento delle onde. Era una grande massa, composta da unità di varie dimensioni, l’una quasi totalmente dissimile dall’altra. C’erano i virus, i batteri – che si nutrivano decomponendo le altre forme di plancton – e poi le forme più grosse, come il mesoplancton, che poteva arrivare fino ai due centimetri di grandezza. Al limite del gruppo, il megaplancton – che poteva essere considerato plancton per il rotto della cuffia, una vera specie di bestioni che arrivavano fino ai due metri. Certe meduse rientravano in quel gruppo.
I batteri planctonici non erano alla base della catena alimentare del plancton, il fitoplancton sì. Il fitoplancton era composto per la maggior parte da alghe monocellulari che riuscivano a sintetizzare la materia organica attraverso la radiazione solare e certe sostante disciolte nell’acqua. Poi c’era lo zooplancton, composto per lo più da protozoi. Questi protozoi erano uno diverso dall’altro e si spostavano appena muovendo piccoli flagelli. Erano traslucidi e pulsanti, vibranti d’acqua e di vita. Si spostavano come una ricca massa sulla pellicola delle onde.