domenica 25 novembre 2012

E il caricabatterie? Se l’è ciulato la sciura?

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Al Pisa Book Festival 2012


eccoci davanti al nostro stand 191
Mentre vi scrivo il Pisa Book Festival è ancora in corso.
Vi racconto questa mia – mia e dei miei colleghi – piccola avventura.


Parto il 22 mattina da casa alla volta di Inganni a Milano per prendere lo zio Luca, collaboratore della nostra casa editrice “La Ponga Edizioni”.
Come al solito parcheggio quattro traverse prima della sua via – mai che mi ricordassi dove c***o abita – poi gli telefono, lui capisce, mi dà del pirla mentalmente e mi viene incontro col suo trolley.
Carichiamo il trolley in macchina e si parte alla volta di Nova. Lì andiamo a prendere il socio Valerio nella sua casetta.
Ora, siccome dobbiamo fare la Cisa – ah, ma va? Non lo sapevo – allora bisogna avere le catene a bordo. Per la mia auto non le ho mai comprate, dunque via al centro commerciale più vicino per procurarsele. Il Vale mi fa: «30 euro e passa la paura.» bueno. Peccato che quelle da 30 euro siano già sparite a causa di gente che ha fatto la nostra stessa pensata.
E allora?
La mia macchina è equipaggiata con catene 205/55 90 – mi pare – da 71 euro. E il budget per la fiera si riduce notevolmente.
Per il prossimo mese mangerò insalata scondita, che vi devo dire?

Si parte alla volta di Pisa.
Ah, siccome io prendo facilmente gli accenti, una volta qui mi vien subito da parlare pisano. Anche adesso, mentre vi scrivo, lo faccio con l’accento toscano, giuro.

Arrivati a Pisa comincio subito a ripetere lo scioglilingua toscano che qualcuno mi ha insegnato alle medie, e cioè “La mi hagna ha fatto scinque hagnolini tutti sensa hoda”.
Lo ripeto ad libitum per la gioia dello zio Luca e del Vale.

madonna che tenerezza!
Dovremmo alloggiare al bed and breakfast Welcome vicino al centro congressi dove si svolge la fiera ed essere perciò comodi, ma c’è un ma. E pure bello grosso.
La sciura, quando siamo già in terra toscana, ci telefona e ci dice: «Abbiamo avuto problemi hon l’alluvione e ’l bed and breahfast s’è alluvionato hosì un sappiamo indove mettervi, ma mahari potete stare nella nostra bella hasina vahanze he è un po’ più lontanina, ma viscina all’aeroporto.»

Ah, grazie. E adesso ce lo vieni a dire?
E dunque andiamo alla “hasina vahanze” per scoprire che è in un quartiere tipo lo Zen di Palermo – personalmente ci sono stato allo Zen e mi sono sentito più sicuro che nel quartiere della “hasina vahanze” e che ha la mobilia che cade a pezzi. Letteralmente.
La “hasina” ha due stanze: la stanza “Love” – sì, c’è una squallida placchetta sulla porta con scritto “love” – che si compone di quattro letti a castello stile cuccia di Harry Potter, e la stanza “Peace” dove c’è un letto matrimoniale ma vecchio, ma talmente vecchio che … insomma … vecchio.
Eh. Il problema è che la nostra traduttrice Laura aveva prenotato una stanza al bed and breakfast. La sciura tanto simpatica non l’ha mica messa in casa con noi nella stanza Peace? Poverina, ha dovuto condividere il bagno con tre uomini. Boh, se questa è professionalità …

La hasina vahanze
Ad ogni modo.
Il primo giorno, giovedì, andiamo al centro congressi per scaricare il materiale. Mentre faccio manovra con l’automobile sto per investire un signore che porta libri su di un carrellino – ragazzi sto ancora pensando in pisano eh! – allora lo zio Luca mi fa: «Fermo che investi il signore!» e il signore salta su e dice: «No, non si preoccupi, almeno ho finito di soffrire!»
E va beh.

Allora si scarica il materiale e si va al nostro bel banchetto. Lì scopriamo che il banchetto non è davanti al bar come avevamo pensato guardando la mappa, ma in un’ala piuttosto deserta della fiera.

Scarichiamo, torniamo all’appartamento, poi usciamo, mangiamo al McDonald – cucina pisana – andiamo a vedere il murales di Keith Haring, la Torre di Pisa in Piazza dei Miracoli e si va a letto.

Ecco la Torre! Courtesy Lo Zio Luca

2°giorno.
Ci alziamo.
Io ho dormito un pohino male perché il socio Vale ha segato foreste vergini dell’Alaska – sì, vergini – tutta la notte, causa raffreddore.
Lo zio Luca invece, niente, s’è accasciato tipo sasso.

Si va al centro congressi e si cominciano a disporre i libri un po’ benino.
Arrivano gli studenti. Sì, il venerdì alcune scuole di Pisa, d’accordo con il Pisa Book Festival, hanno fatto venire lì i loro studenti, non informandoli prima, però. Così i ragazzi sono qui sprovvisti di pecunia e possono solo guardare, commentare, toccare, per poi andarsene via con le pive nel sacco.
E va beh.

A mezzogiorno io e lo zio Luca mangiamo il primo di una lunga serie di tramezzini cotto e fontina con birretta.
Come stand abbiamo alla nostra sinistra Damster Editore, che per lo più si occupa di letteratura erotica.
Ospitiamo – presso il nostro stand – le ragazze de “Libro Aperto Edizioni”.
Hanno copertine molto colorate con disegni carini, carini.

La prima giornata passa.
Vendiamo due segnalibri/e-book – un’idea simpatica del Vale, ergo ti vendo il segnalibro con su un codice per scaricare il corrispondente e-book dal nostro sito.

Alle 13:00 arriva da Milano Laura, la nostra traduttrice. Le spieghiamo il casino che ha combinato la signora con la hasina vahanze. E amen.

Alla sera – verso le 20:30, ovvero poco dopo la fine del primo giorno al Pisa Book Festival – ci raggiunge Maria Marini, nostra autrice. Sono proprio del suo libro “Buon Sangue” i segnalibri/e-book che abbiamo venduto oggi!
Andiamo a mangiare al Ristorante – Pizzeria “Da Michele”. Partiamo con l’idea di mangiarci una pizza e alla fine la pizza un se la mangia nessuno – vedete che parlo ancora pisano? – e io piglio le pappardelle al ragù di cinghiale.

Poi si va a vedere il murales di Keith Haring e la Torre di Pisa in Piazza dei Miracoli e si va a dormire.

ecco il murales dalla foto dello zio Luca

3°giorno.
Il Vale deve aver segato tutti gli alberi dell’Alaska perché non russa più. Quindi quel posto dev’essere una distesa apocalittica ora, buona per ambientarci qualche racconto o fumetto di zombi, magari. Ma, ecco, ora i protagonisti di Crossed che c***o troveranno laggiù?
Colpa del Vale!
Si fa colazione al bar della stazione.
Poi si va al centro congressi per il secondo giorno di fiera – ma terzo giorno di Pisa.

Io sto per la gran parte del tempo in piedi, perché sopra il nostro stand c’è un maledetto flusso d’aria condizionata che distrugge la cervicale. Piuttosto che aver dolori, faccio il cavaliere e lascio che le ragazze si siedano a turno – le ragazze: Laura e Maria – perché abbiamo una sola sedia allo stand.
Lo zio Luca fa il fotografo.
Devo dire che io dal giorno precedente sono un po’ irritabile – un po’ tanto direi – semplicemente perché il mio modo d’essere non si sposa troppo bene con l’aspetto commerciale – che deve esistere, per l’amor di Dio – d’una casa editrice. Tutti quei conti, tutto quel avere nuove idee di marketing per promuovere i libri … insomma è roba che non fa per me. A me interessa solo l’aspetto artistico dello scrivere e proprio durante questa fiera ho capito che per continuare ad amare la scrittura, la lettura, per continuare ad amare i libri, essi non devono diventare il mio lavoro. Se mi sentissi come quando sto in azienda, smetterei, perché la mia passione romperebbe ogni catena.
(Zio ma che hai fumato?)

Il primo libro ad essere venduto al Pisa Book Festival da “La Ponga Edizioni” è il mio Sovietopia! Che bello!
Però prima di vendere il libro – ad un signore con un bambino che lo tirava per la manica mentre lui cercava di capire di cosa parlasse il libro – arriva una signora carinissima che prende il libro e mi chiede di che cosa parli. Io le dico:
«Mio zio vive a Mosca e lavora in ambasciata. Fin da ragazzino m’è capitato di andarlo a trovare incontrando così russi e studiando la cultura russa eccetera eccetera. L’episodio che ha generato il libro è accaduto nel 2004: stavo prendendo un taxi privato a Mosca – lì i russi appena finiscono di lavorare girano con le loro macchine per vedere se c’è gente da portare chessò all’aeroporto, alla stazione, eccetera, e contrattano sul prezzo – saliamo io, mio padre e il mio amico Flavio e mio padre per scherzare fa: “Kak dela tovarish?” ovvero, come va compagno? E il russo risponde “Niet tovarish! Mister! Mister! Dollari!” e sfrega il pollice contro l’indice. E allora mi sono immaginato questo commissario politico, Talimov, che al crollo dell’URSS nel 1991 s’improvvisa capitalista e cerca d’aprire una fabbrica di bacchette giapponesi per sushi.»
La signora mi fa: «Ora prendo solo nota, perché sono della biblioteca di Pisa e sto cercando i libri da comprare per metterli sugli scaffali per il noleggio. M’è piaciuto il tuo e poi via, io so’ comunista! Ed era meglio quando c’era l’URSS.»
Ovviamente queste non sono le sue esatte parole, non è una citazione fedele, ma è più o meno – e anche per e diviso – quel che ha detto.

Quand’è arrivato il secondo compratore del mio libro – un signore sui cinquanta – m’è venuta una tale botta d’emozione che ho detto allo zio Luca: «Dagli tu il resto che io lo sbaglio.»
E via!
Ah, lo zio Luca ha avuto l’idea di mettere un cestino di caramelle che, ovviamente s’è mangiato quasi tutte.
Scherzo.
Beh, ho messo il “quasi”, eh! Alcune le hanno mangiate delle bambine e alcune degli sciuri e delle sciure.

Dopo questi due giorni ho capito che le copertine molto colorate attirano. Le nostre sono al massimo bicolori e hanno la carta lucida. Sulla carta lucida – come dice lo zio Luca – “si vedono subito le ditate” e non è bello.
Le copertine delle nostre vicine – che sono appunto coloratissime e opache – attirano molto.
In particolare attira una rossa – il colore rosso ho visto che prende di brutto – con su una scimmia che fuma la sigaretta. Non so di ché parli il libro, ma ammetto che quando ho visto il loro sito quella è stata la copertina che m’ha attirato subito.
Il Vale mi dice adesso che anche lui è stato attirato subito da quella copertina.

Poi, altra considerazione.
Le prossime fiere – a mio parere – bisognerebbe farle con più libri. Vedo che quasi tutti gli editori – tranne uno che non ricordo che aveva tipo sedicimila copie di un unico titolo – hanno almeno venti titoli o giù di lì (ma di lì dove?) e noi ne abbiamo quattro in croce. Nel senso che sono davvero quattro – e sono messi a croce.

Amen.
Il libro di Omar Gatti Brianza Night Blues continua a cadere dal suo stand, tanto che ad un certo punto io e lo zio Luca facciamo il “toto cadute del libro di Omar Gatti”. Ne conto cinque. Cerchiamo di metterlo in tutti i modi, di renderlo stabile, ma non c’è verso. Cade.

Ad un certo punto la nostra autrice Maria Marini e io e lo zio Luca cominciamo a parlare di rievocazioni storiche. Maria fa parte di un gruppo di rievocazioni – I Grifoni Rantolanti – attivo nella zona di Pordenone. Fanno rievocazioni di battaglie duecentesche e trecentesche. Maria sa combattere con spada e scudo nello stile del 1200 e si mette a spiegare a me e allo zio Luca come sono veramente le armature di quel periodo, come si vestono i soldati, come combattono e cosa si prova ad essere catapultati in una battaglia medievale.

rende eh?

La parte che più mi impressiona è quando descrive il tiro di frecce avversario.
Le frecce, come le lance, sono spuntate. E va beh.
Però gli avversari te le lanciano addosso con l’arco lungo che da una forza d’impatto bestiale.
E Maria mi fa: «quando ti scagliano le frecce addosso ti metti in “parata sagitta”, ovvero la tua fila s’inginocchia con lo scudo davanti e la fila dietro mette lo scudo in orizzontale nell’incavo fra i due scudi davanti.» non ha detto proprio così, l’ha spiegata meglio, ma questa descrizione m’è rimasta in testa e questa vi tenete.

Maria è la ragazza col camaglio in basso a sinistra.
Maria è una miniera d’informazioni sul periodo duecentesco e trecentesco e ho un’idea di scrivere con lei un romanzo, un racconto, quel che l’è, ambientato proprio in quell’epoca, in modo da utilizzare la sua conoscenza. Perché – come vi ho già detto – lei non solo sa, ma vive il medioevo. Dice che in casa ha più vestiti medievali che abiti moderni!

Arriva anche un ragazzo che ha scritto una mail al Vale e ci porta – come d’accordo nella mail – il suo manoscritto. È un fantasy e dall’incipit non sembra male.
Lo valuteremo.

A scaglioni, i nostri collaboratori e autori se ne vanno. Parte in treno lo zio Luca per Milano, poi parte Maria per Parma dove andrà ad una riunione coi suoi amici Templari e in ultimo parte Laura.
Io e il Vale siamo soli.

Bilancio della giornata: tre Sovietopia venduti, due Buon Sangue venduti e non so quanti segnalibri/e-book venduti.
Tutto segnato sul taccuino del Vale.

Si finisce la giornata e si torna alla “hasina”.
E lì si trova una sorpresa!

Ehehe!

La sciura, che vede ovunque mezzi per tirar su graniglia, ha affittato la stanza Peace precedentemente occupata da Laura a due ragazzi romagnoli venuti a Pisa per assistere all’ultimo giorno di fiera.
Mah!
’Sti due poveri ragazzi dormiranno nella stanza adiacente alla nostra e con loro condivideremo il bagno.
Fortuna che l’Alaska è già stato disboscato, altrimenti si sarebbero pure sorbiti il Vale!

Da quel momento in poi, per noi la sciura può combinar di tutto. Tipo: vanno alla “hasina vahanze” padre, madre e bambini, la sciura mette subito i bambini a far scarpe come quelli cinesi.

Appena scriviamo allo zio Luca del trattamento che ci ha riservato la sciura, egli ci risponde con idee su come fargliela pagare.
Ma noi siamo dei signori, via!
E si va a dormire.

4°giorno.
Ovvero il giorno ancora in corso.
Ancora non capisco come la “hasina vahanze” possa esse definita – scusate he sto ancora pparlando ppisano – tale giacché si trova allo Zen pisano in mezzo alla peggio gente, agli zombi, ai vampiri e via dicendo.
A malincuore lasciamo la “hasina”, carichiamo tutto in macchina e ci dirigiamo verso il centro congressi.
Prima però, si passa dal Libraccio, perché io mi sono messo in testa una roba: rivoglio il primo libro game che giocai quand’ero in seconda superiore e che mi prestò il mio allora compagno di classe Luca G.
Era il bellissimo: “Le Colline Infernali” della serie “Sortilegio”.

madonna huanto l'è bellino!

Ah, tra parentesi, il Vale mi ha appena dato un sito da dove forse mi posso scaricare in pdf il tanto agognato libro game!

Che dire, siamo ancora qui, a Pisa. Sono quasi le 11:30 e io fra poco abbandonerò la postazione per andare al bagno.

Ah, e il caricabatterie?
Beh, la storia del caricabatterie è questa: Laura ha detto al Vale d’aver dimenticato il caricabatterie del suo Nokia nella stanza Peace. Ma la stanza Peace è occupata dai due ragazzi romagnoli che dormono ancora, poveri.
E allora, che fare?
Io dico: «Scriviamo un biglietto dove diciamo che se trovano il caricabatterie lo portino allo stand 191.»
Il Vale scrive e mette il biglietto sul tavolo.
I ragazzi arrivano allo stand, ma dicono che del caricabatterie nessuna traccia.
Se lo sarà inc***to la sciura?

Consuntivo: l’esperienza è stata interessante, faticosa, mi ha insegnato molto, mi ha permesso di avere un assaggio in campo di marketing – che a me non piace, ma è un’altra storia.
Come in Conan il Barbano, no? Quando dice: “ … ma questa è un’altra storia … ”
E parte la canzone.

... ma questa è un'altra storia ...

Pisa 25/11/12 stand 191.

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