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martedì 11 agosto 2020

Trovatelo! - racconto di fantascienza

 



il presidente degli Stati Uniti esaminava la bozza della riforma sanitaria, quando ricevette una chiamata sulla linea rossa. Corrugò la fronte e alzò la cornetta.

«Signore,» sentì la voce di Jeff MacAllister, il generale a capo del NORAD.

«Mac? Che succede?»

«Una comunicazione dalla ISS: hanno avvistato degli oggetti non identificati in avvicinamento alla Terra.»

«Capisco.» mise giù la cornetta e schiacciò un pulsante sulla scrivania.

«Reggie, chiama tutti. Riunione d’emergenza.»

«Sissignore.»

lunedì 8 giugno 2020

La macchina del dottor Adrocchi (doctor Adrocchi’s machine) - racconto sci-fi

deviantart di artofmonkfish link originale qui


Il dottor Adrocchi accese la telecamera digitale e si mise davanti all’obiettivo. Era un uomo di trent’anni, molto bello, con la barba di una settimana, i capelli neri e indossava un camice bianco sopra i jeans e la t-shirt.
«Ho costruito la macchina del tempo.» disse, con un sorriso. Ci pensò su e andò a far ripartire la registrazione.
Si rimise davanti alla telecamera.
«Sono il dottor Paolo Adrocchi, ex-docente del CALTECH, ex-tecnico della NASA, ex-tecnico del CERN ed ex-marito.» Rise e fece ripartire la registrazione.
«Sono il dottor Paolo Adrocchi e questa, che vedete alle mie spalle, è la macchina del tempo.» Indicò una specie di frigorifero smaltato di rosso, pieno di tubi, cavi, ventole.

lunedì 5 settembre 2016

Buonsenso (o "Il milanese imbruttito nello spazio") - racconto sci-fi




Lenta, inesorabile, un’astronave orbita attorno Plutone. Nella sua pancia, otto uomini dormono, ibernati. Tutto è silenzio. Sugli schermi di prua, vibra la luce irreale del cosmo.
Immobilità, inazione.
Un bottone pulsa, rosso, spiccando fra miriadi di altri. È come un segnale.
Rivelando un tono svenevole, l’astronave parla.
Intercettata richiesta di soccorso, coordinate
Inizio procedura “risveglio”.
Due frasi, stringate, che replica all’infinito.
All’immobilità, all’inazione, lentamente vengono sostituiti rumori, ronzii, schiocchi. Le capsule d’ibernazione riportano ciascun uomo ad una temperatura corporea normale. Man mano che la patina di ghiaccio si scioglie, compaiono i volti di questi viaggiatori, volti sereni, immersi nel sonno.
Spie rosse lampeggiano, prima di mutare il loro colore in verde.
L'astronave ripete il messaggio. Il primo degli uomini si desta.
Lo seguono gli altri. Si frizionano le braccia, le gambe, respirano l’ossigeno che l’astronave ha di nuovo pompato nella sua pancia.
Intercettata richiesta di soccorso, coordinate
Termine procedura “risveglio”.
Il primo uomo corruga un sopracciglio e si avvicina alla consolle.
-Visualizza coordinate su schermo principale- ordina, avendo cura di omettere gli articoli.

giovedì 29 maggio 2014

L'anniversario - Tante storie di fantascienza





L’apocalisse zombie iniziò quando uno scienziato in California mischiò il virus della rabbia a un polpettone che aveva da giorni in frigo e diede da mangiare tutto al gorilla del laboratorio. Dopo qualche ora, il gorilla cominciò a piangere sangue, morì e resuscitò zombie. Lo scienziato, invece di tenerlo al sicuro in una cella, fece una cosa idiota, tipo insegnargli la matematica. Il gorilla-zombie di matematica non capì nulla e morse lo scienziato al braccio. «Piango sangue e vorrei mangiare i miei figli.» lo scienziato cercò di ignorare i sintomi per qualche ora, poi andò all’ospedale, e il dottore lo fece sedere su una sedia. «Lei ha poco controllo motorio, interessante.» disse il dottore, compilando un documento a caselline prestampate. «Dunque, apra la bocca e dica “aaaaaaah”» lo zombie aprì la bocca e mangiò l’abbassalingua e il braccio del dottore. Il dottore cominciò a girare per tutto l’ospedale, graffiando, mordendo e vomitando sangue infetto su medici e pazienti.
Qualche giorno dopo, sul Daily Times leggemmo le rassicurazioni del governo. Poi ci fu l’edizione straordinaria e leggemmo “Siete fottuti!”.

martedì 27 maggio 2014

Megzom - Tante storie di fantascienza





Jen spinse il Boston Whaler lontano dalla riva, verso il mare aperto. Si accese una sigaretta e stappò una lattina di birra.
Controllò il riferimento GPS che aveva tracciato ore prima, al passaggio del peschereccio giapponese.
Jen, che si era trovata per caso in mare, aveva visto la grossa barca perdere una delle preziosissime lenze a strascico. I giapponesi le usavano per pescare i tonni. Ma lei aveva un’altra idea. Sorrise e sputacchiò birra, al pensiero di suo marito.
Burt Harrison, australiano, enorme e biondo, l’aveva portata a Mahé nove anni prima. Pescava squali ed era diventato proprietario di un piccolo cutter su cui faceva lavorare un equipaggio di creoli.
C’erano stati anni di abbondanza. Poi erano arrivati i giapponesi con le loro “tonnare volanti” lunghe chilometri. Ed era finito tutto.

giovedì 6 febbraio 2014

A bootleg liquor-powered android - Tante storie di fantascienza




Guidava da quattro ore bevendo caffè, quando vide il ranch nel deserto. L’ultima invenzione era produrre il whisky in Messico e scaricarlo lì. C’erano tre furgoni e dei cavalli. Non che Ames fosse uno sbirro o baciasse il culo alle “sorelle della temperanza”. Stava seguendo una traccia e sperava che fosse la volta buona.
Guidò la macchina fra i cespugli e giù per una duna, a ridosso di un canyon. Afferrò il mitra e risalì la scarpata. Se sbirri e federali l’avessero beccato con quel ferro in pugno… beh, c’era la gattabuia a Florence. Doveva andarci coi piedi di piombo ed eliminare ogni traccia.
Si avvicinò al ranch da nord. Le ombre erano lunghe.
Poco più in là, dei tizi fumavano e scaricavano casse in uno dei furgoni. Forse avrebbero riempito solo quello, usando gli altri come specchietto per le allodole.
I veicoli erano tutti uguali. Sulla fiancata c’era scritto “servizio postale degli Stati Uniti”. Non sapeva come avrebbero fatto ad abbattere i costi di trasporto. Il liquore, sicuro, era distillato da robaccia messicana e venduto oltreconfine per pochi centesimi o addirittura, per niente. Magari c’era un accordo con gli sbirri di frontiera e questi chiudevano un occhio sul viavai da Nogales.
Si avvicinò. Oltrepassò i recinti e si nascose dietro un abbeveratoio. Sopra di lui correvano i fili del telegrafo e i pali della luce elettrica.

domenica 6 ottobre 2013

L'orologio d'oro - Tante storie di fantascienza


vorrei visualizzaste Birch, il coprotagonista; per me è Treat Williams! eccolo! è preciso a com'è nella storia, no? :)

Birch buttò il ramo nel fuoco. Era di un giovane pino e cominciò a sparare scintille.
Odore di resina.
«Qui è magnifico.» intervenne Ghiva, indicando le stelle, «È come dovrebbe essere.»
«Le stelle hanno nomi diversi, ma sì… è la mia terra.» disse Birch.
«Caffè?» domandò a un tratto.
«Grazie… ha un sapore strano… mi ricorda lo zenzero.»
«Viene fatto da una radice. Il caffè vero è arrivato con voi sull’astronave; fra poco ci si accapiglierà per quello.»
«Ci si accapiglia per molta roba?» domandò Ghiva.
L’altro fece spallucce, prese la sua tazza e bevve un sorso di caffè di radice.

lunedì 30 settembre 2013

20 euro al giorno - Tante storie di fantascienza



(cominciato a scrivere per il concorso di Alex Girola "distopie impure" e poi trasformato in semplice esercizio di scrittura)

Svegliarsi attaccati al soffitto. Essere in ritardo per il lavoro.
Accadeva di nuovo perché…
«…perché una stronza s’è dimenticata di pagare!» urlò Salvatore.
A sinistra, la lampada, il comodino e il portatile galleggiavano poco più in alto del letto e delle coperte.
Più in là c’era la porta che dava sul corridoio. All’architrave era attaccata una mano.
«Florinda! Minchia!» urlò Salvatore.
Le nocche della mano di Florinda puntavano verso terra, le unghie verso il soffitto. Poi apparve la testa: un ovale coperto da una massa di capelli dorati fluttuanti, come alghe, verso l’alto.
«Scusa Salvo! Che ti devo dire?» la voce rotta dalla frustrazione, Florinda oltrepassò l’architrave ed entrò in camera da letto.
«E che mi devi dire! Venti euro ce li hai?»
«Ma se ci ho fatto la spesa!» protestò la donna.
«Senti qua! E dobbiamo andare a prelevare?» fece Salvatore.
«Eh!» disse Florinda.
«Puttana di Eva!» Salvatore grugnì e camminò sul soffitto, scavalcò l’architrave senza neanche degnare la moglie di uno sguardo.
«E dove vai?»
«E dove vado! A cercare le chiavi della macchina!»
«Ma che cerchi? Il “cazzillo” è collegato pure su quella, Salvo! Se hanno staccato la gravità in casa, pure la macchina è senza!»
«Minchia!» urlò Salvatore, «Minchia!» ripeté.
Gattonò sino alla finestra e guardò fuori.

sabato 14 settembre 2013

Una grossa pepita d'oro - Tante storie di fantascienza


«Si dice che il vecchio Francis lassù abbia trovato qualcosa.» tutti pensarono all’oro e Greedy Mule s’affrettò a rispondere:
«Nah… lui cerca il filone principale, quel pazzo, ma non è di quello che parla la gente.»
«E di cosa?» Talverston schiacciò una pulce che aveva preso dalla barba.
«Sia dannato se lo so.» Greedy batté il bicchiere vuoto sul tavolo e alzò due dita, senza nemmeno guardare il barista.
«Non posso più farti credito Johnson.» disse il barista, versandogli però un bicchierino.
«Tutte le volte la stessa storia!»
«Però ci guadagni sempre un bicchiere, Tector!» ridacchiò Talverston.
Tector Johnson, alias Greedy Mule, alzò il “calice”: «Alla salute!» disse.
E guardò ciascuno dei presenti con un’occhiata carica di male.

martedì 9 luglio 2013

Cold John Does - Tante storie di fantascienza


Da qualche parte tra il Laos e la zona demilitarizzata, 1969.

Carl odiava usare i CJD.
Si grattò la barba e accese una sigaretta, fece un tiro e allungò il braccio. Una sanguisuga bella grossa, che gli pompava sulle vene. Carl avvicinò la sigaretta su quel corpo rigonfio. plop! la bestia esplose e scivolò via.
«Beh, skipper, se non altro gli facciamo il culo…» il sergente Goodman stava cuocendo la colazione nella sua lattina riscaldata al C4. Le fiamme si propagavano, azzurre, dalla buca sotto il telo mimetico.
Carl annuì e porse il telefono all’RTO, il radio operatore. Il ragazzo, piccolo e spaventato, deglutì:
«Tenente… usiamo I Cold John Does?» domandò.
«Hai sentito Mike Six. Ora trovami il trainer.» Carl, il volto lucido di sudore, accostò la sigaretta alle labbra.
L’RTO annuì e uscì dalla buca.
Poco dopo, si udirono dei passi provenire dall’esterno. Gli stivali dei Marines sciaguattavano nella patina liquida e marrone sull’altura, bruciata dai defolianti.
Carl fece l’ultimo tiro e buttò la cicca. Prima di uscire dalla buca, annusò il vago aroma di carne e spaghetti.
«Lasciamene un po’ sergente.» disse, guardando Goodman.

venerdì 21 giugno 2013

Lo smarfone - Tante storie di fantascienza



questa immagine è di AustrianDreams, potete trovare l'originale qui.

«Signor Sputnik, buongiorno!» Veronica Negri si alzò e strinse la mano all’uomo.
Sputnik era alto, magro, vestiva d’un completo Gucci e aveva occhiali Armani dalle astine spesse e bianche. Sulla cravatta, blu scuro, c’era una minuscola bandierina della Svezia.
Veronica annusò un leggerissimo odore di dopobarba e quell’asettico aroma di scarpe nuove di tela leggera.
Lei indossava un tailleur e due gocce di Alien di Mugler versione estiva. Per ricevere Sputnik, si mise anche un sorriso di denti bianchi, scintillanti.
«Signora Negri! Lei è un incanto!» Sputnik le strinse la mano, gliela trattenne, se la avvicinò alla bocca e accostò le labbra sul dorso. Dove un italiano avrebbe semplicemente detto “che piacere”, Sputnik era andato oltre.
Veronica aumentò il sorriso e disse: «Un caffè?»
Sputnik sorrise a sua volta e annuì. Veronica gli indicò la sedia rossa, di design: «Prego!» disse. L’uomo annuì e si accomodò.
Aveva una valigetta.
Assomigliava a una Sanwa in alluminio, una porta-pistole; Sputnik la sollevò e la depositò delicatamente sul tavolo in vetro bianco di Veronica.
Bussarono alla porta.

venerdì 14 giugno 2013

Voglio che diventi lei - Tante storie di fantascienza

quest'immagine è di doll-lucci, potete trovare l'originale qui.
Quella mattina Silvia era una bella e formosa rossa con le lentiggini e il nasino all’insù alla Lindsay Lohan – prima che la Lohan diventasse magra e bionda, s’intende – e s’arricciava i capelli con le dita, scoprendo appena il labbro superiore in un sorriso.
Si sentì addosso gli sguardi degli uomini. Quando salì sulla metropolitana, addirittura, la mano di qualcuno le sfiorò le natiche un paio di volte.
Silvia arrossì e cominciò a guardarsi la punta delle scarpe. Ne aveva scelte di belle: un paio di All-Star colorate con fiorellini da hippy.
Quella mattina faceva la sedicenne. Aveva ripescato un vecchio zainetto Eastpak e l’aveva decorato con un paio di scubidù fatti a mano dai cinesi.
Scese a Duomo, prese un gelato da McDonald e lo leccò apposta come se facesse un pompino – lo aveva visto fare un parecchi film a luci rosse – attirandosi i fischi di un gruppo di ragazzi.
Era al settimo cielo.
Finché non vide un’alta, statuaria, asiatica dalla pelle bronzea e dal tailleur di Gucci, corto e cinerino, tagliarle la strada.

Gli alberi - Tante storie di fantascienza

Il cane abbaiò, slanciandosi in avanti e ricadde, trattenuto dalla mano di ferro del proprietario.
Avevano seguito una strada di impronte fino al cerchio d’alberi presso il fiume. Il cielo indossava una sfumatura metallica e lasciava cadere piccoli fiocchi come penne di gallina. Uno di questi si depositò, senza far rumore, sulla punta del naso di Reyan Caeen re di Tulo. Il microscopico, perfetto, cristallo si ruppe bagnando lo strato di grasso che ricopriva la pelle del re.
«Maestà, il giovane qui non è un cane bene educato.» disse Caolan Balthair, capo della guardia reale.
Reyan fece schioccare la lingua e richiamò l’attenzione del quadrupede, quindi lasciò il collare. Nella mano destra, però, aveva già pronta una strisciolina di carne essiccata che aveva preso da una borsa alla cintura. Il cane guardò la carne. Reyan alzò l’indice e il cane si sedette, toccò il pugno del re col naso e aspettò. Reyan aprì la mano e il cane prese delicatamente la carne, la inghiottì e si girò di nuovo.
Dal sentiero arrivavano due uomini: i loro stracci volteggiarono al soffio dell’aria; i loro passi furono incerti. La testa di uno era gettata all’indietro. Le bocche erano aperte e facevano uscire un monotono, lungo e lugubre “aaah”.

Mr. Sputnik - Tante storie di fantascienza

questo signore nel ritratto è il presidente della Cecenia a cui mi sono ispirato per la figura di Karmaniov

«Abbiamo perso un’altra armata lungo il confine, signore.»
Aslan Karmaniov guardò il ministro della difesa con i suoi grandi occhi azzurri, poi si mise in bocca una sigaretta e aprì il cassetto della scrivania presidenziale. C’era una grossa pistola automatica: Aslan ne estrasse il caricatore, lo rimpinguò con un paio di pallottole e lo reinserì, poi si alzò e flesse due dita verso il ministro che già gli porgeva la fondina ascellare.
Aslan la allacciò e fece scivolare la pistola nel fodero.
«Gli americani quando ce li danno questi aerei?» domandò al ministro.
«Niente aerei, presidente: né con i canali ufficiali, né sottobanco.» rispose il ministro.
«Tivù del cazzo!» ruggì Aslan, «Lo fanno per la tivù e per i giornali. Procurami un’intervista con qualche stronzo occidentale.» il presidente indicò il ministro.
«Anzi, dammi il fucile!»

mercoledì 12 giugno 2013

Soli uno uno - Tante storie di fantascienza

questa è un'opera dell'artista raven2663, potete trovarla qui.
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Claudio fermò la macchina, mise le quattro frecce e aprì lo sportello. Nessuno. Non c’era nessuno. Aspirò l’odore di carburante e s’aggrappò a quello. La benzina, così acida, gli inebriò le narici e lo fece sospirare.
Vide le auto ferme, il semaforo lampeggiante. Vide un volantino venire soffiato dal vento. Il foglio di carta gli si avvolse alla caviglia e, adagio, Claudio lo prese. Pubblicizzava un kebab.
Guardò un camion della nettezza urbana con le sei frecce lampeggianti. Lo sportello del passeggero era aperto. Il motore era spento.
Claudio attraversò la strada, guardando a sinistra per abitudine, e si avvicinò al camion. Aggirò la cabina e guardò dentro. Era un modello con la guida a destra. Vide il cruscotto disseminato di post-it gialli, vide un giubbetto catarifrangente abbandonato sull’altro sedile. Ma nessuna traccia del guidatore.
Si girò e osservò il palo della fermata di un autobus. Sulla banchina non c’era nessuno.

sabato 8 giugno 2013

L'uomo che distrusse l'universo - Tante storie di fantascienza

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questa è un'opera dell'artista sqthreer, potete trovarla qui.

La corte d’assise si trovava nella bolla extradimensionale numero “g-radice di epsilon, dove epsilon è la densità del passo del ragno di un pianeta variabile x di Epsilon Eridani”.
Avrebbe affrontato, la corte, il caso più grave di sempre.
Il giudice era l’onorevole Naumo della specie delle ombre. Le ombre erano eterne e inesistenti; c’erano e non c’erano. Naumo era sempre stato nell’aula g-rad-epsilon senza mai esserci stato.
Era importante, che la parte degli !ekh” dell’aula fosse sempre a una temperatura fra i – 18 °C e i 35 °C, o altrimenti gli !ekh” si sarebbero trasformati da maschi in femmine.
Era importante che gli !ekh” rimanessero maschi, perché le femmine !ekh” appartenevano a una specie leggermente diversa, le !ehk”” e tutto l’universo sapeva quanto fossero irrazionali e impulsive le !ehk””. Dunque, mettendole in una corte d’assise, sarebbero state una specie di bomba a orologeria.
I g, che erano dei piccoli soli, avevano una sezione dell’aula a parte, per ovvi motivi. C’erano le zanzare-aquilone di Gliese 581 e gli elettroni di Rigel.
«Che entri l’imputato!» disse la corte.

giovedì 30 maggio 2013

Pianeta artificiale, paradiso fiscale - Tante storie di fantascienza




Ancora pioggia. Lucio guardò fuori dalla finestra: c’era una cappa nera, divisa dalla terra per mezzo d’una striscia di cielo azzurro. Ai margini alti del cielo si vedeva un’aura dorata. Coni neri, esili, cadevano dalle nubi come lacrime e finivano sulla terra, incorniciati da sfondi grigi di cateratte colossali e lontane.
Lucio sentì freddo e, rabbrividendo, tentò di dominarsi, di non cedere allo sconforto.
Quando di un fenomeno nuovo parlano tutti i media è preoccupante, ma quando non ne parla più nessuno è peggio.
Cinque anni senza primavera, né estate: erano raccolti in un trafiletto in fondo al giornale. Sulla prima pagina si parlava P. Land.