venerdì 29 marzo 2013

epilogo - Il castello di Don Manuel - miniserie western






epilogo.      La resa dei conti
C’era una scala a sud e, più in là, un carro di fieno. Seth avrebbe potuto usare una o l’altro per scendere, ma si sarebbe trovato allo stesso livello dei rurales e con una gamba malandata, in più.
L’ideale era calarsi sul tetto di una delle baracche di legno e da lì sfoltire i ranghi nemici.
Da fuori, sentì arrivare dei cavalli al galoppo. La maggior parte degli uomini si spostò verso l’ingresso per andare a vedere.
Solo i due sulla scala stringevano le pistole, cercandolo con lo sguardo.
Seth ne uccise uno sparandogli col fucile. Lo hombre cadde all’indietro, colpì e sbilanciò l’altro che sparò a vuoto. Il gringo lo freddò con una pallottola.
Si alzò e barcollò piegato in avanti verso l’orlo dell’assito. Sentì uno sparo e una fitta alla mano destra. La pallottola l’aveva colpito al calcio del fucile, spezzandolo e le schegge s’erano conficcate in profondità nella mano. Seth fece appena in tempo a vedere qualcuno acquattarsi sul tetto della baracca (dove voleva atterrare lui), che una seconda pallottola gli sfiorò la testa.

Juan Ramirez rincorse la morte. Passò dal portone principale sparando con la doppietta. Fece esplodere il petto di un rural, gettò la doppietta e corse verso nord, impugnando il fucile a leva.
La morte rallentò, facendosi raggiungere. Una pallottola gli portò via il cappello e un’altra s’inchiodò nel muro a un pelo dal suo naso.
Juan continuò a correre. Forse, assieme alla mietitrice, rincorreva la propria dignità.

Seth aveva due pallottole nella Colt.
Fece appello alla gamba malandata e si rimise in piedi. Impugnò la pistola con la sinistra e fece fuoco. Mancò il bersaglio, ma il rural fu costretto ad abbassare la testa.
Poi Seth si gettò sul carro di fieno.
Con la pistola stretta in pugno.
Quando il rural uscì dal nascondiglio – vedendolo cadere – Seth fece fuoco. Con la destra lo avrebbe ucciso; con la sinistra lo beccò alla spalla.
Il carro era inclinato e si rovesciò del tutto. Seth si ritrovò a terra, malfermo sulle gambe. Il rural si teneva la spalla con la mano sinistra. Seth notò che l’uomo aveva una sciabola da cavalleria al fianco.
Era quel tale: Galindez.
E Seth non aveva più pallottole.
Impugnò il coltello e gli si gettò addosso. Galindez fece per sparare, ma l’impeto di Seth lo colse all’improvviso, mandando la pallottola fuori bersaglio.
I due finirono a terra, Seth sopra il rural. Galindez sentì la pistola scappargli via di mano e affondò le nocche nel fianco del gringo. Seth gemette. Con la sinistra alzò il coltello. Ma il rural fu più veloce e gli sferrò un sinistro alla mascella. Seth vide il mondo ribaltarsi e finì disteso sulla schiena.
Poi Galindez si alzò e sguainò la spada.


* * *

Lo sceriffo federale Aurelius Baxter raggiunse Ciudad Saguaro con i suoi uomini. Aveva un mandato del giudice e l’aiuto dei ranger del Texas. Con lui c’era gente del calibro di Dallas Falby e Cheyenne Rousen, duri uomini della legge.
Cheyenne, in particolare, aveva servito come suonatore di “bugle” nella cavalleria degli Stati Uniti, con precisione nel Settimo Reggimento di cui era stato generale George Armstrong Custer.
Baxter non aveva fretta e lo stomaco gli brontolava. Si fermò alla posada, legò il cavallo ed entrò, facendo tintinnare gli speroni.
Due dei suoi rimasero fuori, con i fucili; gli altri entrarono.
La posada era piena di peones e americani chini a parlottare sui tavoli. La poca luce che filtrava dalle imposte era color bile.
Baxter fiutò la puzza della paura.
Andò al bancone, dove un messicano baffuto non lo perdeva di vista un attimo.
«Fate panini imbottiti?» domandò Baxter.
«Sì señor!» rispose l’uomo.
«E una birra.» disse lo sceriffo.
«Sì señor.»
«Sapete dire qualcos’altro?»
«Come, señor?»
«Ah, lasciate perdere! Dov’è lo sceriffo di questa città?» chiese Baxter.
L’uomo non rispose.
Aurelius Baxter cominciava a spazientirsi. Aprì la giacca e prese dalla tasca interna un foglio piegato in quattro parti, lo distese sul bancone. C’era disegnata la faccia di un uomo sui trent’anni.
«Seth Corbin: ladro di cavalli, assassino, rapinatore di banche.» spiegò Baxter.
L’uomo non rispose.
Lo sceriffo posò un gomito sul bancone e si sporse, dicendo:
«Sono un agente federale e ho un mandato di cattura per quest’uomo. dove diavolo è lo sceriffo di qui?»
Nessuno fece un fiato.
Baxter si calmò un poco quando vide la birra: ne bevve un lungo sorso e fece: «Aaaah!» poi staccò mezzo panino imbottito con un morso.
Frattanto guardava quella gente: americani e mangiafagioli, tutti con l’aria intimorita. Che diavolo!
«Ascoltate! Il confine è a un tiro di fucile, ma qui siamo ancora negli Stati Uniti e io, adesso, sono la massima autorità in città, perciò dovete dirmi dov’è Seth Corbin! Sono sicuro che sia passato da qui nella sua fuga verso il Messico. Allora, nessuno sa niente?» sbottò Baxter.
Poi un uomo, un irlandese dalla barba lunga, vestito di nero, si girò e disse:
«Io … io ho visto Seth Corbin.»
«Ah! Bene! Signor … ?»
«Shaugnessy. Ben Shaugnessy.»
«Tu guarda l’ironia della sorte!» esclamò lo sceriffo.

«Ascoltate, il nostro problema non è Corbin, ma Don Manuel Hernandez y Azevedo, un ranchero che vive a cinque miglia da qui, proprio al confine col Messico.» Shaugnessy sedeva al tavolo della posada, davanti allo sceriffo. Attorno a lui, due Texas ranger dall’aria cupa lo guardavano in silenzio.
«Io non so niente di questo Manuel, Shaugnessy. A me interessa Corbin.» replicò Baxter, adagiandosi contro lo schienale.
«Il punto è,» riprese il barbiere, «che Corbin si trova là, nella casa di Don Manuel.»
«Tecnicamente,» s’intromise l’avvocato Fruel, dello studio Fruel & Hendricsson – che si trovava sopra il Grand Central Hotel, oltre la posada – «lei avrebbe ancora giurisdizione lì, perché vede …


* * *

Manuel Hernandez y Azevedo orinò nel pitale reggendosi il membro con la destra; con la sinistra impugnava il suo LeMat revolver, regalo d’un vecchio confederato.
Don Manuel aveva una personalità triste e complessa. In quel momento, mentre orinava, i suoi occhi erano puntati sui giocattoli di Esteban, il gigante. Quei soldatini glieli aveva regalati lui, Don Manuel. C’era il general de Santa Ana e il gringo colonnello Travis. C’erano caballeros e miliziani per ricreare la battaglia del forte Alamo.
Esteban ci giocava all’imbrunire. Li faceva disporre in formazione da parata e chiamava “el tio” Manuel per fargli vedere quanto fosse bravo.
E adesso era morto, per mano di quella puttana!
La sentì mugolare, nell’altra stanza. L’aveva legata e imbavagliata. Le aveva tolto il coltello: il graffio che Esmeralda gli aveva fatto sulla guancia sanguinava ancora.
Represse una lacrima, rimise il pene nei calzoni arabescati, poi uscì dalla stanza.
Uno dei suoi mercenari era alla finestra, dietro un fucile Henry.
Manuel gli si affiancò e si sporse. L’altro lo guardò, sorpreso.
«Hay peligro, Don Manuel!» gli disse.
«Vaja!» il ranchero lo spinse via brutalmente e guardò dalla finestra.
Laggiù c’era quello smidollato di Ramirez con un fucile in pugno. Don Manuel ringhiò, alzò la pistola, puntò.
E sparò.



Juan Ramirez sentì il terreno alzarsi e colpirlo come una clava. Aprì la bocca per respirare. A un tratto aveva un disperato bisogno d’aria. Sentiva un calore crescergli dentro il petto e invadergli i polmoni.
Vide i contorni del campo visivo stringersi, stringersi.
E pensò: sto morendo.
Poi sentì le trombe degli angeli.
Suonavano una carica di cavalleria.

Il taglio forte della sciabola intaccò il pianale del carro, risuonando come un vecchio diapason a un capello dalla testa di Seth Corbin.
Il gringo fu investito dalla puzza d’aglio dell’alito di Galindez. Sferrò un sinistro al fianco scoperto del rural, poi gli diede una ginocchiata allo stomaco.
Galindez fu strappato dall’impugnatura della spada e caracollò all’indietro.
Seth lo mandò a terra con un gancio.
Poi svelse la spada dal carro, e ne appoggiò la punta al petto del rural. La bella divisa gallonata era ridotta a un cencio adesso.
Galindez guardò Seth e pensò che, dopotutto, non voleva morire.
«Piedad!» disse.
Ma Seth Corbin lo uccise … nell’onore. Alzò la sciabola e ne abbatté la lama di piatto sul mozzo di ferro della ruota. La lama si ruppe.
Seth gettò il troncone di spada accanto al rural, poi ne prese la pistola da terra.
Qualche attimo dopo, Galindez si alzò; guardando l’ampia schiena del gringo, strinse i denti e chiuse le dita della mano sinistra a pugno.

I rurales erano come impazziti. Don Manuel li guardò sparpagliarsi al suono della carica che giungeva da fuori.
Poi i battenti del portone furono spalancati verso l’esterno da una forza tremenda e saltarono dai cardini.
All’interno del corral si riversò una torma di cavalieri.
Avevano un trombettiere con una bombetta nera, che suonava quella dannata carica!
Che ci facevano i gringo allì? Il suo rancho era in Messico … beh, non tutto, ma nessuno aveva mai osato …
Strinse gli occhi e fece una smorfia, quando vide chi altri componeva la posse.
C’era quel Shaugnessy, il barbiere; c’erano quei legulei, Fruel e Hendricsson; il fabbro, Alvarez; il padrone del Gran Central, Barret.
Ogni bastardo di Ciudad Saguaro faceva cacare il proprio cavallo lì, nel suo corral!


Seth si girò e vide il portale del rancho sparire, divelto. Poi la posse di cavalieri si rovesciò nel cortile, calpestando e sparando.
Il gringo si affrettò verso la casa. Entrò.
Quel piano era deserto. Seth oltrepassò una vasta sala da pranzo, una cucina. C’erano due rampe di scale per il piano superiore.
Si trascinò fino in cima.
Dal corridoio del piano superiore apparve un uomo con la divisa grigia; impugnava un fucile. Seth lo freddò con due colpi e si appiattì al muro.
Girò l’angolo.

Davanti a lui c’erano gli occhi verdi di Esmeralda. Era legata e imbavagliata. Un hombre dai capelli bianchi e i baffi neri le puntava una rivoltella alla testa.
Lo hombre aveva un gilet nero ricamato in oro, una fusciacca rossa e eleganti pantaloni scuri con arabeschi sui fianchi.
«Quien eres tu?» domandò, alzando un sopracciglio.
«Mi chiamo Seth Corbin.» disse, in un ringhio, il cowboy.
«Butta la pistola, Seth Corbin!» fece Don Manuel.
Il cowboy, tremante di rabbia, fece per obbedire, ma Esmeralda scosse la testa, con vigore. Seth si bloccò. Don Manuel ghermì la ragazza per la spalla e la fece ondeggiare violentemente.
«Butta la pistola he dicho!» urlò a Seth.
Il cowboy annuì e si chinò, abbassando l’arma.
In quell’attimo, da basso si udì il rumore degli stivali di molti uomini.
Poi una voce tuonò: «Seth Corbin!»
Don Manuel alzò un sopracciglio: «Quien coño es?» urlò.
Esmeralda gli diede un calcio con tutta la forza di cui era capace. La rotula di Manuel cedette e il vecchio ranchero barcollò, afferrandosi a Esmeralda per non cadere.
Tirandola a sé.
E sparando.
Il colpo mancò Seth di un palmo.
E Seth sparò, a sua volta.

«Esmeralda … »
La donna aveva un fiore di sangue appena sotto il seno. La camicetta era sporca di rosso rubino.
Seth le aveva tolto il bavaglio e l’aveva slegata.
Lei lo guardò a lungo, con quei suoi occhi che sembravano un mare calmo.
Disse il suo nome.


* * *

Lo sceriffo Baxter non trovò Seth Corbin, ma un vecchio messicano vestito con quegli abiti che i mangiafagioli consideravano “eleganti” e, poco elegantemente, morto.
Assieme a lui c’era il cadavere di una donna, forse la figlia. Una bella ragazza sui vent’anni. Le avevano sparato al petto.
Un colpo di .45.
Cheyenne Rousen portò alla bocca il bugle da cavalleria e suonò, adagio, il silenzio.
L’aveva trovato fuori dal portone, mentre gli uomini legavano le corde ai battenti e ai corni da sella.
Quando, dopo aver divelto i battenti, la posse era entrata nel corral, Cheyenne aveva suonato la carica con quel vecchio bugle, in memoria dei tempi da soldato.
Ora, dopo l’ultima nota del silenzio, il ranger s’avvicinò alla finestra e gettò via la tromba. Guardò la luna scintillare sulla superficie d’ottone.

Baxter ricacciò in Messico il reparto di rural sbandati, poi partecipò – come rappresentante del governo federale – alla sepoltura dello sceriffo Ramirez e a quella di Esmeralda Luna.
Don Manuel Hernandez y Azevedo fu sepolto e dimenticato da tutti.
Tranne da Fruel e Hendricsson.
I due avvocati riuscirono, tramite cavilli legali, a spartirsi il rancho. Non solo, misero le mani sulla hacienda del padre di Esmeralda, che contava buoni acri di terra.
Baxter se ne andò, pieno di rabbia.
Di Seth Corbin nessuna traccia.

Fu parecchi mesi dopo che sulla tomba di Esmeralda Luna venne a pregare un uomo.
Era sui trent’anni. Aveva cicatrici alla guancia e alla mano destra e indossava una giacca gallonata da rural.
Dal cinturone pendevano un coltello e un vecchio bugle d’ottone.
Depose un fiore sulla tomba.
Quando si allontanò, zoppicava dalla gamba sinistra. 



fine

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