lunedì 5 novembre 2012

Il volo del calabrone - Ken Follett - Recensione




Dite quel che volete, ma quando si compra un libro di KenFollett si sa che i propri soldi sono spesi bene. Ken Follett, prima di scrivere una sola riga, fa un tale lavoro di ricerca monumentale da poterci scrivere ventuno enciclopedie; anzi, a volte – secondo me – potrebbe pure andare all’università come docente a insegnare ciò che ha imparato con l’ultima ricerca per il suo nuovo romanzo, non so se mi spiego.
Sarà pieno di soldi, okay, avrà l’agente che gli prenota il viaggio in Danimarca per vedere come vivono i danesi o che lo fa volare su un aereo solo perché deve descrivere un’unica scena di volo, sì, certo, ma Ken Follett si sbatte, insomma, se deve volare su una bagnarola per scrivere una scena, lo fa, punto.


Ma perché dico questo?

perché?


Dunque, sempre più spesso in casa editrice ci arrivano testi di aspiranti scrittori che ambientano le loro storie nei luoghi più disparati, e va bene, senza però fare la minima ricerca. Ora, se la cosa è data dall’inesperienza, passi per la prima volta – l’autore sarà invitato a documentarsi e poi a scrivere – ma se il tizio in questione è qualcuno che ha già pubblicato qualcosa, beh, questa è – a mio parere e ripeto mio parere – disonestà. Disonestà perché io metto in vendita un prodotto nella cui realizzazione non mi sono neanche preso la briga di fare una ricerca come si deve, però voglio i 10 euro – e magari fossero solo 10!

Michelle Paver, per esempio, s’è fatta inseguire da un orso polare alle Svalbard prima di scrivere il suo Wolf Brother!

E, senza andar lontano, Moreno Pavanello? Avete letto il suo “Speranza perduta”? No? Beh, fatelo e vi troverete davvero su un barcone di migranti in pieno Mediterraneo.
Di "Speranza perduta" ho fatto una rece qui.

E invece Markus Heitz?

ehm, che c***o stavo a di'?


Okay, scrive fantasy; okay, parla di nani, di elfi e di orchi. Ma c’è una battaglia all’inizio e lui – come già detto da Gamberetta – la descrive così, tanto per (chi ha detto “a cazzo”?)
Perché non ha voglia di disegnarsi il campo di battaglia su un foglio, non ha voglia di metterci sopra i pupazzetti per i nani e gli orchi, non ha voglia di farli muovere, insomma, non ha voglia di fare una beata mazza.
Ma i 16 euro li vuole, però.

E fosse la pecca solo nella scarsa (zero) ricerca!

Intanto s’è inc***to i miei soldi.

Torniamo al vecchio Ken.

ma quante ne so!

Dunque, siamo nel 1941 in piena guerra. Hitler sta bastonando gli inglesi e sta per iniziare l’invasione dell’Unione Sovietica.
L’aviatore Bartlett Hoare (anche l’agente X1 de “La Grande Fuga” si chiamava Bartlett, ricordate?) viene abbattuto col suo bombardiere mentre effettua un raid ai danni dei nazisti. Sopravvissuto e in ospedale, riceve la visita di suo fratello Digby che lavora a stretto contatto con Winston Churchill.
Bartlett dice al fratello che ha come l’impressione che i caccia nazisti prevedano ogni mossa dei bombardieri inglesi, che siano già lì ad aspettarli quando gli inglesi arrivano. Bartlett e Digby pensano che i nazisti abbiano una spia nella RAF … o una nuova e sconosciuta macchina.
Questa macchina dovrebbe funzionare a onde radio, secondo loro, e intercettare l’arrivo dei bombardieri, ma come?

In Danimarca, sulla piccola isola di Sande,il giovane Harald Olufsen viaggia sulla sua motocicletta Nimbus – non la Nimbus 2000 da maghetti però – convertita con motore a vapore – i nazisti razionano la benzina – e, dopo aver finito il combustibile ed essersi beccato un acquazzone – dunque la caldaia della moto si spegne – e Harald rimane inesorabilmente a piedi, ma deve tornare a casa; lascia la moto e s’incammina sulla spiaggia dove c’è una base tedesca. L’estate precedente ha lavorato alla costruzione della base senza sapere che era stata commissionata dagli odiati tedeschi. Harald è curioso, scavalca la recinzione – il posto non è molto sorvegliato – e vede un macchinario bizzarro, quello che noi oggi chiamiamo radar.
I tedeschi già nel 1934 stavano facendo sviluppare i radar dalla ditta Telefunken – sì quella della vecchia pubblicità – ma erano radar a raggio limitato e dalle capacità primitive. Quello che becca Harald – anche se non lo sa – è un avanzatissimo FuMG65 Wurzburg-Gigante con tre antenne di cui una – quella centrale – di portata molto elevata.

ma quanto sei figa!

Harald capisce d’aver beccato qualcosa di grosso, ma per il momento lo tiene per sé. Non ha contatti con la resistenza e non saprebbe a chi dare queste informazioni. Harald va ancora a scuola – deve diplomarsi quell’anno – e vive in casa coi suoi. È in perenne disaccordo col padre, un pastore luterano che predica nella chiesa locale, ed ha un fratello maggiore, Arne, fidanzato con Hermia Mount, una ragazza inglese cresciuta in Danimarca. Arne fa il pilota nella scuola d’aviazione di Vodal. Con l’occupazione tedesca, l’aviazione danese – che allora, come molte aviazioni, era una branca dell’esercito – può solo insegnare agli allievi su degli alianti.

e tu quanto sei brutto!


Hermia Mount lavora per l’MI6 sotto un capo pavido che non vuole problemi; Hermia gestisce la sezione danese del servizio segreto e lavora con la resistenza.

Beh, questi gli ingredienti di un thriller storico molto ben scritto e orchestrato. A parte il gran lavoro di ricerca, Follett fa capitare i colpi di scena nei momenti giusti e ci regala una storia che fila liscia da sé, senza essere appesantita da passaggi inutili o superflui. Follett non ci spaventa con “muri di parole” per far vedere che “ha scritto tanto”, ma la storia è comunque corposa e ci coinvolge – giuro – dalla prima all’ultima pagina. Ogni passaggio fa parte dell’ossatura, ogni personaggio ha il suo posto ben preciso, ogni azione ha il suo perché. Così si scrive una storia ragazzi!
Vedo molti scrittori pluri-pubblicati che scrivono, scrivono, scrivono e scrivono, ma di cosa parlano? Boh.
Follett sa cosa scrivere e come scriverlo; le sue storie hanno un inizio e una fine, hanno un capo e una coda.

Beh, parlavo del lavoro di ricerca?

Dunque, il “calabrone” del titolo è un de Havilland DH.87 Hornet Moth, un piccolo biplano dalla cabina coperta e dalla struttura in legno e stoffa trattata. Molto leggero. Beh, all’inizio lo troviamo abbandonato e rotto in un vecchio monastero, proprietà del padre di un compagno di scuola di Harald. Quasi non ci accorgiamo dell’Hornet Moth, presi come siamo dall’andare della storia.
Uno scrittore veramente pessimo – e ahimè ne ho letti – l’avrebbe introdotto e se lo sarebbe dimenticato lì – vedere la “pistola di Chekov” – ovviamente Follett ce lo fa usare e dico “ce” perché sembra che siamo noi a pilotarlo, tanto s’è documentato bene su come si fa a farlo volare e su che sensazioni si provano!

ehehe ci volerò anch'io ;)

Beh, cavolo, io, leggendo quelle pagine, mi sono sentito dentro la cabina dell’Hornet Moth e ho avuto paura mentre il Mare del Nord scorreva sotto di me.
È questo che uno scrittore onesto dovrebbe suscitare nei suoi lettori! Sì, anche se scrive fantasy, anche se scrive di un’invasione aliena di banane aliene con fucili laser!

miiii le banane alieneeeee!
Non serve la scienza ragazzi, basta sbattersi e fare le ricerche necessarie. Questo lo dico anche per tutti quelli che vogliono mandarci dei lavori da valutare; a meno ché non facciate come Camilleri, che scrive solo di quel che conosce, se volete ambientare un romanzo nel mesolitico, nell’Atene della Lega di Delo o anche solo in una città diversa dalla vostra, dovete averci camminato, vissuto anche solo per un poco. “E come?” mi direte. Beh, il “come” trovatelo voi!

Dai, sganciamo altra graniglia al bravo Follett; leggetevi “Il volo del calabrone”.

Saludos!

Marcello

2 commenti:

  1. Beh, grazie per la citazione e l'apprezzamento! :-D
    Ho letto solo un paio di libri di Ken Follett ma non mi sono piaciuti particolarmente, lo trovo in gamba ma le sue storie mi riescono un po' noiose. Un giorno o l'altro gli darò un'altra occasione...
    La documentazione è un lavoro non solo importante, necessario. E utile. Molte volte, è proprio durante il lavoro di documentazione che escono nuovi spunti per la trama.
    Il difficile, a volte, è non esagerare, nel senso che può capitare che un intnso lavoro di documentazione finisca in modo eccessivo nel romanzo. non conosco abbastanza Ken Follett, ma cito il caso di "Il quinto giorno" di Frank Schatzing: troppe informazioni, si finisce per dimenticarsi la trama. O Martin Mystere, che a volte sembra di leggere direttamente l'enciclopedia.
    Il giusto sta nel mezzo...
    Il Moro

    RispondiElimina
  2. Hey Moro!
    Prego!
    Io ho cominciato ad apprezzare Ken Follett qualche anno fa, nel 2006 o giù di lì credo, quando, spulciando fra i libri di mio padre, ho beccato "Notte sull'acqua"; anche lì gran lavoro di documentazione condito da una bella storia fluida e avventurosa. Dopo ho letto "L'uomo di Pietroburgo" che mi è piaciuto forse di più dell'altro. Sono convinto che le sue storie possano risultare noiose o non piacere, ma come dicevamo, il gran lavoro di documentazione rimane. Sì, non bisogna però scrivere un'enciclopedia, e neanche "dare" informazioni; bisogna "usare" le informazioni nella storia per farla vivere al lettore, senza renderla noiosa.
    Esatto, il giusto sta nel mezzo ;)
    Saludos!

    RispondiElimina