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domenica 4 dicembre 2022

Troll - recensione

Sono contento che, in un mondo di podcast, videoblog e cose del genere, sopravviva il mio vecchio blog (cioé questo qui) e mi piace pensare che, ogni tanto, qualcuno lo legga e che a questo qualcuno, giovi. Come sapete, sono caotico nell'esposizione, saltando di palo in frasca, ma va bene così. Oggi voglio recensire il film Troll, del 2022. Un film norvegese. Allora, devo dire che i film e le serie norvegesi (ne ho visti un po') sono proprio carini; i norvegesi fanno un po' gli americani, pur infilando, nei loro prodotti d'intrattenimento, spizzichi della loro cultura, del loro folclore e della loro vita di tutti i giorni - e questo mi piace. Troll è una cosa del genere: è un monster movie alla King Kong dove non si scade nel banale ma, alla buona dose di "americanismo" si affianca quel "flavour" da elfi-bambini un po' svampiti e dispettosi che ho riscontrato essere tipico delle narrazioni video norvegesi che mi è capitato di guardare. Se vedete, che ne so, Lillyhammer, riscontrerete questa cosa, e non perché sia una serie comica, ma perché pare sia intrinseco, nelle produzioni norvegesi, prendersi sul serio, ma fino a un certo punto. La Norvegia ci ha dato, per esempio, film d'orrore come Dead Snow che è molto sopra le righe (può piacere e non piacere) ed è un prodotto abbastanza godibile. In Troll abbiamo un inizio da tipico monster movie, cioé degli umani che disturbano il mostro di turno (in questo caso facendo degli scavi per un tunnel della metropolitana) e il gigantesco troll esce fuori dalla montagna, cominciando a calpestare quel che c'è da calpestare. Si riunisce l'unità di crisi del governo, che cerca di capire che cos'ha di fronte e come risolvere la situazione.
I personaggi sono pochi e, per quanto abbozzati, sono abbozzati bene. Non c'è proprio il classico ruolo delle produzioni americane, mi spiego... abbiamo la dottoressa eroina che, però, non è la power girl schiacciamaschi. Abbiamo il capitano militare che, però, non è il figo cowboy risolviproblemi di cui l'eroina si innamora. Poi abbiamo il comprimario pasticcione, che non ha lo stesso ruolo che nei film americani, ma, per assurdo, è più in sintonia e d'aiuto all'eroina, rispetto al capitano militare.
In più, in questo film i problemi vengono risolti coralmente, con l'aiuto di tutti i (pochi) personaggi. Tutti loro hanno uno scopo, che aiuta a trovare la soluzione al problema. Devo dire che i norvegesi, quando fanno film o serie TV, sembrano degli americani, ma con i piedi leggermente più per terra... non so se mi spiego. Troll è un film perfetto per Netflix; è godibile, non è pesante e funziona. Guardatelo, se vi va. Saludos!

mercoledì 9 febbraio 2022

Armilla Meccanica, Nel Cielo - recensione del romanzo di Fabio Carta

Di Fabio Carta, nato nel 1975 a Roma, ricevetti, anni fa, il primo romanzo della saga Arma Infero. Ne feci la recensione, anche se non ricordo se lo recensii positivamente o meno. Una cosa che ricordo, però, è la sua profonda capacità di worldbuilding, che è presente anche in questo Armilla Meccanica, Nel Cielo, primo di una serie di libri. Ed è proprio il worldbuilding il punto di forza del romanzo. Dalle pagine iniziali, infatti, si viene travolti dal mondo di Moa-B e del Metrobubble, una città futuristica della ConTrop, cioè la Cornurbazione Tropicale (forse potremmo associarla a una nazione). Piano piano, ci si immerge nella rivelazione della politica e della società di questo angolo della Via Lattea immaginata da Fabio. Un romanzo di fantascienza, quindi in cui uno dei primi personaggi che incontriamo è proprio un nativo del Metrobubble, un umano “transgenere e poli-amoroso”. Credo che questo primo impatto sul lettore sia uno dei punti di forza del libro, perché Fabio racconta del nostro mondo, della sua società in evoluzione, attraverso la lente della fantascienza. Vediamo la Ur-Montagna, che a me ha ricordato tanto una delle città-formicaio della lore di Warhammer 40K, dove Anahata, il transgenere della Metrobubble, ha il suo squallido e sudicio appartamento. Abbiamo anche molto “cyberpunk”, di fatti i personaggi utilizzano dello “smartwear” e interfacce neurali e cibernetiche, con connettori, come nei migliori romanzi del genere. Vediamo anche il Meklord coi suoi mek, dei robot da combattimento, spinti dall’energia dei Lambda-Core, ma sentiamo anche l’eco del ChainCrack, ossia la terribile recessione che, secondo la narrazione di Fabio, travolse tutto quel mondo ricco e ipertecnologico per farlo diventare più simile allo sprawl urbano e multi-planetario di opere alla Altered Carbon, per intenderci. Il ChainCrack mi richiama alla mente un qualcosa relativo alle criptovalute (la grande bolla del nostro secolo) e al loro sistema di blockchain, mentre la presenza di Anahata, fra i protagonisti, assieme alla lore del Meklord e dei mek, mi ha ricordato persino 2700 un grande, e forse dimenticato, fumetto italiano, ideato da Manfredi Toraldo, di impronta fantasy, ma con inserimenti tecnologici.
Che dire, ho apprezzato tutte le 369 pagine di Armilla Meccanica che, tra l’altro, è edito da Inspired Digital Publishing, una casa editrice che pubblica libri di giovani autori in formato digitale. Un plauso, infatti, alla casa editrice per il layout di copertina e interno, cosa che già contraddistingueva le produzioni di Fabio fino dal suo romanzo d’esordio, ossia Il Mastro di Forgia della serie Arma Infero.
Anche se le seguenti informazioni potreste recuperarle dalla sua biografia, mi fa piacere aggiungere che Fabio ha anche scritto e pubblicato un romanzo a quattro mani, Megalomachia, edito da Delos Digital, Collana: Robotica, nel 2016 e ha partecipato a un’antologia steampunk, dal titolo “Penny Steampunk” edita da Vaporosamente, assieme ai grandi della fantascienza moderna italiana, come Dario Tonani (Cronache di Mondo9).
Saludos!

martedì 4 gennaio 2022

Godzilla Punto di Singolarità - Recensione

Ecco, su Netflix, questa nuova serie sul lucertolone nipponico, nato dalla mente di Honda, nel '54, quando era ancora viva, nei giapponesi, la paura della bomba atomica. Godzilla Punto di Singolarità è stato creato dagli studi di animazione Bones e Orange su licenza Netflix e con regia di Atsushi Takahashi. La serie è uscita a fine marzo su Netflix Japan e da aprile a fine giugno negli altri paesi. L'animazione torna allo stile tradizionale e ricorda quella "anime" degli anni Novanta. E' lontana dalla bellissima computer grafica di Godzilla Planet Of Monsters, di Ultraman o di altri prodotti simili, ma non per questo meno bella. Ho trovato una bella novità la riscoperta dei tratti "imperfetti" dei contorni dei personaggi e oggetti presenti sulla scena. Rimarchevole l'aver ripescato il robot Jet Jaguar (che personalmente non ho mai visto prima, ma che so sia stato lanciato in uno dei film sul lucertolone e creato a seguito di un contest negli anni Settanta). Godzilla, poi, quando si vede, è bellissimo da far paura o meglio, d'una bellezza spaventosa. In un certo senso, mi ricorda il primo Godzilla, del film di Honda della Toho. Lo trovavo oscuro e distruttivo, con quel suo raggio atomico che veniva sparato dalla bocca come una linea laser di infinita potenza. Il lucertolone di Netflix fa la stessa cosa, caricandosi di potenza atomica con le scaglie, aprendo la bocca e cominciando a produrre cerchi di luce che poi si concentrano in quel raggio sottilissimo, ma devastante.
Perché, però, Godzilla Punto di Singolarità è un prodotto mediocre? Per colpa di tutto il resto. I personaggi potrebbero anche salvarsi, se non continuassero a blaterare incessantemente di nozioni matematiche e chimiche inventate, incomprensibili, noiose e futili. Tutta la storia si basa su di esse e sulle scoperte dei due protagonisti, Yun Arikawa e Mei Kamino (dal design preso dalla Arale di Akira Toriyama). Ore e ore di cosiddetto "technobabble" assolutamente inutile, che non ha neanche la pretesa di coinvolgere lo spettatore, perché lo perde subito, dopo le prime frasi.
Concetti come gli archetipi e il viaggio nel tempo delle loro particelle, sono buttati lì e mischiati a formule incomprensibili. Dai disegni (che sembrano solo scarabocchi) del professore (scomparso) che stava studiando il fenomeno della "Catastrofe" che poi, credo, sarebbe l'arrivo di Godzilla, Mei Kamino tira fuori delle formule matematiche per avanzare di un passo nel risolvere la situazione. Davvero, fidatevi: tutto quel parlare è fastidioso, a un certo punto, anche perché i protagonisti non smettono mai e poi mai. Continuano a tirare fuori formule e teorie per tutte le puntate di tutta la serie, inframmezzate, ogni tanto, dall'apparizione di un mostro o del robot Jet Jaguar.
Peccato, anche perché, in questo anime, si vede la riapparizione di Anguirus, un mostro presente nel secondo romanzo di Godzilla, che possiedo, assieme al primo, in un'edizione in lingua inglese. Per chi volesse leggere il romanzo, si chiama Monster Godzilla di Shigeru Kayama ed è stato pubblicato, per la prima volta, da Iwatami Bookstore, nel 1954. Ho adorato Anguirus, nel romanzo, e mi è piaciuto anche rivederlo qui, nella serie, alle prese con Jet Jaguar. Peccato, davvero. Se non fosse che abbiamo bisogno dei personaggi umani per dare una dimensione più appetibile allo spettatore e in cui lo spettatore si riconosca, questa serie avrebbe anche potuto funzionare solo con Godzilla che distrugge Tokyo o che incenerisce "i" Rodan (che qui sono più d'uno e assomigliano a piccoli pterosauri). A far risorgere Godzilla, in anime, ci avevano già provato la Toho Animation e la Polygon Pictures, assieme a Netflix, con quel prodotto visivamente splendido, ma dalla storia ingarbugliata e assurdamente complessa di Godzilla Planet Of Monsters, nel 2017, e ora ci hanno riprovato Bones e Orange studios.
Per me è bocciato.

sabato 9 gennaio 2021

Il Gioco di Andrea Sabbatini - Recensione

copertina de Il Gioco, di Andrea Sabbatini. Disegno di Davide Scianca


Cari ragazzi,

il mio blog ha pochi lettori, pochi ma buoni. Non può raggiungere folle oceaniche, ma credo raggiunga le persone giuste, le persone che voglio diffondano il verbo della buona narrativa scritta e editata bene.

lunedì 5 ottobre 2020

The Walking Dead World Beyong AMC non ci siamo - Recensione



Una volta c'era la tivù spazzatura. Ora il fenomeno si è evoluto. Abbiamo tante tivù a pagamento, tantissime piattaforme che offrono tutte, più o meno, lo stesso servizio, ovvero tonnellate di serie tivù, cartoni animati e film.

E' aumentata, quindi, l'offerta e sono aumentate anche le schifezze proposte. Prima eravamo limitati alla tivù di stato e a quelle private sul tubo catodico, e poi, in digitale, e le schifezze erano minori, perché minore era la proposta. 

La tivù del passato non è migliore di quella del presente, anzi, credo che quest'ultima sia la migliore. Puoi scegliere davvero qualsiasi cosa, ovunque, in qualsiasi lingua e formato. E' chiaro che, ribadisco, aumenta la probabilità che ci siano delle schifezze.

venerdì 4 settembre 2020

Arma Infero #1 di Fabio Carta - Recensione


La copertina del libro col disegno degli zodion fatto dall'autore


In periodo di lockdown da covid-19 l'autore, Fabio Carta, mi ha gentilmente omaggiato di una copia, in formato elettronico, del primo romanzo della serie il Mastro di Forgia.

Sono ben 640 pagine (in formato pdf) che ho iniziato a leggere, se non sbaglio, a marzo e che ho finito nei giorni scorsi. 

L'ho letto adagio e attentamente per fare una recensione più obiettiva possibile.

martedì 11 agosto 2020

Trovatelo! - racconto di fantascienza

 



il presidente degli Stati Uniti esaminava la bozza della riforma sanitaria, quando ricevette una chiamata sulla linea rossa. Corrugò la fronte e alzò la cornetta.

«Signore,» sentì la voce di Jeff MacAllister, il generale a capo del NORAD.

«Mac? Che succede?»

«Una comunicazione dalla ISS: hanno avvistato degli oggetti non identificati in avvicinamento alla Terra.»

«Capisco.» mise giù la cornetta e schiacciò un pulsante sulla scrivania.

«Reggie, chiama tutti. Riunione d’emergenza.»

«Sissignore.»

giovedì 18 giugno 2020

Contatto - racconto di fantascienza

NdA: questo racconto mi è stato ispirato dal cartone animato "Cristoforo Colombo", dopo la cui visione mi sono posto delle domande... ecco il perché dell'immagine in "copertina"


Era stato avvistato un oggetto nell'orbita lunare, un oggetto che, due giorni dopo, si avvicinò rapidamente alla Terra. Gli osservatori lo videro dividersi in tre e i satelliti ne intercettarono il segnale.  
Ai notiziari dissero che si era sempre trattato di tre oggetti, visti come uno solo data la distanza. Le principali potenze mondiali si prepararono come se stessero andando in guerra.  
I notiziari, nelle ore successive, dichiararono che non si trattava di asteroidi, ma di oggetti in grado di cambiare rotta da soli e in maniera repentina.  
La stazione spaziale internazionale mandò la prima immagine alla Terra: gli oggetti erano dischi volanti grandi, ciascuno, come una metropoli. 
Sulla stazione c’erano due equipaggi di tre persone: due cosmonauti russi, un astronauta italiano e due astronauti statunitensi. L’italiano era, per quel turno, il comandante in capo.  
I dischi si fermarono in orbita bassa terrestre e, da ognuno, si staccarono navicelle più piccole, tre per la precisione, che si diressero verso la ISS. 
«Stanno attraccando» disse uno degli americani.

lunedì 8 giugno 2020

La macchina del dottor Adrocchi (doctor Adrocchi’s machine) - racconto sci-fi

deviantart di artofmonkfish link originale qui


Il dottor Adrocchi accese la telecamera digitale e si mise davanti all’obiettivo. Era un uomo di trent’anni, molto bello, con la barba di una settimana, i capelli neri e indossava un camice bianco sopra i jeans e la t-shirt.
«Ho costruito la macchina del tempo.» disse, con un sorriso. Ci pensò su e andò a far ripartire la registrazione.
Si rimise davanti alla telecamera.
«Sono il dottor Paolo Adrocchi, ex-docente del CALTECH, ex-tecnico della NASA, ex-tecnico del CERN ed ex-marito.» Rise e fece ripartire la registrazione.
«Sono il dottor Paolo Adrocchi e questa, che vedete alle mie spalle, è la macchina del tempo.» Indicò una specie di frigorifero smaltato di rosso, pieno di tubi, cavi, ventole.

giovedì 21 maggio 2020

V WARS - recensione

Allora, un mio amico continuava a dirmi: guardati Dark, guardati Dark e io, siccome avevo guardato la prima puntata, un anno fa, e mi sembrava lenta (grazie, è una serie tedesca e non è Alarm fur Cobra 11) l'avevo lasciata stare.
Errore.
Al posto di Dark, avevo cominciato a guardarmi una vagonata di serie che si erano rivelate più o meno dozzinali.

A un certo punto mi ero messo a guardare Zoo che, raga, è la PEGGIOR SERIE che esista al mondo. Sì, vado di assolutismi. Zoo è la PEGGIOR SERIE. E' l'Alex l'Ariete delle serie, per fare un paragone.

Ho mai fatto una recensione su Zoo? Non ricordo. Devo guardarmi i vecchi articoli del blog, ma credo di no. Non ne valeva neanche la pena.

il dottor salcazzo
C'è una serie che le si avvicina molto, ed è V WARS.

martedì 22 ottobre 2019

Cos'è che separa noi da loro? - pensiero





Me lo sono chiesto.
Cosa separa noi dagli scrittori venduti a manetta in libreria, dagli scrittori di bestseller, o anche, magari, parlando di musica, dai cantanti di sulcesso?


Eh...


Prendiamo gli scrittori...


Una volta, un amico mi ha detto che gli avevano detto che "la fantascienza non si vende in Italia".
Questa frase mi ha dato una mazzata. Mi sono ripreso, poco dopo, pensando che "chissenefrega! non ha detto che non bisogna scrivere fantascienza, ma solo che in Italia non si vende".


cesso




Ho pensato: ma tanto io, anche se scrivessi libri di cucina (che, a quanto pare, sono la cosa che va di più come lettura in Italia) non venderei che al massimo dieci copie! Quindi, tanto vale che scriva libri di fantascienza. No?


Eh, la fantascienza è la mia vita! Non ce n'è. Non riesco a scrivere d'altro. In ogni boiata che penso, ci metto dentro almeno un filo di fantascienza. Non riesco a stare senza!


"FANTASCIENZA! NON RIESCO A STARE SENZA!"

sabato 21 settembre 2019

Hulk fanfiction - racconto di fanfiction sui personaggi marvel


Hulk fanfiction

 

di Marcello Nicolini

disclaimer: tutti i personaggi Marvel e le robe Marvel sono di proprietà della Marvel.



«Signore, abbiamo un codice rosso.»

Il segretario di stato guardò il presidente con aria grave.

«Alle 1800 ora di New York, Red Ronin è comparso a Manhattan e ha cominciato a devastarla.»

Il presidente sgranò gli occhi: era una donna di sessant’anni, affascinante, con i capelli a caschetto color argento.

«Red Ronin? Pensavo che avessimo mandato in pensione quel robot» disse, impugnando la cornetta rossa, che si trovava sul suo tavolo.

«Direttore Fury…»

«Signor Presidente» le rispose una voce cupa.

«Immagina il motivo della mia chiamata?» chiese la donna.

«È alto trenta metri e sta calpestando Manhattan?» disse Nick Fury, direttore dello S.H.I.E.L.D..

«Ero a conoscenza della dismissione di quell’affare. Il mio predecessore-»

«Con tutto il rispetto, signora, il suo predecessore avrebbe anche dovuto rispedire Godzilla negli abissi.»

Il presidente strinse le labbra.

«Spero si occuperà del problema» disse.

«Lo sto già facendo, o meglio, lo sta facendo Bruce Banner…»

mercoledì 8 maggio 2019

De Re Letteratura italiana - pensiero

Che dire...


ah, qui non metto immagini: sono pigro e non ho voglia di cercarle e caricarle.
Non metto nemmeno hyperlink.


in Italia leggono in pochi - e questo è assodato dai vari sondaggi - e leggono stronzate.

martedì 19 febbraio 2019

Legends Of Tomorrow episodio Moonshot - piccola recensione con opinioni personali





Alors,


tempo fa, su Netflix, ho cominciato a vedere questa serie sugli eroi minori della Detective Comics. Molto bella la prima stagione: gli eroi (denominati "Leggende") combattevano contro Vandal Savage. Tra di essi trovavamo Captain Cold (interpretato magistralmente da Wentworth Miller) e Heat Wave (interpretato da Dominic Purcell). Loro due, assieme ad Atom, alias Ray Palmer (interpretato da Brandon Routh) sono le leggende che mi piacciono di più.




Arriviamo alla seconda stagione.

sabato 21 luglio 2018

Lost In Space - Recensione



C'è poco da dire su 'sta serie tv di Netflix.


Fa cagare.


So che è tirata fuori da una serie degli anni '60 in cui la famiglia Robinson vagava nello spazio alla ricerca, boh, del pianeta perfetto (salcazzo) e cose così.
Magari per gli anni '60 poteva essere figo, ma adesso è banale, soprattutto per il modo in cui è stata realizzata 'sta serie. E poi, ehi, anche il Doctor Who è nato negli anni '60, ma provate a considerarmi banale quello! Il Doctor Who, anche adesso, è attuale più che mai, è bellissimo ed è sempre vario (per quanto non mi piaccia l'incarnazione di Capaldi e preferisca Tennant, ma, ehi, ogni fan del "dottore" ha il suo dottore preferito, no?).

martedì 13 dicembre 2016

Zombi e porcellini d'india - racconto


C’era riuscito! Prese l’ipodermica e si iniettò il vaccino. Ebbe un capogiro e si sedette. Davanti a lui, i porcellini d’india lo guardavano con i loro occhi luccicanti di giaietto. Lui tirò fuori il cellulare e diede uno sguardo all’orologio. Vide la scritta “rete assente” e sospirò.

Poi rovesciò gli occhi all’indietro e cadde.

Le grida dei porcellini e un ringhio lo svegliarono. Aprì gli occhi e si trovò davanti una scena raccapricciante: la dottoressa Di Lillo stava leccando le viscere di un porcellino d’india dalla pelle, come se fosse un caco e la pelle fosse la buccia, mentre ne teneva in mano un altro, che si agitava e squittiva.

lunedì 5 settembre 2016

Buonsenso (o "Il milanese imbruttito nello spazio") - racconto sci-fi




Lenta, inesorabile, un’astronave orbita attorno Plutone. Nella sua pancia, otto uomini dormono, ibernati. Tutto è silenzio. Sugli schermi di prua, vibra la luce irreale del cosmo.
Immobilità, inazione.
Un bottone pulsa, rosso, spiccando fra miriadi di altri. È come un segnale.
Rivelando un tono svenevole, l’astronave parla.
Intercettata richiesta di soccorso, coordinate
Inizio procedura “risveglio”.
Due frasi, stringate, che replica all’infinito.
All’immobilità, all’inazione, lentamente vengono sostituiti rumori, ronzii, schiocchi. Le capsule d’ibernazione riportano ciascun uomo ad una temperatura corporea normale. Man mano che la patina di ghiaccio si scioglie, compaiono i volti di questi viaggiatori, volti sereni, immersi nel sonno.
Spie rosse lampeggiano, prima di mutare il loro colore in verde.
L'astronave ripete il messaggio. Il primo degli uomini si desta.
Lo seguono gli altri. Si frizionano le braccia, le gambe, respirano l’ossigeno che l’astronave ha di nuovo pompato nella sua pancia.
Intercettata richiesta di soccorso, coordinate
Termine procedura “risveglio”.
Il primo uomo corruga un sopracciglio e si avvicina alla consolle.
-Visualizza coordinate su schermo principale- ordina, avendo cura di omettere gli articoli.

lunedì 12 ottobre 2015

Riuscissi mai a finire un c***o di romanzo - articolo su Stranimondi!

Io e Franchino Brambilla!

Lo sapete, figliuoli, che i miei titoli non c'entrano quasi mai con il corpo del testo.

Alor, con la mia casa editrice La Ponga Edizioni, ho partecipato alla prima edizione di Stranimondi - dopo faccio tutti i link, adesso ho male alle mani. Beh, cari miei, diversamente da tutte quelle fiere pallose che mi fanno fare i miei compari, questa qui è stata come la giocheria per un bambino, il Grazzini 3 per un bambino, il negozio pieno di robot, di astronavi, di pupazzetti distruttori e libri, libri, libri, libri fantastici per un bambino, per un adulto, per le nonne, per tutti, insomma.

mercoledì 28 gennaio 2015

Esemplare #131 - un racconto su wh40k

 
Esemplare #131 è ambientato nell'universo del wargame tridimensionale Warhammer 40.000.
Da Wikipedia:
Warhammer 40.000 (conosciuto anche come Warhammer 40K o semplicemente WH40K) è un wargame tridimensionale futuristico, prodotto dalla inglese Games Workshop. È incentrato su un'ambientazione futuristica che prende ispirazione dal libro Fanteria dello spazio. Il gioco ruota intorno a miniature in scala 1:65 cioè alte 28mm (originariamente erano in 20-25mm) prodotte dalla Citadel Miniatures, che rappresentano soldati, creature e macchine da guerra. Il gioco richiede una basilare comprensione della tattica delle piccole squadre e molta fortuna.
 
*** 

Lo Space Marine si fermò davanti a una porta contrassegnata col numero centotrentuno. Vicino, un uomo della guardia agitava il braccio, come se stesse richiamando un gruppo di turisti.
«Mio signore, sei l’Adeptus Astartes Marcus Astvan?»
L’uomo sapeva già la risposta, ma l’Inquisizione dava molta importanza alla procedura.
«Affermativo. Sono qui su ordine del mio capitolo.»
L’uomo guardò l’armatura potenziata dell’altro, ancora dipinta del giallo dei Magli Imperiali, e i simboli sugli spallacci contornati di rosso. Sul destro si vedeva il pugno chiuso che dava il nome al capitolo; sul sinistro c’era una freccia diretta verso l’alto con, all’interno, il numero tre in cifre romane.
Terza compagnia, squadra tattica, pensò l’uomo.
«Spero ti piaccia il nero, perché dovrai ridipingere la tua armatura di quel colore. Avrai probabilmente sentito di questo rituale della Deathwatch.» disse. «Sai cosa c’è dietro la porta?»
Il Marine non aveva apprezzato il tono, ma finse il contrario e fece un semplice gesto di diniego.
«Il tuo secondo battesimo del fuoco. Periodicamente dovrai superare prove come questa, combattendo contro esemplari alieni di mondi perduti. Servirà a prepararti ad affrontare qualsiasi xeno abbia la sfortuna di incontrare la tua squadra e il volere dell’Imperatore. Dietro la porta, Marine, farai amicizia con l’esemplare centotrentuno. Non potrai uscire finché non l’avrai ucciso o finché non sarai messo così male da non ricordarti il tuo nome. Nell’ultimo caso, sarai curato e dovrai combatterlo di nuovo. Ti piacerà sapere che nessuno è riuscito a sconfiggerlo al primo tentativo. Buona fortuna, e che l’Imperatore ti aiuti.» prima di terminare, diede un pugno alla porta, che cominciò ad aprirsi.
Astvan osservò l’uomo, gli fece un ghigno dietro la maschera dell’elmo e disse: «Non ho bisogno di fortuna: uscirò dalla stanza prima che tu abbia finito di fumare il tuo bastoncino-lho.»
«Scommettiamo?» disse l’altro e, per tutta risposta, tirò fuori la sigaretta del quarantunesimo millennio: un cilindro di carta contenente una sostanza derivata da piante aromatiche.
Nell’istante in cui la porta chiuse dentro Astvan, un vox da parete attirò l’attenzione dell’uomo.
«Calavera, non farlo entrare: test rinviato. Il Marine ci serve subito!»
L’uomo riconobbe la voce del capitano Raven e, con timore, gli rispose: «Mi dispiace, signore, è troppo tardi.»

mercoledì 24 dicembre 2014

Dopo aver visto Tenacious D (che non c'entra un c***o) - Recensione

il plettro del destino di Tenacious D

Sono un editore.
Ma questo non è un articolo per glorificarmi. Dico solo che sono contento del lavoro che faccio.
Abbiamo iniziato ormai anni fa (tre tipo?) io e Valerio Villa. Eravamo assieme alle superiori e ci legavano il Metal, i giochi di ruolo (mocca ai giochi di ruolo) e i libri!
Fortunatamente non siamo diventati malati di giochi di ruolo (anche se io da poco e dopo undici anni ho ricominciato a giocare a un gioco di ruolo a cui non avevo mai giocato, ossia Warhammer, e mi sono e mi sto divertendo molto) ma siamo diventati un impiegato (io) e un libero professionista (lui).

Io mi sono ammalato di sparatutto in prima persona sulla PS3, ma questa è un'altra storia.

Si è unito a noi, nel corso degli anni, Stefano Tevini, prima come autore e poi come editore. Quindi siamo tre soci come i tre porcellini.

Non so quale dei tre sia io.

illustrazione di Bob Dob

Tenacious D del titolo non c'entra una minchiazza, ma l'ho appena visto e mi è piaciuto tantissimo.

Questo per dire cosa...