Guidava da quattro ore
bevendo caffè, quando vide il ranch nel deserto. L’ultima invenzione era
produrre il whisky in Messico e scaricarlo lì. C’erano tre furgoni e dei
cavalli. Non che Ames fosse uno sbirro o baciasse il culo alle “sorelle della
temperanza”. Stava seguendo una traccia e sperava che fosse la volta buona.
Guidò la macchina fra i
cespugli e giù per una duna, a ridosso di un canyon. Afferrò il mitra e risalì
la scarpata. Se sbirri e federali l’avessero beccato con quel ferro in pugno…
beh, c’era la gattabuia a Florence. Doveva andarci coi piedi di piombo ed
eliminare ogni traccia.
Si avvicinò al ranch da
nord. Le ombre erano lunghe.
Poco più in là, dei tizi fumavano
e scaricavano casse in uno dei furgoni. Forse avrebbero riempito solo quello,
usando gli altri come specchietto per le allodole.
I veicoli erano tutti
uguali. Sulla fiancata c’era scritto “servizio postale degli Stati Uniti”. Non
sapeva come avrebbero fatto ad abbattere i costi di trasporto. Il liquore,
sicuro, era distillato da robaccia messicana e venduto oltreconfine per pochi
centesimi o addirittura, per niente. Magari c’era un accordo con gli sbirri di
frontiera e questi chiudevano un occhio sul viavai da Nogales.
Si avvicinò. Oltrepassò i
recinti e si nascose dietro un abbeveratoio. Sopra di lui correvano i fili del
telegrafo e i pali della luce elettrica.