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sabato 30 ottobre 2021

Casca la Terra - Icon Publications

Copertina della versione integrale

Ho creato la Icon Publications quasi un mese fa, poco dopo aver dato vita al mio progetto di Metal Estremo chiamato Icon.

Devo dire che sono stato convinto, da molte cose, a spostarmi sull'autopubblicazione tramite Amazon (Icon Publication, infatti, non è una casa editrice, ma la mia "firma" come autore autopubblicato, firma che include anche, appunto, una parte musicale su bandcamp come Icon).

sabato 13 giugno 2020

Dialogo - racconto horror

foto presa da deviantart di cjheery. originale qui



Pioveva e Gianni e Luca parlavano del più e del meno, nella classe della vecchia scuola elementare. Erano sdraiati sui banchi, che avevano coperto con un sacco a pelo, e guardavano il soffitto, ridendo come scemi.
Pioveva. Le gocce rigavano le finestre e lo scoppio dei tuoni attutiva il lamento dei morti, là fuori. Erano tanti, i morti. Tutta la città era morta. Se ne stavano in piedi, sotto l’acqua, a dondolarsi adagio e a lamentarsi con quel loro verso straziante. Se sentivano l’odore di carne umana, però, si risvegliavano: venivano percorsi da una scossa e ti si lanciavano contro. Erano stupidi, erano come macchine progettate solo per mangiarti, punto e basta.

venerdì 18 dicembre 2015

Scrap!

Vedete questa foto?
E' tratta dal videogioco Mad Max di cui ho fatto una recensione qui. Nella recensione parlavo in maniera negativa di The Witcher 3 e in maniera positiva di Mad Max. Beh, ora è venuto il momento, anche se mi dispiace, di parlare in maniera negativa di Mad Max.

domenica 22 novembre 2015

Sui giochi della PS4 che mi piacciono

Questo post è interessantissimo!

Ecco, ora vi metto la prima fotografia del mio giochino preferito. L'ho comprato oggi, rigorosamente usato, in edizione Ripperqualcosa, vendendo L'Ombra di Mordor.
L'ho fatta io 'sta foto! Nel giochino!
Allora, L'Ombra di Mordor era carino. C'era Talion, c'erano i poteri dello spettro Celebrimbor, c'era l'open world davvero bello grande e, okay, ci è stato come gioco, tant'è vero che è stato l'unico che ho completato al 100% e di cui ho conquistato tutti i trofei, perciò anche il platino.

domenica 6 ottobre 2013

L'orologio d'oro - Tante storie di fantascienza


vorrei visualizzaste Birch, il coprotagonista; per me è Treat Williams! eccolo! è preciso a com'è nella storia, no? :)

Birch buttò il ramo nel fuoco. Era di un giovane pino e cominciò a sparare scintille.
Odore di resina.
«Qui è magnifico.» intervenne Ghiva, indicando le stelle, «È come dovrebbe essere.»
«Le stelle hanno nomi diversi, ma sì… è la mia terra.» disse Birch.
«Caffè?» domandò a un tratto.
«Grazie… ha un sapore strano… mi ricorda lo zenzero.»
«Viene fatto da una radice. Il caffè vero è arrivato con voi sull’astronave; fra poco ci si accapiglierà per quello.»
«Ci si accapiglia per molta roba?» domandò Ghiva.
L’altro fece spallucce, prese la sua tazza e bevve un sorso di caffè di radice.

lunedì 30 settembre 2013

20 euro al giorno - Tante storie di fantascienza



(cominciato a scrivere per il concorso di Alex Girola "distopie impure" e poi trasformato in semplice esercizio di scrittura)

Svegliarsi attaccati al soffitto. Essere in ritardo per il lavoro.
Accadeva di nuovo perché…
«…perché una stronza s’è dimenticata di pagare!» urlò Salvatore.
A sinistra, la lampada, il comodino e il portatile galleggiavano poco più in alto del letto e delle coperte.
Più in là c’era la porta che dava sul corridoio. All’architrave era attaccata una mano.
«Florinda! Minchia!» urlò Salvatore.
Le nocche della mano di Florinda puntavano verso terra, le unghie verso il soffitto. Poi apparve la testa: un ovale coperto da una massa di capelli dorati fluttuanti, come alghe, verso l’alto.
«Scusa Salvo! Che ti devo dire?» la voce rotta dalla frustrazione, Florinda oltrepassò l’architrave ed entrò in camera da letto.
«E che mi devi dire! Venti euro ce li hai?»
«Ma se ci ho fatto la spesa!» protestò la donna.
«Senti qua! E dobbiamo andare a prelevare?» fece Salvatore.
«Eh!» disse Florinda.
«Puttana di Eva!» Salvatore grugnì e camminò sul soffitto, scavalcò l’architrave senza neanche degnare la moglie di uno sguardo.
«E dove vai?»
«E dove vado! A cercare le chiavi della macchina!»
«Ma che cerchi? Il “cazzillo” è collegato pure su quella, Salvo! Se hanno staccato la gravità in casa, pure la macchina è senza!»
«Minchia!» urlò Salvatore, «Minchia!» ripeté.
Gattonò sino alla finestra e guardò fuori.

domenica 28 luglio 2013

Zombie per le vacanze

come cover ho scelto questo bellissimo disegno del gioco Road of the Dead di Evil-Dog. Potete trovare disegno e gioco qui!


Me ne aveva parlato il mio socio Valerio e ancor prima avevo letto almeno il titolo e mi aveva incuriosito. Si tratta del libro "Married with zombie" (se non sbaglio il titolo originale è questo) da noi tradotto come "Finché Zombie non ci separi".
Me lo sono comprato come libro per le vacanze, scegliendo più o meno accuratamente fra pochi, ma bei titoli di zombie.

martedì 9 luglio 2013

Cold John Does - Tante storie di fantascienza


Da qualche parte tra il Laos e la zona demilitarizzata, 1969.

Carl odiava usare i CJD.
Si grattò la barba e accese una sigaretta, fece un tiro e allungò il braccio. Una sanguisuga bella grossa, che gli pompava sulle vene. Carl avvicinò la sigaretta su quel corpo rigonfio. plop! la bestia esplose e scivolò via.
«Beh, skipper, se non altro gli facciamo il culo…» il sergente Goodman stava cuocendo la colazione nella sua lattina riscaldata al C4. Le fiamme si propagavano, azzurre, dalla buca sotto il telo mimetico.
Carl annuì e porse il telefono all’RTO, il radio operatore. Il ragazzo, piccolo e spaventato, deglutì:
«Tenente… usiamo I Cold John Does?» domandò.
«Hai sentito Mike Six. Ora trovami il trainer.» Carl, il volto lucido di sudore, accostò la sigaretta alle labbra.
L’RTO annuì e uscì dalla buca.
Poco dopo, si udirono dei passi provenire dall’esterno. Gli stivali dei Marines sciaguattavano nella patina liquida e marrone sull’altura, bruciata dai defolianti.
Carl fece l’ultimo tiro e buttò la cicca. Prima di uscire dalla buca, annusò il vago aroma di carne e spaghetti.
«Lasciamene un po’ sergente.» disse, guardando Goodman.

venerdì 21 giugno 2013

Lo smarfone - Tante storie di fantascienza



questa immagine è di AustrianDreams, potete trovare l'originale qui.

«Signor Sputnik, buongiorno!» Veronica Negri si alzò e strinse la mano all’uomo.
Sputnik era alto, magro, vestiva d’un completo Gucci e aveva occhiali Armani dalle astine spesse e bianche. Sulla cravatta, blu scuro, c’era una minuscola bandierina della Svezia.
Veronica annusò un leggerissimo odore di dopobarba e quell’asettico aroma di scarpe nuove di tela leggera.
Lei indossava un tailleur e due gocce di Alien di Mugler versione estiva. Per ricevere Sputnik, si mise anche un sorriso di denti bianchi, scintillanti.
«Signora Negri! Lei è un incanto!» Sputnik le strinse la mano, gliela trattenne, se la avvicinò alla bocca e accostò le labbra sul dorso. Dove un italiano avrebbe semplicemente detto “che piacere”, Sputnik era andato oltre.
Veronica aumentò il sorriso e disse: «Un caffè?»
Sputnik sorrise a sua volta e annuì. Veronica gli indicò la sedia rossa, di design: «Prego!» disse. L’uomo annuì e si accomodò.
Aveva una valigetta.
Assomigliava a una Sanwa in alluminio, una porta-pistole; Sputnik la sollevò e la depositò delicatamente sul tavolo in vetro bianco di Veronica.
Bussarono alla porta.

venerdì 14 giugno 2013

Voglio che diventi lei - Tante storie di fantascienza

quest'immagine è di doll-lucci, potete trovare l'originale qui.
Quella mattina Silvia era una bella e formosa rossa con le lentiggini e il nasino all’insù alla Lindsay Lohan – prima che la Lohan diventasse magra e bionda, s’intende – e s’arricciava i capelli con le dita, scoprendo appena il labbro superiore in un sorriso.
Si sentì addosso gli sguardi degli uomini. Quando salì sulla metropolitana, addirittura, la mano di qualcuno le sfiorò le natiche un paio di volte.
Silvia arrossì e cominciò a guardarsi la punta delle scarpe. Ne aveva scelte di belle: un paio di All-Star colorate con fiorellini da hippy.
Quella mattina faceva la sedicenne. Aveva ripescato un vecchio zainetto Eastpak e l’aveva decorato con un paio di scubidù fatti a mano dai cinesi.
Scese a Duomo, prese un gelato da McDonald e lo leccò apposta come se facesse un pompino – lo aveva visto fare un parecchi film a luci rosse – attirandosi i fischi di un gruppo di ragazzi.
Era al settimo cielo.
Finché non vide un’alta, statuaria, asiatica dalla pelle bronzea e dal tailleur di Gucci, corto e cinerino, tagliarle la strada.

Gli alberi - Tante storie di fantascienza

Il cane abbaiò, slanciandosi in avanti e ricadde, trattenuto dalla mano di ferro del proprietario.
Avevano seguito una strada di impronte fino al cerchio d’alberi presso il fiume. Il cielo indossava una sfumatura metallica e lasciava cadere piccoli fiocchi come penne di gallina. Uno di questi si depositò, senza far rumore, sulla punta del naso di Reyan Caeen re di Tulo. Il microscopico, perfetto, cristallo si ruppe bagnando lo strato di grasso che ricopriva la pelle del re.
«Maestà, il giovane qui non è un cane bene educato.» disse Caolan Balthair, capo della guardia reale.
Reyan fece schioccare la lingua e richiamò l’attenzione del quadrupede, quindi lasciò il collare. Nella mano destra, però, aveva già pronta una strisciolina di carne essiccata che aveva preso da una borsa alla cintura. Il cane guardò la carne. Reyan alzò l’indice e il cane si sedette, toccò il pugno del re col naso e aspettò. Reyan aprì la mano e il cane prese delicatamente la carne, la inghiottì e si girò di nuovo.
Dal sentiero arrivavano due uomini: i loro stracci volteggiarono al soffio dell’aria; i loro passi furono incerti. La testa di uno era gettata all’indietro. Le bocche erano aperte e facevano uscire un monotono, lungo e lugubre “aaah”.

Mr. Sputnik - Tante storie di fantascienza

questo signore nel ritratto è il presidente della Cecenia a cui mi sono ispirato per la figura di Karmaniov

«Abbiamo perso un’altra armata lungo il confine, signore.»
Aslan Karmaniov guardò il ministro della difesa con i suoi grandi occhi azzurri, poi si mise in bocca una sigaretta e aprì il cassetto della scrivania presidenziale. C’era una grossa pistola automatica: Aslan ne estrasse il caricatore, lo rimpinguò con un paio di pallottole e lo reinserì, poi si alzò e flesse due dita verso il ministro che già gli porgeva la fondina ascellare.
Aslan la allacciò e fece scivolare la pistola nel fodero.
«Gli americani quando ce li danno questi aerei?» domandò al ministro.
«Niente aerei, presidente: né con i canali ufficiali, né sottobanco.» rispose il ministro.
«Tivù del cazzo!» ruggì Aslan, «Lo fanno per la tivù e per i giornali. Procurami un’intervista con qualche stronzo occidentale.» il presidente indicò il ministro.
«Anzi, dammi il fucile!»

mercoledì 12 giugno 2013

Soli uno uno - Tante storie di fantascienza

questa è un'opera dell'artista raven2663, potete trovarla qui.
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Claudio fermò la macchina, mise le quattro frecce e aprì lo sportello. Nessuno. Non c’era nessuno. Aspirò l’odore di carburante e s’aggrappò a quello. La benzina, così acida, gli inebriò le narici e lo fece sospirare.
Vide le auto ferme, il semaforo lampeggiante. Vide un volantino venire soffiato dal vento. Il foglio di carta gli si avvolse alla caviglia e, adagio, Claudio lo prese. Pubblicizzava un kebab.
Guardò un camion della nettezza urbana con le sei frecce lampeggianti. Lo sportello del passeggero era aperto. Il motore era spento.
Claudio attraversò la strada, guardando a sinistra per abitudine, e si avvicinò al camion. Aggirò la cabina e guardò dentro. Era un modello con la guida a destra. Vide il cruscotto disseminato di post-it gialli, vide un giubbetto catarifrangente abbandonato sull’altro sedile. Ma nessuna traccia del guidatore.
Si girò e osservò il palo della fermata di un autobus. Sulla banchina non c’era nessuno.

sabato 8 giugno 2013

L'uomo che distrusse l'universo - Tante storie di fantascienza

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questa è un'opera dell'artista sqthreer, potete trovarla qui.

La corte d’assise si trovava nella bolla extradimensionale numero “g-radice di epsilon, dove epsilon è la densità del passo del ragno di un pianeta variabile x di Epsilon Eridani”.
Avrebbe affrontato, la corte, il caso più grave di sempre.
Il giudice era l’onorevole Naumo della specie delle ombre. Le ombre erano eterne e inesistenti; c’erano e non c’erano. Naumo era sempre stato nell’aula g-rad-epsilon senza mai esserci stato.
Era importante, che la parte degli !ekh” dell’aula fosse sempre a una temperatura fra i – 18 °C e i 35 °C, o altrimenti gli !ekh” si sarebbero trasformati da maschi in femmine.
Era importante che gli !ekh” rimanessero maschi, perché le femmine !ekh” appartenevano a una specie leggermente diversa, le !ehk”” e tutto l’universo sapeva quanto fossero irrazionali e impulsive le !ehk””. Dunque, mettendole in una corte d’assise, sarebbero state una specie di bomba a orologeria.
I g, che erano dei piccoli soli, avevano una sezione dell’aula a parte, per ovvi motivi. C’erano le zanzare-aquilone di Gliese 581 e gli elettroni di Rigel.
«Che entri l’imputato!» disse la corte.

giovedì 30 maggio 2013

Pianeta artificiale, paradiso fiscale - Tante storie di fantascienza




Ancora pioggia. Lucio guardò fuori dalla finestra: c’era una cappa nera, divisa dalla terra per mezzo d’una striscia di cielo azzurro. Ai margini alti del cielo si vedeva un’aura dorata. Coni neri, esili, cadevano dalle nubi come lacrime e finivano sulla terra, incorniciati da sfondi grigi di cateratte colossali e lontane.
Lucio sentì freddo e, rabbrividendo, tentò di dominarsi, di non cedere allo sconforto.
Quando di un fenomeno nuovo parlano tutti i media è preoccupante, ma quando non ne parla più nessuno è peggio.
Cinque anni senza primavera, né estate: erano raccolti in un trafiletto in fondo al giornale. Sulla prima pagina si parlava P. Land.

martedì 2 aprile 2013

Due seduti alla fine del mondo - racconto di fantascienza



Un taxi nero si aggira per le strade di Londra. A guidarlo non è il tassista, ma un uomo dagli occhi crudeli e profondi come il male. Come il male, ha labbra piene. Come quelle del diavolo, esse son chiuse in una smorfia di scherno.
Guida piano e ogni tanto muove il volto lungo, scavato, aspirando l’aria come farebbe un animale.
Il naso è grosso, forte, dritto: nasce dalla fronte come una spada per dividere le sopracciglia.
Ora la macchina rallenta, sino a fermarsi.
L’uomo scende e lascia lo sportello aperto, poi distrattamente, ammira il Big Ben e segue i raggi del tramonto dipingere le rovine di Westminster.